martedì 29 marzo 2016

Turn Off



Mi ripeto non cadere, tieni i piedi stretti a terra
guarda in basso, allarga le braccia per tastare le mura del corridoio in cui cammini
non guardarti indietro, non aumentare il passo
non correre, non ascoltarli
non accendere la luce.

Mi ripeto non dire niente, cerca di tapparti le orecchie senza stringerci le mani sopra
non lo devono sapere, non lo dire a nessuno
non sospirare così forte.
E se cercano di toccarti, tu fai finta di non essertene accorta
e se provano a sfiorarti, tu fa sì che sia la sola volta.

Non correre, non rallentare
non restare ferma, non parlare
non reagire, non piangere.
Non lasciarti ingannare, non farti convincere, non lasciare che entrino
e che prendano possesso di te.

Non ti far manipolare, chiudi a chiave la porta
e fa in modo che non entrino, che non bussino, che non urlino.

E poi ripeti a te stesso: puoi accendere la luce.


sabato 26 marzo 2016

Cuore in tre parti

Certi giorni alla domanda ''come stai'' rispondo con pezzi interi di canzoni, che ho l'accuratezza di mettere fra virgolette. E chi ha i miei stessi gusti musicali non sa se piangere per me, se dirmi che quella canzone è un capolavoro, se rispondermi ''eh minchia, io mi aspettavo uno dei tuoi papiri depressi, grazie per avermi salvato in un momento di agonia''.
Ascolto così tanta musica che ci sono fin troppe canzoni che mi fanno il cuore in tre parti. E certe volte le parole sono così poche che ho la morbosa necessità di dire ciò che sento attraverso due auricolari o un audio mandato su whatsapp.
E quindi, come sto oggi?


''
Tu non sai cosa vuol dire nascere pieni di vuoto già vedendo la tua fine con lo sguardo nell'ignoto. Poi morire per rivivere come in un videogioco per sentire la vertigine per quanto duri poco. E scrivere che vuol dire svenire tra le tue braccia mentre scopo con un'altra e penso ancora alla tua faccia.
Ridico le ragioni per le quali mi rintraccia, per i nostri anni migliori e i regali che mi rinfaccia. 
È incredibile, sai che vuol dire cambiare posto per convivere col mostro solo a suon di rime e inchiostro? Poi convincere se stessi che anche oggi è tutto apposto, sopravvivere agli eccessi per pagarne il frutto e il costo?
È un altro compleanno del cazzo e cristo dio quanto rimpiango di non esser nato a marzo, coi fiori che ora sbocciano e s'intonano col quarzo invece del freddo riflesso dentro i miei occhi di ghiaccio.
E al mio fianco, dormire in posti piccoli e abbracciarsi, per convincere i tuoi sogni e i miei incubi a mischiarsi e baciarsi fino quasi a strozzarsi appiccicati nella morte nella quale siamo rinati per catarsi. Ma non ho fiori da darti io ho soltanto resti e scarti e la mia casa invasa e abrasa dai miei mille testi sparsi.
Una saga di vita odiata colmata da teschi marci per l'incontro di una fata che è in data da destinarsi.
Pagine da un calice dalle sorsate amare non fanno piangere quanto le lacrime di un padre che mi saprà ascoltare nonostante ciò che sono, anche se un grande cantante non sempre resta un grande uomo.
Ed è importante, quando crolla la colonna portante, esulta la folla per la colpa di una donna arrogante. Si stupisce del mio sguardo sempre spento vuoto e assente, se capisse che anche quando scopo sento poco e niente.
Quanto aspetto il giorno in cui ritorni, immerso in ogni mio complesso compresso da buchi enormi.
Non ti è chiaro il concetto? Allora lascia che ti informi: odio scrivere sul letto sapendo che adesso dormi.
È uno di quei giorni in cui ricamo teli neri, levitiamo trai pensieri ed evitiamo i più sinceri. 
Forse ci meritiamo di sembrare più leggeri ma quando ho detto "Ti amo" tu dov'eri? Eh?
Ho scritto un pezzo dentro una tua foto sopra al tuo sorriso spento e fuori fuoco. Sai che tengo tutto dentro e non mi sfogo e pure al centro io mi sento fuori luogo. 

Ma ho scritto un pezzo dentro una tua foto con il tuo sorriso spento e fuori fuoco, sai che tengo tutto dentro e non mi sfogo e pure se ci provo non so dare uno scopo a noi.''

venerdì 25 marzo 2016

Siamo piccole persone chiuse in piccole finestre



Alcune volte mi capita di credere di stare perennemente chiusa in una piccola finestra di un piccolo palazzo.
Tutto ciò che vivo lo scrivo semplicemente sui vetri appannati dal mio alitarci sopra, come se fossi una specie di burattinaio che giostra la sua vita. Disegno, scrivo, appunto e manipolo ogni cosa.
Il mio dettare si percuote su un corpo senza vita, un corpo che non ha il tempo di riflettere, analizzare, decifrare ciò che scrivo. Lo fa e basta. Meccanicamente. Istantaneamente. Come un robot.
Scritto in un rosso sangue, così macabro ma così colorato, la mia mente legge come leggono i bambini delle elementari: senza capire un bel niente.
Come le macchine delle poste sotto cui passano le lettere da spedire: capaci di riconoscere il codice del francobollo, ma non di verificare quanto il francobollo sia economico per una lettera che va negli Stati Uniti.
Come il dipendente al comune che timbra di tutto e di più senza nemmeno leggere di che si tratta.
Come chi ti sente, ma non ti ascolta.Come chi capisce, ma poi alla fine non capisce nemmeno il cazzo.
Come il barista che ti dà le caramelle a caffè, quando avevi chiesto le caramelle balsamiche.
Il messaggio c'è, ma non è recepito bene. L'e-mail arriva ma viene letto solo l'oggetto di ciò che si vorrebbe dire.
Accade nella mia mente, ma non sono sicura di percepirlo solo io.

Riflettere

Inadeguata in ogni luogo
in ogni tempo e in ogni modo
inadeguata sempre
fuori luogo ovunque
opportuna mai
opportunista a volte.
Fuori posto spesso
o esattamente sempre.

domenica 20 marzo 2016

Abitudini

E non cambio pantofole anche se adesso mi stanno un pochino strette
e i calzini sono gli stessi con cui ho dormito ieri sera
e la canzone che ascolto adesso è la stessa di ieri notte e ieri mattina.
Il rossetto che metto oggi è lo stesso di due giorni fa
anche se questo rosso cremisi un po' inizia a  scocciarmi.

Persino ciò che scrivo è la stessa cosa di ieri
e metterei gli stessi vestiti di ieri sera se non fossero in lavatrice.
Chi davvero credeva in me esattamente due anni fa crede in me anche oggi e anche domani
e il corpo che voglio oggi è lo stesso di un mese fa.
E il corpo che desideravo dieci anni fa è lo stesso che non ho adesso.

E ciò che avrei voluto urlare tre anni fa
vorrei urlarlo anche adesso, solo che non ho il megafono, non ho la voce, non ho nessuno che si tappi le orecchie.

sabato 19 marzo 2016

Whisky, Soda e Rock 'n' Sticazzi

Intorno a me accadono tante e tante cose e non faccio altro che tenermele dentro, ancora.
E' come se avessi l'impressione che nessuno può capirmi, che nessuno mi vuole davvero ascoltare e passo metà del tempo a pensare sempre alle stesse inutili cose (quando l'unica cosa a cui dovrei davvero pensare è filosofia, che mi ha chiamata già due volte e non sapevo neppure quale fosse l'argomento del giorno).
Tutto mi annoia, tutto mi scoccia e mi sento spontaneamente sola.
Non ho nessuno con cui parlare e nessuna cosa, fatta eccezione per le serate in cui si fuma, mi attrae poi così tanto.
O meglio, sì, qualcosa c'è ma non c'è niente che faccia per me. Niente che sia alla mia portata.
In questi giorni ho visto troppo spesso Ezio (sì, lo stronzo ha un nome più stronzo di lui): in cortile, per strada, in macchina, in corridoio e addirittura ieri per il mio primo esame della patente europea ho dovuto starci per più di due minuti nella stessa stanza.
Quando ho raccontato di questi miei ''incontri casuali'' con la mia mamma e i miei amici ho finto. In modo assurdo. Considerando ciò che ho detto loro io sarei stata gelida, non mi sarei neppure girata e non l'avrei minimamente calcolato <<perché non se lo merita>>. In realtà la cosa è andata diversamente: in cortile mi sono semplicemente voltata dall'altro lato sperando di sparire, per strada mi sono necessariamente infilata in un vicolo aspettando che se ne andasse, quando il semaforo era rosso e la sua macchina si è fermata io ho casualmente cambiato rotta e ieri all'esame mi sono solo chiusa in un cesso sperando che tutto finisse al più presto possibile.
Non ce la faccio, è più forte di me. Non credo sia possibile reggere quello sguardo strano e cupo e parlando chiaramente mi fa ansia anche solo sapere che nei dintorni c'è una persona che mi ha fatto davvero male.
Queste cose odio dirle perché poi mi si chiede: ma che può mica farti se ti ha detto che non ti vuole? Ho la costante impressione che qualcuno voglia uccidermi. La costante paura che faccia come i terroristi: arriva, mi da la bomba in mano spacciandola per il regalo del mio compleanno mancato e boom! Ovviamente esplodo sola, come ogni volta, come ha già fatto e come sicuramente rifarà o lui o qualcun altro.
Sento la necessità di stargli lontana come i topi dal veleno in ''caramelle'' blu.
E fotte un cazzo se scappo. E fotte un cazzo se devo inventarmi tutte palle per dimostrare agli altri (e anche un po' a me stessa) che minchia, è tutto passato, che faccia il cazzo che gli pare.
Sento la necessità di resettare il mio cervello eppure no, non posso. E non perché è impossibile (non ci metterei niente a tirare due strisce di coca e mandare tutto a 'fanculo) è proprio che sotto sotto so che non è la cosa giusta dimenticarsene.
Così come Petrarca ha campato per quanti anni ha campato in bilico tra Gloria, Fama, Sesso e Laura e Dio, Teologia e Sant'Agostino così io sono in bilico tra l'appisolarmi e il resettare ogni parte del mio cervello e del mio cuore con quante più scelte d'autodistruzione e tra il rimanere lucida e intatta, perché questa deve essere l'ultima volta, perché devo essere una macchina perfetta, senza segni di vita o peggio ancora di sentimenti.

mercoledì 9 marzo 2016

Digerirmi



E mi danno fastidio le mani di chi vuole consolarmi e mi danno fastidio le parole di chi mi guarda e vorrebbe dire qualcosa anche se non voglio sentirmi dire niente. Apro continuamente la finestra e mangerei il terreno invece di restare a guardare e mi lascerei cadere cento volte invece di restare in bilico mille e mille volte. Non tocco niente che non sia me e voglio che nessuno mi tocchi, che nessuno mi guardi, che non mi diano da parlare. Muoio d'egoismo e morirò ancora e ancora di egocentrismo perché al centro dell'inverno nello tsunami delle mie emozioni non vinco, non perdo e combatto sola senza armi, senza armatura, senza voglia di combattere e senza l'ambizione di vincere il gelo. Mi chiedono di chiudere la finestra e io mi chiudo in me mettendo da qualche parte le chiavi così da potermi accampare al centro dell'inverno nello tsunami delle mie emozioni e non chiedo a me stessa di spiegare le ali o di spiccare il volo. Mi chiudo e mi nascondo nelle mie ali come fa una colomba al coperto di un portico, atterrita dal forte rumore della pioggia che batte sui vetri, sull'asfalto, sui suoi piedi.

domenica 6 marzo 2016

Male e Bene, Gemitaiz

Le unghie rosso fragola, il rossetto rosso cremisi, le guance rosse per il freddo, il filtro sporco sulle labbra, le gambe accavallate, le braccia stese su una panchina quasi bagnata e fisso chi mi sta attorno tenendomi tra le mani i giorni miei, i sogni miei, le mie ambizioni e le mie attitudini.
E non m'importa di chi c'era, di chi non c'è più e di chi ha deciso di esserci solo prima del precipizio. Abbraccio chi c'è.
Chi mi tiene la mano anche se è fredda, anche se per la frenesia di cambiare direzione a volte mi comporto da vera stronza e lascio vincere l'arpia che è in me.
Oggi non lascio che nessuno irrompa nella mia tranquillità. Al diavolo il pessimismo, è proprio adesso che devo mostrare gli incisivi.
E non m'importa di chi mi ha tradito e di chi mi ha illuso e non m'importa proprio di niente.
Piangersi addosso non significa crescere, l'ho sempre saputo ma pare che spesso io me lo dimentichi.
I problemi si risolvono restando positivi.

venerdì 4 marzo 2016

it's okay not to be okay

sbiadisco e m'incupisco
piango senz'occhi da strofinare.
chiudo gli occhi per non sparlare
o forse per chiuderli e basta.
e mi viene da dormire
e mi viene da morire.