mercoledì 31 agosto 2016

La Verità (Non Abita Più Qua)


''La gente non vuole sapere da dove vieni o dove vai. 
E' pronta a dirti che sei ingrassato, più che a chiederti come stai.''


Lo scrive uno dei miei artisti preferiti in una delle canzoni più belle di sempre.
E' sempre stata una bella frase, certo, eppure adesso non è solo bella. Le ho dato un senso, l'ho associata a questo mio 2016, a questo periodo della mia vita.
Mi capita di guardarmi allo specchio e dire a me stessa che sono cambiata. Eppure allo stesso tempo ho l'assillante consapevolezza di non essere cambiata per niente: i miei difetti sono sempre lì, sempre della stessa misura. E' tutto uguale come sempre. Tutto normale, tutto nei canoni, tutto nella regola. Tutto di una persistente e pesantissima noia.
A volte dico a me stessa che però qualcosa è cambiato, in questo periodo della mia vita.
E' cambiato il mio modo di parlare di mio padre, è cambiato il mio rapporto con lui ma soprattutto ho capito cose che la bambina la quale sono sempre stata non poteva capire.
Penso che il mondo attorno a me sia mutato, l'unica cosa che non riesco a vedere in modo diverso è me stessa.
Oramai ne ho la consapevolezza e cito questo stesso artista per rendere meglio il concetto:
''E sto pregando dio perché per me la sua presenza è spirituale, il resto è teologia e speculazione clericale''. I concetti cristiani non mi sono mai piaciuti, i dogmi della chiesa che si imparano al catechismo mi fanno credere che si tratti solo di un castello in aria, di un estremo sogno nel cassetto per dormire più tranquilli quando si fa buio. Mi piace pensare che nulla sia dato a caso, mi piace pensare che ogni cosa era stata premeditata e che ogni esperienza altro non è che il tassello di un puzzle infinito che si può capire solo quando riusciamo a mettere i pezzi giusti insieme. E' un  bisogno spirituale, per l'appunto e sono soddisfatta di aver messo un punto - magari è un punto e virgola - a questo mio blocco interiore, a questo mio bisogno di far chiarezza in ciò che credo.
E' cambiata anche la mia considerazione dei ragazzi. O meglio, è nata la consapevolezza ma per il momento è tutta teoria. Non c'è stato un solo ragazzo che non mi abbia voluto che per il sesso. E' scontato dirlo, eppure nessuno ha mai tenuto a me. In alcuni casi, è stata solo ''un'esperienza'', in quel caso (e sottolineo quel) semplicemente non ero all'altezza. Semplicemente, non mi voleva bene quanto gliene volevo io.
Questo discorso mi fa pensare a un canto di Catullo, il famosissimo carme nonsochenumero in cui è contrapposto il concetto di amare e di bene velle e cioè amare e voler bene. Quel canto mi piacque tantissimo, pensavo continuamente che il volersi bene (e quindi il nascere di un sentimento puro, genuino, limpido e incontaminato) non fosse all'altezza dell'amore. Amarsi significa essere gelosi, ossessivi, possessivi, imparanoiati, stupidi. Con l'amore, il bene velle perde il suo valore. O meglio: più ci si ama e meno il volersi bene fa la sua parte. Perché con l'amore e il volersi bene non c'è mai un giusto peso, non sono mai bilanciati.
Mi sono persa in questo discorso sull'amore e il volersi bene, non era qui che volevo arrivare.
Ma questo potrebbe essere uno spunto per far capire ciò che intendo dire.
In me, così come cresce l'amore, cresce a pari passo anche il volersi bene. Ed è qui che nasce il conflitto: quando tutto finisce, quando tutto non va secondo i piani, quando tutto si spegne, a me resta il bene velle. E il bene velle sa squartarti l'anima, son sicura che lo sapete.
Da qui, riprendo dicendo che ho capito che non devo assolutamente scherzare col fuoco. L'ho capito ma è un meccanismo che non riesco a mettere in pratica, poi vi aggiornerò riguardo questa questione.
E' cambiato il mio papà. C'è ancora una certa distanza che pesa tra noi due, ma c'è molto più dialogo, molta conversazione, molte confessioni. E il che mi piace.
Mio padre non mi conosce, non ha mai fatto il padre, è stato anni lontano da me e non sa come sono cresciuta, che mi piace fare, cosa odio fare. Si sta costruendo una specie di rapporto che prima non esisteva e ne sono felice. Non ne ho mai parlato qui sul blog, ma mesi e mesi fa, c'è stata un'esperienza che mi ha fatto temere di perdere il mio papà. Si pensava avesse un tumore e la consapevolezza di perdere una persona che mi stava conoscendo dopo così tanto tempo mi ha fatto piangere intere notti, per intere settimane.
A volte la vita ci manda un segnale - poteva mandarmene uno meno orribile - per farci rendere conto che alcune persone, nonostante gli sbagli e gli errori, sanno volerci bene. E noi ne vogliamo a loro.
Mio padre meriterebbe schiaffi per tutte le volte in cui mi ha fatta piangere, ma so che mi vuole bene. Ed io ne voglio a lui, tantissimo.
Un'altra cosa capita ed accettata di quest'anno riguarda mio fratello.
Finalmente, i miei genitori sanno che è gay. E questo pesantissimo fardello finalmente ha alleggerito la sua vita, ma non la nostra. Mi sento molto protettiva nei suoi confronti, non voglio che la gente parli e lo faccia stare male, non voglio che si senta male con se stesso - anche se, aperta e chiusa parentesi, ne dubito, è un leone di segno e di fatto -. I miei genitori ci hanno messo un po' a capire, a realizzare, ma ci stanno facendo l'abitudine. Perché alla fine di abitudine si tratta: abituarsi all'idea che al proprio figlio piaccia ciò che piace alla propria figlia, tutto qua!
Ho, infine, capito un'altra cosa. Il tempo è denaro, il denaro è importante ed io sono povera, che detto in modo diverso significa ''sto sprecando tempo appresso a persone e cose che tra dieci anni non ricorderò neppure''. Sette mesi fa ho festeggiato il mio ultimo compleanno da minorenne, presto prenderò la patente, finirò il liceo, prenderò il treno tutti i giorni e non solo in estate per andare in giro a cazzeggiare. Incomincerò l'università ed ho le idee chiare, chiarissime, oserei dire. Ho intenzione di studiare alla facoltà di lettere. E sì, sarò precaria a vita, non avrò mai un lavoro, studierò per stare al mcdonald's, sono stupida e devo gettarmi in qualcosa che mi faccia lavorare subito.
Il tempo è denaro, il denaro è importante ed io sono povera. Ovvero: non spreco tempo a sentirli parlare. Questa è la mia passione, è la mia inclinazione, è ciò che voglio fare.
Non lavorerò al mcdonald's. Se proprio devo, lavorerò in libreria. O in qualcosa del genere.
Per ultimo, e finalmente ritornando alla citazione sopra, alla gente non fotte un cazzo di quello che ho da dire. Non fotte un cazzo di quello che sono o di cosa penso.
Tutto ciò che la gente vuole è sapere e strumentalizzare ciò che sanno di te per spettegolare meglio. Nessuno ci tiene a sapere se hai intenzione di ucciderti o se lo hai già fatto, nessuno vuole sapere come stai, nessuno vuole esserti vicino se non per portare a termine tutto un piano di secondi fini.
Ed io, quindi? Che faccio? Li prendo in giro. Dico ciò che vogliono sentirsi dire e continuo per la mia strada, che so quale è.
Non mi faccio convincere, non mi faccio fare fessa anche in queste cose. Continuo per conto mio.

Ricapitolando, allora, vi pongo una domanda: se il mondo attorno a me è cambiato così tanto e se tutte queste cose finalmente le ho capite, è probabile che sia cambiata anche io? E' probabile che lo specchio non sia capace di farmi vedere un cambiamento che in realtà c'è stato?
Non ne ho idea.



martedì 30 agosto 2016

L'anima in pegno


Hai mai pianto
pensando che magari anche io stessi piangendo?
Hai mai pianto
a mo' di preghiera, affinché il nostro veleno
non avesse ucciso anche me?
Le spille sulla tua giacca
inforcate nella mia pelle,
i tuoi canini che stringono
la mia carne più flaccida, a prova di trappola di dolore.
Quegli orecchini che son fantasmi della mia notte con te
del mio mattino col pensiero di te
di me che potevo averti solo in trappola alle stelle
la luna, il buio che cala il sipario.
Strisce di fumo, richiesta d'aiuto
ma ci sono troppi fumi, troppe nebbie
come potresti mai cifrarmi?

lunedì 29 agosto 2016

Mi hai delusa, ma forse è colpa mia

Domando, in questi estremi minuti, come faccio/come faccia questa maledetta parte di me, a fidarsi - ciecamente - ogni volta.
Colleziono bugie e vorrei che fossero le mie. Credevo di essere una bugiarda patologica, eppure le persone che ''scelgo'' di amare sanno mentirmi molto meglio di quanto riesco io.
Succede sempre qualcosa, si dice o si fa sempre qualcosa che fa crollare tutto ciò che mi faceva certa, che mi faceva sicura delle persone che mi dicono ''ti amo''.
Dal primo all'ultimo, ho sempre chiesto a me stessa di mettere il cuore da parte, di rinunciare all'amore. Ho sempre detto a me stessa:''Questa è l'ultima volta che piangi'', ma continuo a piangere, continuo a pregarmi di congelare il cuore ed evitare di metterlo al fuoco.
Continuo a chiedermelo e non mi sto mai a sentire.
Voglio proteggere me stessa solo quando sono stata già ferita.

sabato 27 agosto 2016

Rivivere


A 180km orari
sei sfrecciato dentro me.
Strada senza fine, senza lieto fine.
Sei tu la mia voragine.
Sei tu che mi hai investito.

venerdì 26 agosto 2016

We should've did this already


<<Take me to another place
where I'll be face to face.
Just you and me.
With no rules.
Just like you, I get lonely too.>>

Qualsiasi sentimento non debba provare, mi rapisce in silenzio. E sottolineo in silenzio, perché mi accorgo di essere stata presa e portata via solo quando mi tratta male, quando incide sulla mia pelle. Scotta solo quando è inutile curare, quando ha già invaso tutto ciò che non doveva essere neppure sfiorato.
Qualsiasi cosa non si debba fare, mi seduce e mi convince, è più forte di me.
Sono come un uomo che tradirà sempre la propria moglie, anche se è pentito.
Ed ogni volta che me ne rendo conto mi faccio più male di quanto non abbia già fatto.
Vorrei solo uscire con la pioggia, da sola con me stessa, non sentire niente. Ma proprio niente. 







Frantumi

essere al buio e non capire
se si è chiuso un occhio
o se si è spenta la luce.

giovedì 25 agosto 2016

Bath Bomb

Oggi riguardavo una foto scattata molti anni fa.
Non ricordo l'anno e mi scoccia fare i conti, ma eravamo in terza media.
Ci sono io con le labbra a mo' di bacio e tu che imiti un meme famosissimo, magari se mi va la posterò qui sotto, perché è una foto indimenticabile, imperdibile.
Eravamo sul traghetto per visitare Murano o Burano, non me lo ricordo nemmeno. E' stata la nostra ultima gita insieme con la scuola ed è stata anche la più brutta fra tutte. Ricordo che soffrivo di mal di mare e vomitavo di continuo. Ero bianchissima e tu per distrarmi facevi tante cazzate, poi all'improvviso questa foto.
Non siamo mai stati poco più che amici. Penso di esserti piaciuta, almeno per un po' di tempo, e allo stesso modo mi sei piaciuto tu.
Fai karate, ti piacciono i videogiochi, disegni abbastanza bene ... sei un tipo particolare. Avevi anche i capelli strani. Siamo napoletani e tu tifavi per il Milan (non più credo, due giorni fa ti ho visto in bici ed avevi un completino del Napoli, ma fa lo stesso. E' da qui che nasce questo post).
Avevi la cresta come El Shaarawy. Adesso per fortuna ti è passata, stai bene adesso. Ti sta bene il taglio che ti ho visto qualche giorno fa.
Anni fa speravo che saremmo stati insieme. Mi ricordo di una volta in cui uscimmo, una rimpatriata tra amici delle medie. Avevamo appena incominciato le superiori ed io fumai una sigaretta. Ricordo che avevo paura di ciò che avresti detto, ma tu non dicesti niente.
Questo post sembra melodrammatico, tutti i miei post sono così. Sono noiosa, lo so, ma spero che qualcuno capisca l'ansia di quel momento: tu non parlavi, parlavi poco, raramente. Alla fine della serata non sapevo che chiederti, speravo ti fossi svagato almeno un po'. Eri sempre sintetico, sempre nei limiti, mai troppo espansivo.
Ti ci vedevo vicino a me, pensavo che prima o poi tutta la tensione di cui eravamo carichi quando eravamo insieme si fosse esaurita anche solo con un bacio.
Ero piccola, lo sono anche adesso, ma pensavo di essere molto più grande di te. Non sei mai stato infantile, probabilmente lo ero io, ma a volte pensavo che fosse proprio questa mia espressività, questo mio essere spontanea a rendermi più adulta di te. Non ha senso, lo so. Non ha senso nemmeno ricordarlo adesso.
E' una storia come tante, che tu forse non ricordi nemmeno, anche se qualcosa mi dice che non sei il tipo che si dimentica delle cose.
Non ricordo con precisione quando abbiamo smesso di parlare. Ricordo solo di un nostro litigio, in cui io ti chiesi se tu parlassi con me solo perché non avevi nessun altro con cui parlare. E tu rispondesti sì, è così, non provasti nemmeno a difenderti. Mi sentii una stupida. Ancora oggi, dico a me stessa che non ho mai capito se fossi serio oppure no. Se mi volevi oppure no, se mi vedevi come un'amica oppure non mi vedevi per niente.
Non sei stato un fiammifero spentosi dopo l'uso, sei come una miccia che non è mai partita. Una batteria di fuochi d'artificio a cui è stato spezzato il filo per farla esplodere.
Ti ho rivisto pochi giorni fa ma non è la prima volta. Ti ho rivisto qualche mese fa, forse eri tu, sulle tue gambe una ragazza bionda. Ma non ne ho un ricordo nitido.
Chissà chi è lei, e chissà come sei tu adesso. Chissà che hai fatto, chissà se hai mai pensato a cosa ho fatto io in tutto questo tempo.
Vorrei scriverti, almeno per sapere come stai. Ma mi sembra così stupido adesso, come se volessi riempire una vasca pur non avendo il tappo. Sprecherei acqua?
Ho rivisto le tue foto, è da oggi che ti penso.

Fantasmi


Quando poso la testa sul cuscino
e l'abat-jour dissolve la sua luce in niente
e la mia mente incomincia a rampicarsi sugli specchi
rampicano, sulle mie gambe, rose rosse.
Rose senza spine, rosse come solo rose possono esserlo.
Quando poso i piedi sul tappeto
e la persiana è già aperta
e il sole filtra e già tormenta
tormenta ed opera coi ferri sulle mie tempie, l'immagine di una rosa.
Rosa dai grossi petali, petali che si sfregano
coi miei fantasmi.
E' Illusorio.Una rosa non cresce al buio.

mercoledì 24 agosto 2016

Esseri umani

Oggi pensavo ai bambini.
Ai bambini che o capiscono tutto o non capiscono niente. Gli unici esseri umani da capo a piede, puri, senza malizia, senza cattiveria.
Per i bambini non è mai troppo tardi o troppo presto, non esiste ''oggi'', ''ieri'', ''domani''. Il mondo in cui vivono è scandito solo dai loro sentimenti.
Dicono ciò che pensano, sono come sono, sanno chiedere scusa. Sanno ascoltarti.
A partire dai quattro incominciano a capire, a fare non come sarebbe meglio ma come fa più comodo. Ed è qui che nasce quello che da grande sarà un bravo ragazzo, un cattivo ragazzo o un ragazzo che sa il fatto suo.
I bambini diventano come vogliono i genitori, diventano come sono i genitori. Non c'è scampo.
Se esiste una macchia nera, quella macchia nera non si estinguerà mai. E' natura.

martedì 23 agosto 2016

Contare i passi, andare a tempo


Tempo è intimità.
Giorni sono baci
lingue che s'inseguono
e si schiantano come onde
sui palati.
Tempo è spingere le chiavi nella toppa
ed entrare piano
non avere paura dei cigolii
della polvere sul cuore
della condensa sulla carnalità.
Tempo è amare un disco
o una canzone, amare
e cantare
voce su voce.
Tempo su tempo.
Tenere il ritmo con le dita
contare i passi, contare i secondi di un minuto
l'emozione di un momento
l'amore di un attimo.
Tempo è vivere noi stessi
il nostro appoggiarsi a noi stessi.
Rallentiamo il muoversi dei nostri bacinicome se fosse una foto.

Tac. Ti ricorderò per sempre.


Sesso al mercatino dell'usato, nella mia mente

C'è questo ragazzo maledettamente attraente al mercatino dell'usato.
L'avrò visto sì e no cinque volte ed è da più di un mese che non mi capita di tornarci (zero euro, manco l'usato mi posso permettere adesso).
Sta alla cassa, credo. La volta in cui presi ben cinque mattoni di libri, tra cui il Canzoniere di Petrarca, mi chiese se volevo fare la tessera del mercatino. Rispondo sì, certo, gli do la carta d'identità e chiede a me e alla mia migliore amica se siamo del paese. Conversazione breve, piatta, nulla di particolare. Dopo quella volta ci sono andata diverse volte e tutte quelle volte adocchiavo un po' troppo la cassa e spesse volte anche lui si voltava a sorridere, forse per gentilezza o fermandosi a pensare: ''Ma sì, stronza, compra di tutto che ci campo coi tuoi soldi''.
Ultimamente mi è capitato di incrociarlo all'angolo, dove spesso passo a piedi, l'ho riconosciuto subito perché è basso. Ed è bello. Ed ha un bel sedere.
Fumava assorto, distribuiva i volantini e me ne porge uno. Mi dice ciao, come stai, qualche volta ripassa che ci sono tante altre cose, sei l'unica che viene per i libri.
Non ho idea di chi sia, di cosa faccia per vivere, di cosa voglia fare per vivere in futuro. So solo che lavora al mercatino dell'usato e che è tremendamente seducente.
Bassino, magro ma con le spalle larghe, capelli castano chiaro, occhi scuri, pelle abbronzata, culo bellissimo e barbetta un pochino accennata. Ricordo che portava degli anelli, anche un piccolo dilatatore all'orecchio. Qualche braccialetto ricordo di qualche bella estate e un viso troppo ma troppo carino.
Ci sbavo dietro come se fossi una tredicenne innamorata del cantante della sua band preferita.
Sono da ricoverare, lo so, ma lui è proprio da rapire e da portare con me in un mondo incantato fatto di sesso, amore, natura e cazzate hippy (con tutto il rispetto, siete strani ma ascoltate buona musica).
Non so quanto possa interessarvi, non so davvero quale sia l'utilità di ciò che ho pubblicato stasera ma mi andava di dirvelo che sono una pazza psicopatica.

lunedì 22 agosto 2016

Castigo in corsivo


Rincorrersi.
Infrangersi.
La bellezza di un'onda 
che abbraccia le spalle alla sua prossima.
Chiudo gli occhi e le sento chiamarsi
un sussurrio che canzona le mie orecchie 
e mi fa sentire il suono delle tue mani che suonavano il pianoforte.
Nero e bianco.
La bella e la bestia.
Suona e abbracciami ancora
con la forza di questa spuma che bagna i miei piedi, nuda
con il tormento di questa marea che guarda il mio viso
in cerca di sali e amori, nostalgica

domenica 21 agosto 2016

Ho venduto il mio quadro di te

Spegni la luce
e te ne vai.
Blackout.
Potevi almeno lasciare un lumino
acceso, sono stata la tua chiesa.

sabato 20 agosto 2016

Anche no

Il sabato era una sfilata di moda. Ci facevamo il giro lungo e la campanella suonava alle otto, precisa.
Mettevo il rossetto e jeans stretti solo il sabato, perché all'una venivi tu fuori scuola col motorino.
Non venivi mai per me, salutavi tutte - anche i lampioni - ma non salutavi mai me. Però mi guardavi, spesso.
Ed io lo sapevo e mi facevo guardare di proposito. Ridevo, camminavo come fossi donna e invece ero solo una bambina. Volevo fare l'oca, volevo sembrarti stupida, perché solo così probabilmente avrei attirato la tua attenzione.
Avevo tredici anni, tu diciassette o forse sedici, non ricordo bene. Ci facevamo il giro lungo per strade che sapevo percorrevi sempre, ogni volta che andavi da qualche parte. Rotonda, spiazzale della chiesa, le Madonnelle, metà corso Vittorio Emanuele.
Non sapevi quale fosse il mio nome ma io sì. Conoscevo il tuo nome, il tuo cognome, le persone con cui uscivi, le persone che facevano parte della tua famiglia, la scuola in cui sei andato fino alla qualifica.
Non ti ho mai inviato la richiesta d'amicizia su facebook perché pensavo dovessi rimanere un mistero per te. Mi dovevi guardare e dovevi sperare che qualche santo ti dicesse come mi chiamavo, quanti anni avevo, chi ero.
In terza media, non di sabato - me lo ricordo bene - mi chiedesti di venire a fare un giro in motorino con te. Le mie amiche, saltellanti e contentissime, si dileguarono come si dileguano i colombi dopo un calcio all'aria.
Non ci venni in motorino con te, non mi chiedesti quale fosse il mio nome, ma mi dicesti che ti avrebbe fatto piacere scambiare due parole un sabato sera.
Quel sabato sera non arrivò mai. Ti rividi due anni dopo che vendevi il fumo in piazzetta e ti ho rivisto mercoledì, mentre aspettavo il treno per andare a Napoli.
- A che ora il prossimo? Alle due? Uaaaaaaaaaa, ma che stai dicendo.
E' così che hai approcciato con me dopo tutto quel tempo. Ti ho detto che sì, era proprio così. Io avevo perso il treno e stavo pensando di andare a Caserta per prenderne un altro, così da non dover aspettare tre ore.
Mi hai fatto compagnia. Ti sei seduto accanto a me, come fa caldo oggi, hai da accendere, in che zona abiti, ma prendi il treno per andare a lavoro.
Poi all'improvviso ti sei alzato, hai camminato avanti e indietro e poi con l'indice puntato contro di me, me lo hai detto.
- Io ho capito chi sei! Tu sei quella che non voleva venire con me. Tu sei quell'antipatica delle scuole medie!
E io ridendo te l'ho detto che non sono antipatica, eri tu ad approcciare male.
Mi hai detto che sono carina, mi hai chiesto quanti anni ho adesso e poi, mi hai chiesto:''Ma come ti chiami?''.
Ed io, ho mentito. Mi chiamo Veronica.
Non mi troverai mai su facebook.

venerdì 19 agosto 2016

A casa



Gli occhiali che metti
sono sipari.
I miei occhi, visti da lì dietro
non sono verdi, non sono castani, non sono occhi.
E' l'attore che sta dietro il sipario
o si è invertito il ruolo e lo spettatore sei tu che cerchi di indovinare
di che colore è il mio rossetto?
E' chiara l'immagine che ho di te
o ti inquadrerei meglio se mi calassi nell'ignoto
nello stesso modo in cui fai tu, quando si tratta di me?
Chi sei?
Quali sono i tuoi colori?
Qual è il mio posto
nella tua vita?

giovedì 18 agosto 2016

Ripensamenti, risentimenti

Quando non hai nessuno non hai paura di niente.
Né di perdere le persone a cui vuoi bene, né di deluderle, né di essere troppo egoista.
Quando non hai nessuno ragioni di testa tua, non devi spiegare nulla a nessuno, diventi l'unico vero artefice della tua vita, nel bene e nel male.
Io non ti odio per aver detto la verità.
Ti odio per avermi messo in condizione di non dire la verità.
Mi hai messo paura. E penso che se non ci fossimo mai conosciute, di paura non ne avrei avuta.

mercoledì 17 agosto 2016

Sangue

E' come se qualcuno picchiasse la mia testa
con un mattarello.
Mi disdegni.
Non vuoi nemmeno vedermi
mentre fingo che non faccia male.

martedì 16 agosto 2016

Sì, ieri 15 agosto avevo proprio tanti impegni


Non muore mai quello che sei.
Non muore mai la tua parola.


Molte volte mi capita di passare ore ed ore a leggere gli stessi blog.
Per la maggior parte, sono blog vecchi, blog ''inaugurati'' anni ed anni fa. La metà di questi non è sopravvissuta: ultimo post 2014, 2012 ... eppure mi piace leggere cronologicamente ciò che è stato reso per un certo verso pubblico.
Crescere non significa farsi crescere la barba, né compiere diciotto anni, né laurearsi e spostarsi perché, come sento dire spesso qua, ''l'italia non ha nulla da offrire''. Queste, sono piccolezze. Si cresce indifferentemente dagli anni, dalla barba, dall'indipendenza che acquisiamo col tempo. C'è chi cresce presto, chi cresce a quaranta anni, chi non cresce mai, chi è cresciuto troppo.
Che tu sia bimbo o adulto, ragazzo o uomo, l'unica cosa che testimonierà la tua crescita è il modo di pensare, di ragionare.
Ricordo, anni addietro, di essermi fissata su alcune cose che pensavo fossero giuste. Pensavo stronzate e mi dicevo che non erano stronzate, anzi, ero un genio. Io avevo capito qualcosa del mondo che gli altri non sapevano e mi sentivo quasi privilegiata, perché capivo cose che gli altri non capivano, perché sapevo cose che si imparano dopo anni. Tutte stronzate: assieme a noi, cresce il nostro pensiero, la nostra parola.

Crescono le nostre esigenze, i nostri obiettivi e il nostro modo di essere. Non ce ne accorgiamo nemmeno.
L'unica cosa che prova la nostra crescita morale o mentale che sia, è la scrittura.
Pensateci: scrivete perché avete qualcosa da dire e se scrivere è un'inclinazione scriverete per tutta la vita (non per forza su un blog, non per forza perché sarete scrittori, semplicemente perché è il vostro modo di far chiarezza con voi stessi). Ed è per questo che il nostro modo di scrivere si evolve, si fa l'unico vero spettatore del nostro vivere, crescere, imparare dalla vita.
Voi direte che ho fatto la scoperta dell'acqua calda e forse è vero. Non mi sono mai fermata a pensarci, però.
Ho letto blog di persone che nel marzo 2009 temevano di non innamorarsi mai più e che nell'ottobre 2014 si sono sposate. Ho letto blog di qualcuno a cui la maturità non è andata bene e adesso sta per laurearsi in giurisprudenza. Ho letto di timori, paure, sogni, inclinazioni ma soprattutto sentimenti che sono cresciuti, che sono diventati adulti. Incredibile come la scrittura sia capace di tutto questo.
Ieri notte, dalle undici fino alle cinque ho letto la vita di una persona. Sono cresciuta, in una nottata, con una persona che neppure conosco.
E non ci sono parole. 

lunedì 15 agosto 2016

Le luci dell'alba e l'agonia di un tramonto

I've lied to myself
lying on my bed
asking for somebody
who could not lie.
Who could tell me the truth
about me, about what I look like
about what mirrors keep hide.

Ho mentito a me stessa
stesa sul letto di camera mia
chiedendo a qualcuno, cercando qualcuno
che non potesse mentire.
Che potesse dire la verità
su me stessa, su ciò che sembro adesso
su ciò che gli specchi ancora nascondono.

domenica 14 agosto 2016

Attorno il buio, a brillare il tuo nome


Il colore dei tuoi occhi
mi ha preso in giro.
Nessun dannato dovrebbe mai avere
l'acquamarina incastonata nelle pupille.

Se brilla la luce, non spegnermi

Mi sento osservata come se tutto quello che dicessi o scrivessi fosse cifrato in tutti i modi, fosse svuotato da tutti i ''sensi'' per cercare quello che è invisibile - come quando svuotiamo la borsa piena di roba per trovare le chiavi di casa, per esempio -.
A volte, non è cosa giusta denudarsi, svestirsi dai propri segreti. A volte, come queste volte, è meglio crearsi un vestito che non è il nostro perché sapere che gli altri sono a conoscenza di un qualsiasi punto debole non ci fa dormire tranquilli. Manco di fiducia? No, o forse sì?
Non voglio che qualcuno mi conosca più di quanto mi conosco io, non voglio che gli altri sappiano dove soffro di più il solletico o quale lato del mio carattere è più fragile.
Farlo sapere agli altri significa mettersi a piedi scalzi su un ponte coi vetri conficcati nei piedi e resistere al dolore, pur di non buttarsi dall'altro lato.
Ho mentito.
Non ci ho rinunciato.
Col tuo attentato hai messo giù tre piani del mio palazzo, eppure questo mio desiderio, questo mia ossessiva e distruttiva passione non l'hai abbattuto. Non ti avrei mai lasciato entrare così tanto da poter scegliere per me.
Ho mentito e non volevo. Eppure, non volevo neppure che i tuoi pregiudizi mi intralciassero il cammino.
In questo momento per me sei una serpe, in questo momento io sono Eva. Ed ho fatto ciò che non pensavo mai riuscissi a fare: ho rinunciato a me, a quello che volevo io. A quello che mi veniva offerto senza pretese, e tu sai bene che nella mia vita ogni cosa che mi è stata data doveva essere ricambiata, a partire dai soldi per finire coi pompini.
Non posso coinvolgerti. Non posso dirti che mi sento felice, che ho paura, che quando mi tocca l'unica cosa di cui mi convinco è che va bene, è giusto così.
Ti ho mentito. E quando mi chiedi di farti entrare, io ti chiederei come potrei mai farlo se non ti metti dalla mia parte ma da quella degli altri, di tutti il resto.
Sei la voce della mia coscienza o la voce della coscienza della società in cui esistiamo?

venerdì 12 agosto 2016

Promemoria

Sperare per nulla è da stupidi, far sperare per nulla è da bastardi.
E a proposito delle tue promesse, ti cito una bella pagina su facebook:''Avevi promesso che mi avresti regalato un weekend al mare assieme e ora non ti ricordi nemmeno quando compio gli anni''.



Le promesse non si dettano
non si firmano.
Si suggellano con le iniziali
impresse sulle labbra
di chi sa far testimoniare i sentimenti.

Ad Ilaria la Grecia non piaceva, forse

Eravamo a tavola e salta fuori una questione che a dir la verità, fino a un certo momento, non mi interessava poi così tanto.
Si parlava di questa Ilaria che aveva lasciato che il suo ragazzo andasse solo con un suo amico in Grecia, per le vacanze estive, nonostante questo presunto fidanzato le abbia chiesto di partire con lui. Si parlava, insomma, di questa Ilaria che probabilmente - per mille questioni diverse - o era scema per davvero o semplicemente faceva finta di essere tonta.
Mi è stato chiesto:''Se il tuo ragazzo ti chiedesse di partire all'ultimo minuto con te ed un suo amico, tu lo lasceresti andare oppure no?''. Ho risposto, quasi ovvia, che volente o nolente il mio lui sarebbe partito comunque, indifferentemente da ciò che penso io (perché, come ho sempre detto e adesso capisco perché a perderci sono sempre io, le persone sono libere di fare ciò che vogliono).
Assunta, guardandomi e quasi volendomi spiegare un qualcosa che avrei dovuto capire da sola proprio adesso che sono giovane, spiegò che quando ci si ama o ci si tiene a tutti i costi o semplicemente è tutta una barzelletta. Riferendoci alla questione di Ilaria: o lei sarebbe partita con lui o lui non sarebbe partito, perché fra persone serie ci sono ruoli e parti da mantenere.
Non ho mai visto le cose in questa maniera. Probabilmente perché una parte di me continua a pensare che sia una stronzata, un ragionamento cretino.
La possessione e la gelosia sono due dei miei difetti più terribili, eppure non ho mai lasciato che la gelosia ostacolasse il mio rapporto col solo ''fidanzato'' serio che ho avuto. L'ho sempre vista in questo modo: io faccio ciò che mi pare nei limiti e tu fai ciò che ti pare nei limiti, anche se io non ho mai fatto nulla - ai limiti non mi ci sono neppure avvicinata - e vedendola chiaramente, sono sempre stati i ragazzi a superare i limiti che io concedevo.
Per questo, una parte di me inizia a pensare che magari il ragionamento possa filare. Che non ci sono limiti, che in amore o si ha tutto o si ha niente, che farei bene ad essere com'è la mia natura, senza nascondermi dietro i ''limiti''.
Quella questione mi ha interessata parecchio. E ripenso, dopo due giorni, a una me nei panni di Ilaria. Partiamo insieme o in mille casi resti qui? E' una stronzata di ragionamento o cerco solo di giustificare me stessa?
Limiti, limiti, limiti. Sono ripetitiva. Certe cose non le concepisco per colpa dell'età o non le capirò mai?

lunedì 8 agosto 2016

E il mio futuro?

Mio padre, che dalla vita non ha avuto niente a parte la cassa integrazione, mi ha sempre detto che se avessi studiato avrei avuto un futuro. Mi sarei fatta la casa al mare, la bella macchina, la bella casa. Perché senza un buon lavoro non ci sono soldi e senza i soldi la vita è quello che è.
Mia madre, invece, mi ha sempre detto che studiando mi sarei creata una cultura. E la cultura ci rende superiori, ci rende responsabili di fatti e di cose, ci rende capaci di interpretare ogni cosa ma soprattutto ci rende liberi, liberi di pensare.
Io, invece, ho sempre detto a me stessa che avrei dovuto studiare per non dover dire ai miei figli di studiare e per non dover dire ai miei figli tutte le palle che mi dice mia madre.
Sia chiaro: apprezzo la cultura. Eppure sono sempre stata convinta che per queste cose ci debba essere un'inclinazione naturale.
Puoi aver fatto il classico, puoi aver superato i test per medicina, ma se non approcci alla vita con inclinazione, con intesa, allora è come se campassi praticamente di niente. Diciamo così.
A me piace studiare, a me piace andare a scuola, a me piace sbattere la testa per due ore di fila sul libro di greco. Ho sogni, ambizioni, progetti e desideri, ma più cresco in quest'ambiente più mi accorgo di quanto sia malsano.
Alla cattedra ci sono professori che non amano il proprio lavoro e di conseguenza, come ben possiate intuire, le loro ''lezioni'' non appassionano nemmeno le mosche attaccate alle vetrate. Nell'istituzione scolastica vige una sola regola: la raccomandazione. E nel mondo lavorativo vige e irrompe una sola regola: se i posti a medicina non ci sono e se ingegneria non fa per te, fai il professore, punisci scolasticamente dei poveri cristi che come te, avrebbero voluto entrare a medicina.
Ho le idee chiare sul mio futuro: voglio insegnare.
E quando mi chiedono perché voglia per forza fare un mestiere che mi farà lavorare precariamente per tutta la vita, io dico che questa è la mia inclinazione.
Quando ero piccola giocavo a fare la maestra, alle medie adoravo spiegare l'argomento del giorno a quelli che non avevano studiato e adesso che sono alle superiori adoro discutere, conversare, entrare nella letteratura. Sì, vorrei essere un insegnante: italiano e latino, perché col greco non c'è stata intesa (colpa di un docente che parafrasava la teoria invece di spiegarla come si dovrebbe? Forse sì o forse no).
Mi dicono eh, ma guarda che c'è mia zia che a 40 anni ha preso la cattedra! Eh, ma guarda che si lavora poco. Eh, ma guarda che è un lavoro che è destinato a morire. Eh, ma guarda che è difficile in questo campo. Eh, ma guarda che studierai tantissimo per concludere nulla.
Eh, embé? Non è forse la mia carriera? Non sono forse le mie ambizioni?
L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, ma vorrei dire a mio padre che la casa al mare, la casa bella e il macchinone li potrò avere solo se lavorassi in inculandia.
Perché l'Italia è una repubblica democratica che dà un'opportunità a chi sta già a buon punto nella vita. L'Italia non lascia spazio a chi vuole emergere, a chi la laurea non la compra, a chi c'ha una cazzo di testa ma a medicina non ci entra perché non ha la spinta.
Così come per le caste sociali in India, così in Italia col lavoro. Come nel Medioevo, i latifondi vanno da padre in figlio, la ''ricchezza'' e la soddisfazione vanno solo ai figli di chi già ce l'hanno.
Magari tra dieci anni sarò laureata, magari sarò anche felice di essere un'insegnante che insegna precariamente. Ma lavorerò comunque alla Vodafone per permettermi anche solo un cesso in cui pisciare.

mercoledì 3 agosto 2016

Ho conosciuto un uomo

Cos'hai, tu, da offrirmi in questa vita? Il tuo amore? Il tuo malato, proibito amore?
Cosa potranno mai darmi tutti questi anni di differenza in quella che deve essere la mia vita con te?
Mi vuoi dentro casa, mi vuoi nella tua quotidianità; ma che quotidianità potrà mai esserci tra me e te?
E' reale questo nostro legame?
Cosa vuoi da me? Quella che sta iniziando potrà mai essere una storia? Non puoi volermi bene come una donna, sono una bambina. Non puoi voler bene a una bambina, sei un uomo.
C'è qualcosa di giusto in quello che sta nascendo tra di noi? C'è qualcosa di consentito in quello che ci diciamo, in quello che progettiamo, in quello che vorremmo fare?