martedì 26 luglio 2016

Uomo-danno


Sei zucchero a velo
che poggia su strati di pan di spagna
bruciacchiati, folgorati dalla mia penna
sulla sua pelle.
Zucchero, Assassino della nostra complicità.
Sei zucchero filato
che incolla e appiccica fantasiosamente
le mie labbra
alle tue.
Zucchero, Cadavere del mio amor perduto.
Sei zucchero nel caffè
zucchero tappezzato sul mio palato
zucchero che sa di zucchero
zucchero che fa l'amore
e non dà zucchero.

mercoledì 20 luglio 2016

L'Apeiron di Anassimandro

Non ce la faccio più.
Voglio il cielo blu.
E voglio smetterla
di fissare la mia immagine riflessa
sotto le luci dei camerini
e dire a me stessa che devo smetterla di guardarmi in quel modo.
Vorrei smetterla di fissarmi
da ogni angolo e prospettiva
chiedendo all'altra parte di me di chiudere gli occhi
e di non guardarmi neppure oggi.
Non sono più sicura
della mia delicatezza nel portamento
non sono più sicura
che questo seno e questi fianchi
siano cose belle da accarezzare, magari baciare.
Togliere gli occhiali, togliersi i vestiti
e convincersi di essere bella
in un vestito troppo stretto
incastrato tra le braccia di un corpo che non veste la S.
Non ce la faccio più.
Voglio il cielo blu.
Poverina, dici sarcastico tu.
S di snelle
S di stupendamente scheletriche
S di stronze.
Voglio poter essere materia.
Solo materia densa colorata di blu
che vortica e vortica
senza squame, senza corpo, senza nome.

Acciaio, Silvia Avallone: come rimanere a bocca aperta

Alle 3:45 del mattino, ho finito di leggere Acciaio di Silvia Avallone.
A dire la verità è uno dei tanti libri che ho trovato al mercatino dell’usato, pagato alla strabiliante cifra di 3,50 euro e adesso che ho finito di leggerlo, mi chiedo come si possa vendere un libro del genere.
Non so neppure perché l’ho comprato: la copertina era sciatta, non quella di wikipedia con la tipa in gonna e gli occhi tristi. La copertina aveva una fantasia a linee incrociate in giallo e nero. Non mi ispirava ‘’bellezza’’, anche perché questo libro non è bello.
E’ angoscioso, malinconico e buio. Tutto fuorché bello, n’somma.
Lunedì ho incominciato a leggerlo e praticamente in due giorni l’ho finito.
E’ una di quelle storie che ad ogni passo ti sprona ad un altro paragrafo.
Alle 3:45 ero stanca, stanca morta. Avrei dovuto svegliarmi solo tre ore dopo ed ero troppo ma troppo affaticata. Eppure non riuscivo a piegare la pagina e posarlo sul comodino. Non so quante pagine ho letto in una sola notte.
Speravo non finisse mai. Ero agli ultimi capitoli e speravo che d’improvviso le pagine si triplicassero.
Mi sono affezionata un botto ai personaggi. Ero entrata nella realtà di Piombino e mi sono immedesimata così tanto da rimanerci proprio male.
Via Stalingrado è simile al posto in cui abito e le storie di Anna e Francesca erano così reali che ho davvero pensato che i personaggi fossero mie vicine di casa, ragazze che vedo e con cui parlo ogni giorno.
In quel libro la felicità si misura col misurino dell’ammorbidente ed è così reale, estremo nell’esprimere la verità su un quartiere praticamente di merda. E non avrei mai pensato di nutrire questo tipo di affetto troppo poco astratto per dei personaggi. Fino adesso, mi è capitato solo con Alice e Mattia ne ‘’La solitudine dei numeri primi’’ e Christiane di ‘’Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino’’.
Mi sono sentita stupida a piangere per la morte di Alessio, uno dei personaggi che più mi incuriosiva. Ho sentito l’ansia crescere quando tre poliziotti erano fuori la porta di casa Sorrentino e sì, lo dico e non lo nego, io mi sento addosso una strana malinconia dalle 3:45.
Non ho chiuso occhio per tutta la notte, continuo a pensarci insistentemente.
Mi sento presa da questo libro. Mi sento ammanettata da queste sensazioni, ma se tornassi indietro lo ricomprerei altre mille volte ancora, perché è uno dei libri più belli che abbia mai letto.
Vorrei comprare il secondo libro di questa scrittrice, ma devo ritornare psicologicamente alla mia vita di sempre, prima di rintanarmi in emozioni che dovrebbero essere fatte di carta e invece sono di fuoco. Fuoco che divampa e ti brucia sul petto.
Non ci posso credere, son rimasta di sasso. Si può essere tristi e contenti allo stesso tempo per un libro?!

lunedì 18 luglio 2016

Spregiudicata

Oggi mentre spruzzavo il profumo
sui miei polsi
ho sentito la mancanza del tuo odore.
Quando lo stesso tuo profumo
incollato sui vestiti di un altro
mi ha baciato la pelle
il mio corpo ha reagito mescolandosi
- quasi come in un frullatore -
all'odore mesto e fetido
che separava, per poco, il tuo corpo dal mio.
Le volte in cui il profumo sul tuo collo
era in simbiosi col profumo sui miei polsi
sono e saranno il titolo inespresso di tutte le poesie.
Le volte in cui il tuo sudore era dolciastro
e mi immergeva nel mondo delle idee, nel mondo dell'idealizzazione e perfezione
sono ma non saranno le dediche zittite di tutte le canzoni.
Scomparirà il tuo profumo
ed il marchio sul mio collo sarà firmato da qualcun altro.
Da me.

venerdì 15 luglio 2016

Eccoti il dessert

Non ce la faccio più.
Voglio il cielo blu.
Voglio poter sedere
stanotte
sul cumulo di tutti i pezzi di me che strapperei
fino a staccarli dagli incavi ossei.
Vorrei poter sentire il mondo piangermi addosso.
Delle dita, delle labbra, un cuore.
Voglio poter sentire
per sempre
l'odore della pioggia
che si posa come sale su bistecca
sulle ringhiere dei balconi e fa rumore
e gocciola fino a cedere e a cadere sui capi di quelli che si rifugiano
sotto i porticati.
Due piedi, due bulbi oculari, ovaie.
Voglio poter sentire le mie carni bagnate
e voglio ammalarmi di questo turbine tempestoso di pensieri
poesie, canzoni
fino a fondermi lentamente con tutto ciò che non è me
come il cioccolato messo a sciogliere sul fuoco, col latte, a bagnomaria.
Non c'è bisogno di tatto
né di labbra per baciare
né degli occhi per squadrare
né di piedi per correre lontano.
Non ho bisogno di ovaie per esser donna
né di un cuore per vedere oltre.
Io c'ho un cervello come Dexter
un naso per filtrare, selezionare, interagire
a suon di preferenze.
Toccarsi, lambirsi, afferrarsi con lo sguardo
sono mimesi di un porno che non hai ancora scaricato.
Non ce la faccio più.
A nascondino non c'hai mai saputo giocare.
Rimbomba nella mia mente un messaggio che non oso decifrare
accartoccio e riduco in mille pezzettini ciò che cercano di farmi sapere
ebbene, non ero forse io quella che doveva badare al proprio istinto?



Sei più monotono di Terenzio

Le vostre non sono finzioni. Voi, semplicemente simulate (che è ancora peggio). Come se foste attori, vi calate così tanto nelle vostre parti che sembrate reali. Ed io? Io una parte ce l’ho ed il copione non l’ho studiato. Mi hanno cacciato dalle vostre inutili scuole in cui imparate ad essere uguali, senza passioni, senza colori, senza vita.
Eccellete nello stesso modo in cui eccelle la vostra capacità di comprare non con l’astuzia, non con la furbizia ma con l’infamia.
Tutto quello che avete ce l’avete perché nella vostra tetra esistenza ogni cosa è stata già premeditata da voi stessi: non staccate mai la spina alla simulazione perché l’arte di simulare e di scrivere intere tragedie ce l’avete nel sangue.
Così come siete voi, così sono i vostri genitori, i vostri nonni, le vostre generazioni. Così come siete voi, così saranno i vostri figli.
E il rimedio qual è? Il rimedio non c’è.
Le vostre maschere le incollate bene ma io sono più furba di voi. I vostri occhi non sono veri, i vostri sorrisi sono ritoccati.
E a me basta un singolo movimento per riconoscervi e lasciarvi perdere.
Il teatro m’è sempre piaciuto, ma questa volta dico no alle vostre messe in scena che sanno di vivida verità.
Sapete incastrare i vari atti per metter su un bello spettacolo, ma io non vi credo.
Il palcoscenico è allestito bene, peccato per te che abbia la capacità di riconoscere il vetro dalla carta pesta. I diamanti dai sassi.

martedì 12 luglio 2016

Tu

Ho aspettato ore ed ore
sperando che arrivassi.
Le ore passavano
e il caldo aumentava
e chi andava
poi tornava
e mi fissava come a chiedermi
chi stessi aspettando, perché non me ne fossi già andata.
Il ragazzo che portava il cane a pisciare
è passato sei volte.
La signora del terzo piano
ha finito di girare da supermercato a supermercato per la spesa
e l'A83 è passato sia per l'andata che per il ritorno.
E tu non passavi mai
anche se avresti dovuto quaranta minuti prima.
La tua macchina non ha mai accostato al marciapiede
dove ti aspettavo
con le mani in mano
a reggermi su delle scarpe troppo scomode.
Il rossetto sbiadiva
e sbiadiva il mio fastidio per quelli che si fermavano
a fischiare.
Mi sentivo ridicola.
Ridicola per il tempo che ho sprecato a piastrare i miei capelli.
Ridicola per il tempo che ho sprecato a chiedermi cosa mettere
ridicola per tutte quelle cazzo di volte
che ho sprecato me stessa ad aspettare un tuo sì.

lunedì 11 luglio 2016

''Vorrei rubare i sogni a chi è felice e metterteli dentro la testa''

Quando si pensa di avere ‘’talento’’ scrivere non basta: ci imponiamo limiti, scadenze e congetture che a dir la verità non servono a un cazzo.
Io non ho mai avuto un diario segreto. Io ho sempre avuto un diario in cui ho cercato di organizzare quanto meglio possibile i miei pensieri, è così che ho incominciato a scrivere. E stare in quel periodo in cui l’unica cosa che so fare è ricopiare frasi di canzoni e frasi fatte, dette e stradette, non mi aiuta chissà quanto.
E’ che quando si pensa di avere ‘’talento’’ si punta sempre al massimo, si prendono come unità di misura i nostri lavori più belli.
Tempo fa ho scritto una poesia di cui sono praticamente innamorata. ‘’Genuina insicurezza’’. E adesso vorrei scrivere tremila poesie belle quanto quella.
Eppure a volte non ci si rende conto che il nostro meglio non è ciò che si può effettivamente dare in quel momento. Chi mi dice che scriverò qualcosa di bello quanto quella poesia? E chi mi dice che non scriverò una ancora più bella? E chi mi dice che non scriverò mai più una roba simile?
Forse dovrei accontentarmi, forse dovrei scrivere senza intralciare la mia stessa strada. Scrivere le cose così come stanno, senza per forza scrivere qualcosa di effettivamente bello.
E’ così stupido riempire fogli di frasi che per noi contano tanto ma han contato un sacco per altre mille persone. Io voglio qualcosa per me, solo per me, che capisco solo io, ma non ci riesco.
E quindi? Quindi che si fa? Riempio il cellulare di canzoni, riscrivo testi che so a memoria per far scattare la scintilla. Per una cazzo di ispirazione.
Mi sento una bambina. Una bambina che ha bisogno di scrivere stronzate piuttosto che affrontare le cose di petto, scoprendo gli incisivi.
Io vivo nella mischia ma ci vivo da isolato. Lo scrive Mezzosangue ed io mi sento proprio così. Isolata. Non sola. Perché io non sono sola, è una parte di me che respinge l’idea di stare con gli altri.
Ed è questa stessa parte di me che mi sta dannando l’anima.
Esco, compro, fumo e sono così depressa che non mi sballo nemmeno più come prima.
La cosa più tremenda è stata stare con gli altri e non ascoltare nessuno di loro.
La gente ti chiede che pensi e tu non pensi a niente. Forse non ho voglia di ascoltare nessuno. Forse non mi va di fare niente.
Ma al diavolo.
Al diavolo me che non capisco mai come sto. Perché?

lunedì 4 luglio 2016

Artificiale armonia in pasticche da 2 milligrammi

Non ce la faccio più.
Voglio il cielo blu.
E vorrei schiacciare il pulsante muto
quando parli e agiti quelle mani
come se stessi impastando una pagnotta di stronzate.
Parli per provocarmi
urli per far scattare la scintilla
vuoi darmi carne da bruciare.
Relax. Take it easy.
Avresti dovuto smettere ieri
non domani
e se ieri fosse domani e se domani fosse sempre
tu non smetteresti mai.
Non ce la faccio più.
Ti strapperei la lingua.
Voglio il cielo blu.
E voglio lasciarti parlare
solo, con questo lampione a piazza Dante.