venerdì 28 luglio 2017

Non ero l'unica per te

I miei demoni cavalcano i miei pensieri
si anneriscono i miei occhi, si stringono le dita su loro stesse
corrugo la mia fronte, le mie labbra schiuse, ghigno.
L'aria che tira mi fa afferrare una pistola
carica delle stronzate a cui non ho mai replicato.
Siamo io e te, nel parcheggio in cui ti scuoierò la pelle.
In cui ti squarcerò la gola.
Tu non mi meriti.
E le tue spalle che si voltano, spavalde
e la tua faccia che si gira mentre ti fisso aspettando che mi parli
contano più delle tue tante parole.
Vali zero.
Mi hai atterrita
e non ti sei preoccupato di come avrei fatto a rialzarmi.

sabato 22 luglio 2017

Alla fine li ho tagliati



E alla fine? Alla fine li ho tagliati.
Senza dire niente a nessuno, un giorno sono corsa dalla parrucchiera e li ho tagliati. Corti, cortissimi.
E le mie spalle si sono scrollate i dissapori, le tristezze, quelle mani il cui tocco voglio cancellare dalla mia memoria.
Voglio essere una persona diversa. Qualcuno che nessuno potrà riconoscere.
Voglio essere nuova.
Voglio rinascere in un nuovo corpo, in un nuovo modo di essere, in un altro nome.
Voglio cancellare ciò che sono. Perché adesso, proprio adesso, mi sembra di vivere a metà: a metà tra l'essere me e a metà tra il vivere la vita di un'altra persona.

giovedì 20 luglio 2017

Ti ho portato solo rose nere



Ho avuto i polsi bruciati
e nessuno ha chiesto quale fosse l'estintore.
Ma a chi brucia non si chiede come spegnere ciò che divampa
a chi brucia si chiede di bruciare.
Bruciare, scaricare, devastare
ma poi farsi stringere e fare ordine.
Vorrei sentirmelo dire,
facciamo ordine.

mercoledì 19 luglio 2017

check out



Torno coi piedi per terra.
Si prosciuga la mia mente, torno disillusa
sulla strada di casa.
Il viaggio è finito.

Erano belle le nuvole, quand'ero bambina pensavo che fossero grandi cuscini
di zucchero filato, appiccicosi al tatto
e invece, è solo aria. Aria bianca che scompare agitando una mano.
Non è vero che gli stormi si adagiano sulle nuvole e riposano le ali
gli uccelli si perdono e si cercano, cinguettano funesti
ma poi si guardano indietro
e scampato il pericolo, accantonano il ricordo di ciò che è perso.
Disillusi dalle altre mille nuvole che li hanno inghiottiti.

E' così con te.
Sei tu la mia nuvola. 

martedì 18 luglio 2017

Levi's

io che c'ho solo guai dentro le tasche dei miei levi's
vorrei rubare i desideri a fontana di trevi
abbiamo lo stesso sangue, no, non serve che mi spieghi
te dimmi dove sei mi faccio tutta roma a piedi


ma tanto tutto passa
passa questo casino in camera mia
passa l'odore di chiuso, l'odore di morto
passa il mio vizio di fumare e di perdere sempre la cognizione del tempo
ma tanto tutto passa
forse dovrei cambiare aria, prendere il primo volo alitalia
ma poi mi guardo allo specchio
poi guardo le cartacce in giro per la scrivania
le carte delle merendine che mangio e rimangio
la cenere della mia voglia di stare tra la gente
e torno a letto
la stessa canzone messa e rimessa all'infinito
vomiterei tutto l'eccesso che ho accumulato nel pozzo del mio stomaco
tutto quello che ho mangiato, tutti i groppi in gola che ho buttato giù
tutte le parole che mi sono mangiata parlando con chi sputtana la mia logistica
tenetevi la vostra cazzo di poetica

- V di vaffanculo

martedì 4 luglio 2017

routine del cazzo

Queste giornate passano tutte nello stesso modo.
Mi alzo frequentemente per poi tornare a dormire dalle sette alle nove, in modo da controllare se mia sorella dorme oppure no.
Mi alzo, accendo la tv, metto il latte nel pentolino odiando il fatto che poi lo devo lavare, butto giù dei cereali, controllo il cellulare, e faccio su e giù dal divano al balcone. Fumo e bevo caffè, fumo e bevo caffè.
Sistemo la mia stanza, mia sorella si sveglia e faccio lo stesso: metto il latte nel pentolino odiando il fatto che poi lo devo lavare, butta giù dei biscotti, la lavo, l'asciugo e si mette al computer a vedere qualche film disney.
Sistemo la cucina, controllo il cellulare, pianifico cosa fare nel pomeriggio.
Aspetto che mamma torni, quando torna mia madre pranziamo, poi mi faccio una doccia, poi mi asciugo e aspetto che si facciano le cinque e mezza.
Alle cinque e mezza mi aspettano a scuola guida: un'altra guida penosa, un'altra guida andata male, sarà la prossima.
Torno a casa, mi cambio, scendo.
Auricolari, scarpe da ginnastica, faccio due passi, una corsetta, qualunque cosa pur di far qualcosa.
Torno a casa, mi lavo, ceno, mi metto sul letto.
Scrivo qualcosa, faccio finta di scrivere qualcosa, a mezzanotte crollo.
Dormo, beatamente, poi mi alzo dalle sette alle nove per vedere se è sveglia.
Queste giornata passano tutte nello stesso modo e non vedo l'ora che passino tutte.

domenica 2 luglio 2017

armonia e caos

(non ho le palle di rileggere)

Sono giorni, giorni tremendi. Giorni in cui non tollero la mia voce che si muove dentro di me per parlare con gli altri.Giorni in cui non tollero la presenza di nessuno.
Certe volte, improvvisamente, mi estraneo. Mi tiro fuori dalla realtà. Certe volte, improvvisamente cambio.
Mi trasformo in una persona che ho conosciuto tempo fa, quando credevo che non esistere mi avrebbe aiutato a non soffrire più di tanto. Mi trasformo in una persona con cui ho smesso di avere a che fare da un po'. Non ho più dimestichezza con questo lato di me stessa che odio, odio profondamente, eppure è necessario, per come mi sento adesso.
Non sbuffo, sospiro. Non parlo, ma neppure gesticolo, mi esprimo con gli occhi, mi faccio capire.
Non mi va di parlare. Non mi va di ridere. Non mi va di stare con gli altri, perché non c'è un minuto in cui non mi risulti difficile seguire certi discorsi. Perdo il filo, inciampo sui miei pensieri, e ppuff ... non penso più a niente. Un minuto prima nella mia mente il putiferio, un minuto dopo non c'è nulla che sappia dire. Me le hanno dette di tutti i colori.
Non sai mai che dire, è sempre tutto a posto, non ci dobbiamo mai preoccupare, non c'è nulla che non va. Mi dicono che so dire questo. E io lo odio perché non sono scuse, è solo quello che c'è nella mia mente quando gli altri mi parlano: niente. Vado in crisi. Non so che dire, ma non lo recepisco come un problema, non lo avverto come un qualcosa di ''pericoloso''. Diventa un problema per me quando gli altri mi pongono la questione come un problema, ma non tanto per la cosa in sé, ma perché è un problema che gli altri pensino che io sia un problema. Perciò non si devono preoccupare, perché se si preoccupano per me è solo più difficile, è solo più impegnativo sopportarlo. Non c'è nulla che non va, sì, questa è una bugia.
E' una bugia perché non è vero che non c'è nulla che non va. Mi sento strana, ho l'assillante preoccupazione che questo senso di strano permanga per me molto tempo ancora.
Rido, esco, socializzo, faccio la simpatica, trucco, tacchi, orecchini super giganti, ego pompato e sicurezza che tramuta in sicurezza nei gesti, nei movimenti, negli atteggiamenti. Rimorchio, mi faccio corteggiare, esco, rido, ballo, bevo, sembra che tutto vada come deve andare. Mi svago e sto bene. Poi dopo pochi giorni, dopo poche ore, dopo poche settimane, qualcosa torna a turbarmi.
Senza motivo. Senza causa. Senza accidente che venga a interrompere il mio buonumore. Senza un lampo o tuono che annunci il temporale.
Così, all'improvviso, mi chiudo in casa, ascolto le stesse canzoni, scrivo, disinstallo whatsapp, disattivo la sim, nessuno può parlarmi, nessuno può cercarmi, nessuno può venire a togliermi da questo profondo stato di distacco dalla realtà, dalla comitiva, dalla famiglia, da me.
Tutto il giorno sul letto, esco per una corsa, butto giù qualcosa, e se mi chiedete cosa penso io non lo so. Io non lo so.
Non lo so.

Il mio disturbo

Diciotto candeline su una torta di compleanno,
mi hanno chiesto il desiderio
ed io, zitta, chinata, pronta a spegnerle una ad una.
Misi il vestito, uscii a ballare
brindai, tutti i calici a mezz'aria, auguri a me.
Diciotto candeline 
diciotto fitte allo stomaco, diciotto fiori in un bouquet,
li ho odorati tutti.
Diciotto candeline spente
gli occhi chiusi, la bocca socchiusa in un soffio di leggera attesa.
Mi hanno chiesto il desiderio
non ricordo a che pensai.
Adesso penso a un cappio stretto bene
e il mio umore che penzola dal soffitto
coi piedi che svolazzano nel vuoto e la bocca socchiusa come quel soffio.
In leggera attesa, pietrificata nell'assenza di un'anima
compio il mio suicidio lirico.