''Odio gli indifferenti. Vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti.''
mercoledì 23 novembre 2016
Io, la luna, l'apogeo. Non sono in pace neanche quando creo
Attorno a me ciondolano dai soffitti, dai balconi, dai rami degli alberi per metà spogli, idee e spunti e parole che mi accendono l'anima e rendono i miei macigni sullo stomaco ancor più pesanti.
Pendolano persone alla fermata degli autobus, sono personaggi visionari quelli che - appoggiati ai muri della palestra - ripetono storia mentre io cerco risposte nelle domande che mi pongono i libri di letteratura nello zaino, che stamattina non è poi così pesante.
Attorno a me, brulicano parole. Parole che non sono mie.
Potrebbero esserlo, ma la mia mano le fa essere solo e semplicemente copie. Copie delle copie delle copie.
Sento le mie parole vuote, come le O che colore nelle ore estenuanti di greco e sì, mi sento disinteressata.
Nessun colpo di genio, nessun improvviso tuono di ispirazione, nulla che desti la mia attenzione.
E' come quando da piccoli pensavamo di poter prendere le formiche e farle camminare sulle nostre dita. Le formiche sono così piccole ed era così difficile riuscire a prenderle. Ecco, è così con le idee. Tanto piccole quanto insignificanti, non riusciamo a farle correre sulla nostra pelle, non riusciamo a coglierle nel momento giusto. E' perché sono piccole? E' perché sono inutili? No, siamo noi a non esserne in grado.
Più si vorrebbe scrivere, meno si scrive. Più ci si impone di trovare via d'uscita in quello che è il blocco dello ''scrittore'' e meno si riesce.
E mentre sbuffo e getto l'ennesima carta nel cestino, l'ennesimo file sul computer, l'ennesima sensazione che mi attorciglia la mente e fa soqquadro nel mio stomaco, mi fermo, prendo fiato, mi rilasso.
Ho finalmente scritto, pensando di non avere nulla da dire e pensando di non sapere come dirlo.
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