lunedì 30 novembre 2015

Incoscienza




E' come risplendere sotto il sole 
dimenticandosi della luce propria.
E' come camminare sotto la pioggia
sotto un ombrello 
dimenticandosi che ciò che non ci bagna le spalle 
ci bagna le scarpe.
E' camminare lasciandosi dietro ogni parte di sé
come quando la busta della spesa è strappata 
e si ha l'impressione che il peso diminuisca passo dopo passo.
E' come confondere lo shampoo col balsamo per i capelli
è come dimenticarsi il bucato steso sul balcone 
è come aprire la porta di casa senza chiedere chi è che bussa
è come girare in negozio a negozio pur non avendo niente da spendere.

martedì 24 novembre 2015

Allergica alla vita tra la gente

C'è una sola cosa che odio più di tutte le altre: la patina fin troppo solida che si fa sulla cioccolata calda se la si lascia per due secondi ferma nella tazza per la colazione.
E se mi fosse concesso di rivelare solamente due cose che odio con tutta me stessa spiegherei il mio insormontabile astio per quella patina del cazzo e per chi getta le carte delle pizzette che mangia a terra, fin troppo lontano dal bidone per fingere distrazione.
Odio gli uomini completamente schifosi, che pur se padri e nonni, non fanno altro che fischiarti dall'altro lato del marciapiede come si fa con le prostitute di Via Nuova.
Odio i professori ignoranti, quelli che c'hanno due lauree e non sanno mettere in fila due parole, quelli che pur non conoscendo l'italiano insegnano latino e greco e pretendono di valutare i propri alunni con l'agio del quattro e del cinque.
Odio chi si fa le canne in bagno e non ti fa nemmeno fare un tiro.
Odio i cornetti del bar vicino scuola che sono sempre troppo vuoti, le marlboro che costano sempre più e quelli che quando camminano per strada non occupano uno spazio ben preciso ma si muovono a cazzo di cane.
A proposito, odio quelli che portano a cagare i loro cani nei parchi pubblici e non hanno nemmeno la decenza di pulire il posto che sporcano. Odio il camion della raccolta differenziata che passa sempre troppo tardi, quel fottuto gatto della vicina che non smette nemmeno un minuto di rovistare nelle buste della spazzatura. Quelli che parcheggiano sulle strisce pedonali, quelli che per strada si fermano e pretendono che tu stia lì ad aspettarli mentre occupano tutto lo spazio.
Ma andate a 'fanculo.

Niente più da ricordare

Ho ancora la tua felpa nel cassetto.
Quella nera.
Quella nera con la chiusura lampo e le maniche grige, quella che praticamente ti trascinavi sulla spiaggia ad aprile perché ''faceva caldo''. Quella che poi presi, piegai e misi nella borsa. Quella che mi dicesti di portare con me, così da pensare che nonostante stessi lontano avrei avuto perennemente il tuo fiato sul collo, il tuo odore addosso.
Quella felpa non è mai stata spostata dal cassetto in cui sta.
Quella felpa non è mai stata né toccata né tanto meno più indossata da me.
E se cinque mesi fa adoravo metterla appena uscita dalla doccia, illudendomi di poter abbracciare una parte di te, adesso non riesco nemmeno a vederla nell'ultimo cassetto dell'armadio.
Sta lì, da sola, senza che nessuno la tocchi, senza che nessuna cosa sia in contatto con lei.
Non mi emoziona più vederla lì sola ma non riesco a ricoprirla di altri miei vestiti: perché il tuo odore non dovrà esser mai più sentito, perché i miei vestiti non dovranno mai più sapere di te, perché niente deve ricordarmi te.
Ciò che è mio, rimane mio. Ciò che è tuo deve essere cancellato, bruciato, gettato nel bidone delle cartacce nella mia stanza.
Quella felpa mi terrorizza e non riesco ad aprire quell'inutile cassetto perché ho paura del tuo odore invasivo, che temo si disperdi per tutta la stanza, per tutto il mio corpo, come fanno i dolci di mamma mentre cuociono nel forno durante i giorni festivi.

venerdì 20 novembre 2015

O' ssaje comme fà o' core

In un'intervista, a Massimo Troisi è stato chiesto quanto fossero importanti per lui l'amore, la passione e l'amicizia. Non ricordo precisamente com'è che rispose, ma ricordo con sicurezza una sua affermazione riguardo le passioni e l'amore. Spiegò che, a parer suo, l'amore ha un valore quasi inestimabile. L'amore non muore mai, perché lo stesso briciolo d'amore che si perde è possibile ritrovarlo in ogni singola passione, in ogni singola persona. Ripeté più volte che l'amore non può essere un qualcosa di distruttivo, che l'amore non è malattia. Perché la malattia ci fa morire e basta, con la malattia non c'è via d'uscita. Con l'amore è diverso: l'amore non ci fa morire e basta. L'amore torna, l'amore c'è sempre anche quando non lo vediamo e anche quando ''non siamo amati'' c'è sempre qualcuno o qualcosa che ci testimonia ancora la sua presenza. Ricordo bene l'esempio che fece riguardo ciò: l'amore, se fosse malattia, non lo vedremmo negli occhi della tabaccaia giù al bar. Non lo vedremmo da nessuna parte e se morisse in ognuno di noi ci sembrerebbe anonimo, quasi invisibile.
Troisi riteneva la passione importantissima nella vita di ogni singolo uomo e, a detta sua, rifiutare una passione è da veri stupidi poiché poi alla fine bisogna aspettare la prossima. Non si deve avere paura delle passioni perché sono appunto passioni. E se mai ti chiedessero: ''Perché non è durata?'' bisognerebbe semplicemente rispondere dicendo:''Era una passione, per questa non è durata''.
Ma cosa significa passione nel senso stretto della parola? E tramite quale accordo si decide se l'essenza di una relazione debba essere passione o amore? Sotto quale criterio? E se ciò che per me fosse passione per lui non sarebbe che amore? E se fosse il contrario? Troisi la fa facile. Non bisogna avere paura. No!
La verità è che non bisogna avere paura, bisogna addirittura esserne sgomentati. Bisogna fare tanta attenzione alle passioni e all'amore, poiché si tratta di un mondo puramente illusorio. Un mondo in cui realtà e fantasia si fanno guerra e a te non resta che ignorare ogni cosa, a partire dalle passioni per finire con l'amore.
Sarà una mia semplice complicanza ma vedere negli occhi del barista l'amore che non mi vibra dentro da un po' di tempo è a mio parere malattia. Una malattia demolitrice, che distrugge ogni parte di noi e più che col desiderio di amore ti lascia dentro il desiderio di non averlo mai conosciuto, l'amore.
Diciamo che quell'intervista mi sta tormentando la mente.

domenica 15 novembre 2015

Signorilità

''Get off my mind, give back my heart, and get the fuck away from me''.

E' un tormento.
Un continuo calvario.
Tutti i giorni la stessa croce.
E spesso mi chiedo ''ma perché?''.
E il perché non c'è.
E spesso mi dico che la colpa è mia.
Ma poi ti osservo e mi dico che sì, sei mostruosamente infame.
E quindi me ne convinco ogni secondo di più: la colpa è tua.
E tua la colpa, tua la punizione.
Mio il calvario, mia la vittoria.
Io mi limito all'osservazione, alla deduzione.
Mi limito ai cazzi miei.
E a te non resta che sopperire, che bruciare mentre ti guardo morire per le tue stesse puttanate.
Come Nerone con la sua Roma.
Sei una persecuzione.
Un supplizio.
Un'assillante bruciore all'altezza del petto che divampa in fuoco ad ogni metro che ci avvicina.
E non ti resta che scappare, mi dici.
Correre quanto più lontano da me e da quello che ti ho fatto diventare.
E se ti dicessi che in questo morboso gioco che è l'amore a scappare devi esser tu, questa volta?
Più ti guardo e più mi assale il desiderio di sbranarti.
Di ingoiare ogni parte del tuo essere.
Di dilaniarti l'anima e squartarti senza alcuna pietà.
Come Crono coi suoi figli.
Più ti guardo e più ti odio.
Serbo più rancori che gioie.
E mi hai uccisa come fa un cacciatore con un cervo.
E hai venduto la mia forza come si vende il fumo: di nascosto, non mostrandomi quello che era in realtà il tuo scopo.
Mi hai venduta come si vendono le puttane.
Mi hai schiacciata come si schiacciano gli scarafaggi nelle cantine.
E adesso che strisci sotto i miei piedi non ho la cattiveria di calpestarti.
Ma ho almeno tre grammi di vendetta che mi danno il potere di scostarti dalla mia strada col piede destro.
Come fanno i passanti sul corso Resistenza quando devono togliersi dai piedi le bottiglie di birra lasciate lì il giorno prima.


giovedì 12 novembre 2015

Maledetta fermata

E’ da un po’ di tempo che mi tengo occupata stalkerando un ragazzo che vedo ogni giorno alla fermata dell'autobus.
Credo che abbia attirato la mia attenzione perché ho la convincente impressione che i suoi comportamenti siano simili ai miei: è gentile, lo sento spesso dare il buongiorno a chiunque proprio come faccio io. Cammina con le mani nelle tasche della felpa e nella tasca del pantalone tiene sempre il cellulare al quale sono sempre collegati gli auricolari. E’ altissimo, troppo magro e porta sempre tute larghe necessariamente grige. Gli ho visto ai piedi le adidas superstar bianche e nere, come le ho io. Cammina con gli occhi fissi a terra e in un primo momento mi ha dato l'impressione di una persona triste. Qualche settimana fa ho visto la somiglianza più sconvolgente di tutte: quando cammina per il vicolo della fermata, abbastanza lontano dagli altri ragazzi che prendono il pullman per andare a scuola, sbuffa. Sbuffa, ha l'aria scocciata e imbronciata e spesso si stropiccia gli occhi e mi sembra tristissimo. Una tristezza che non ho mai visto negli occhi di nessuno. Superiamo il vicolo, si avvicina ai suoi amici e fa semplicemente ciò che faccio io coi miei amici: ostenta disinvoltura. Ecco cosa sottolinea la somiglianza tra di noi: entrambi facciamo finta che non ci sia niente di cui parlare e semplicemente ne parliamo con noi stessi. Credo che non si voglia molto bene e che, quasi sicuramente, cerchi il metodo giusto per non pensare a ciò che lo tormenta continuamente. C'era anche lui al corteo di martedì e l'ho visto rollare un bel razzo che aveva finito di fumare in nemmeno cinque minuti.
Mi ricorda tanto me.
Divoriamo ciò che ci fa male in modo da convincerci di potere tutto. Farmi le canne, così come per me e così come per lui, credo sia l'unica cosa che mi dà il potere di decidere per me: è un quarto d'ora, se ti va bene, di incoscienza e spensieratezza che ti libera da qualsiasi preoccupazione e da qualsiasi malessere psicologico. Rientri in te, diventi padrone dei tuoi cazzo di pensieri e sai giostrarli come cazzo vuoi.
Mi ricorda troppo me.
E’ come se vedessi me stessa in una versione maschile, molto più alta e molto più magra. E’ quasi assurdo.
Oggi però la sorte non si è accontentata di vederci a due metri distanti.
Oggi si può dire che ci siamo tecnicamente presentati, ecco.
Stamattina non ero in ritardo ma lui sì. Ero sul marciapiede destro e d'improvviso me lo trovo davanti. Salto dalla paura esclamando col fiato corto:“Madonna!”.
Mi sono casualmente “difesa” mettendogli una mano all'altezza degli occhi e lui mi ha abbassato la mano non simulando alcuna espressione. Gli ho poi chiesto scusa ma non sono riuscita a sentire nessuna replica, dato che tra l'altro avevo gli auricolari con la musica ad alto volume e non capivo un cazzo.
Quel contatto mi ha quasi imbarazzata, di fatti subito dopo il piccolo incidente ho continuato a camminare dritta e rigida più che mai.
Non mi sono voltata per vedere se magari anche lui si voltasse. Non ho più tolto gli auricolari per tutto il cammino perché non c'era più nulla che meritasse la mia attenzione.
Lui mi ha preso per il polso, ha probabilmente sentito l'odore del mio profumo e sa, adesso, di che colore sono i miei occhi (anche se, riflettendoci, chi mi dice che sia così interessante sapere queste cose così ridicole su una persona di cui non si conosce neppure il nome?).
Io, invece, so meno di niente.
Non so se avesse o meno gli auricolari, non so se magari aveva detto qualcosa, non so che pensa adesso, non so se le pippe mentali se le fa pure lui così come me le faccio io.
So solo che mi incuriosisce fin troppo e che pagherei in contanti per sapere anche solo come si chiama.
Può un incontro del genere condizionarti così tanto?!

sabato 7 novembre 2015

Svigorirsi



Sbiadisco 
nei tuoi ricordi
e nella tua quotidianità
mentre tu continui a scrivermi dentro
come un pennarello nero.
Nero marchiato di esasperazione 
nero di un'importanza che opprime il blu dei giorni miei
rendendomi stranamente insofferente.
Come se non esistessi
come se non fossi mai esistita.
Sbiadisco 
come il tatuaggio 
sulla pelle di un anziano latitante
che corre senza mai guardarsi indietro
senza mai ricordarsi dei delitti e dei castighi 
delle condanne e degli interrogatori in tribunale.
Sbiadisco 
oppure sono già sbiadita?
Ti ricordi almeno il colore degli occhi miei
o sono già diventata la polo scolorita nella lavatrice dei ricordi tuoi?
Magari mi butterai. 
Magari mi getterai via senza nemmeno pensarci
e che ne sarà mai di me?
Sbiadisco piano piano
mi dicono
ma io mi sento già priva di ogni colore.
Mi sento già grigia
priva di qualsiasi sfumatura lontanamente paragonabile alla splendida versione che dai di te.
La luce batte sopra il mio capo
e il rosso dei miei capelli sembra più rosso che mai 
e il verde degli occhi miei è più chiaro del solito 
e affogo nel mio riflesso
che maschera il grigiore dell'umore mio 
e affogo nelle mie stesse lacrime
che quasi non si vedono
che solcano ogni centimetro del mio viso
che sa così tanto di te.
Mi osservo. 
Scosto i capelli di lato 
e mi sembra di sentirle le tue labbra sul mio collo.
Quel rosso è ripugnante.
E quel verde riflette troppe cose. 
Dieci passi indietro.
Inumidisco la manica della felpa 
asciugandomi il viso
e poi capisco.
Sono seta.
Seta cenerina 
e se non saranno le tue dita ad accarezzarmi la mattina 
quando fuori fa freddo e mi sembra di esser tutt'uno col cielo
lo faranno le mie dita ruvide, stropicciate, infreddolite
che impareranno ad amarmi 
tanto quanto mi hanno amato le tue 
che impareranno a conoscermi 
ad accarezzarmi l'anima quando inizia a farsi più scura.
Fino a diventare nera. 

martedì 3 novembre 2015

Come quando giocavamo a ladri e poliziotti




Batte nel mio petto come pioggia su vetro.
Dilania l'anima mia 
spezzandola in due parti sconnesse 
che disabilitano ogni mio accenno di dimenticanza.
Riscaldo il mio malumore 
non riuscendo, comunque, a sbrinare 
il ghiaccio dei ricordi miei
che surgelano ogni mio movimento
come quando giocavamo
a ladri e poliziotti
e ci congelavamo ad ogni tocco ed ogni spinta.
Oggi abbasso la testa all'apatia
e mi arrendo ai ricordi.
Oggi abbasso la voce
per non alzarla troppo
e alzo le mani 
arresami alla tempesta.