venerdì 30 giugno 2017

Empatia che non esiste


Fottitene. Corri e vai, che tanto a questa gente importa niente se tu non ci stai.
Fottitene. Corri e vai, che tanto non importa quanto lotterai.

Corro. Corro e dentro grido.
Dentro di me c'è una voce che reprimo a fatica. Mi strapperei i capelli, mi strapperei la pelle di dosso, mi prenderei a morsi le dita.
Perché, perché, perché, la gente vuole sapere questo. Maschera i perché con una finta empatia che mi fa stendere gli aculei e mi fa avanzare nella mia tana, chiudendomici dentro, di nuovo, per un altro lungo gelido inverno.
Perché, perché, perché, non avete altro a cui pensare. Vi celate dietro un finto interesse per godere della mia debolezza.

domenica 25 giugno 2017

fermarsi a pensare



Ovunque io porti lo sguardo, ovunque io tenda orecchio, la mia mente sintetizza una sola unica parola, un solo ed unico messaggio che fa da input alle mie riflessioni: leggerezza.
Borbottano:''Nella vita ci vuole leggerezza'', consigliano:''Nella vita non devi essere pesante''.
Ma che ne sapete voi della vita? Che ne sapete, voi, della mia vita?
Ovunque, sul mio corpo, la mente scrive a penna nera: esigo leggerezza, esigo leggerezza, hai bisogno di leggerezza. Come se anche la mia mente avesse firmato una coalizione anti-me.
Ma come si fa ad essere leggeri? Come fate a mettere da parte i vostri mille pensieri, le vostre mille paure, il vostro vissuto, le vostre paranoie, i vostri dubbi, i vostri pregiudizi, le vostre impressioni, il vostro sesto senso, la vostra intuizione, il vostro spirito di dissociazione? Come fate ad essere leggeri?
Lo capisco adesso, scrivendo ciò che state leggendo, voi riuscite ad essere leggeri quando dovete fare i conti solo con voi stessi., quando non avete terze persone, nessuna spiegazione da dare, nessuno che vi metta in crisi. Non so se potete capirmi, non so se mi faccio capire.
Dicono, siamo leggeri quando prendiamo le cose così come vengono, senza l'ansia di dire di fare di chiarire di programmare. E invece, no, quella per me non è leggerezza. Quello è vivere per vivere, accontentarsi di come viene e se non viene come speravamo, continuare ad accontentarsi finché non si gira la frittata.
Nella vita ci vuole leggerezza. Ed io, leggera non lo sarò mai.

giovedì 22 giugno 2017

<< Non sente nessuno >>

Ma se la folla dice buttati
e tu sei su un precipizio
non puoi non buttarti
perché la debolezza è una mano
che fruga nel tuo stomaco e assottiglia i sensi
tanto da rendere flebile la cognizione della realtà.
Se la folle poi dice non buttarti
tu calati in te stesso a costo di non vivere il reale
che non esiste, se non solo nella tua testa
questo concetto sdradicato dalla tua sensibilità.
Ma se la folla ti dice buttati
non fingere di non esistere, sei tangibile come la tua voce 
i tuoi passi, le tue partite, le tue pillole
e se la folla ti dice buttati
tu buttati, in qualunque cosa possa distrarti dall'incoscienza del tuo vivere
la maria, le poesie di Pasolini, quelle di Pavese
qualunque vizio si possa rimediare
al limite, alla fine, di questa tua vita.
E se questo non bastasse a farti vivere per conto tuo
tu sai che fare. 
Tu sai che farne. 


martedì 20 giugno 2017

Forse, non m'importa

Vi siete mai sentiti come se la soddisfazione di tutto ciò in cui riuscite dipenda da altre mille cose, e mai da voi? Come se la soddisfazione fosse vostra, ma non lo è mai veramente.
Come se foste totalmente estranei a voi stessi e solo con mille e mille gratificazioni voi vi destaste da quel senso di stordimento.
Non avete piacere di voi stessi, avete piacere solo delle moine che gli altri fanno parlando di voi.
Vi siete mai sentiti insoddisfatti, ma non perché potevate dare di più, ma perché qualunque cosa voi facciate non è mai per voi ma per un briciolo di elogio?
Arriva quel momento della tua vita in cui nessuno più ti elogia, devi elogiarti da solo. Arriva quel momento della vita in cui bisogna crederci, e io, lo dico con franchezza, non riesco più a crederci.

domenica 18 giugno 2017

La rivincita dei non ricchi di spagna

Questo post è stato scritto in un momento di importante crisi di portafoglio.
Per cui, si sconsiglia di prendermi seriamente. O forse no.


Mia madre dice sempre che chi non ha mai avuto i soldi nella vita, fa di tutto per averli e alla fine ci riesce. Ci riesce e ne conserva quanti più ne può, perché è ossessionato dall'idea di accumulare e averne sempre nei momenti più particolari.
Mio padre invece dice sempre che chi non ha mai avuto i soldi nella vita, fa di tutto per averli e una volta che ci riesce li sperpera tutti quanti, indistintamente. E finisce per diventare come i classici ''ricchi di spagna'': soldi, soldi, soldi, sfizi, sfizi, sfizi, soldi, soldi, soldi. Per mio padre è una cosa che si trasmette con cadenza irregolare, una generazione sì e una generazione no.
Ed io credo che sia fermamente così. Perché chi ha troppo e non dà niente fa crescere i propri figli con la voglia di avere sempre di più e di sprecare sempre di più, alla faccia di chi aveva e non ha dato niente. E chi cresce con genitori che non hanno regole, danno, danno, danno, senza pensarci più di una volta, o si impuntano e decidono di guadagnarsi ciò che vogliono o si lasciano andare alla mania dei genitori stessi.
Ma qualunque sia la genesi di questa teoria, qualunque sia la genesi dell'argomento ''chi non ha mai avuto i soldi nella vita'', debbo dire che se fossi io, se avessi così tanti soldi alla zio Paperone, col cazzo che starei con la taccagna di quelli che hanno e conservano.
In momenti come questi, desidererei avere tanti soldi da non preoccuparmi di niente: vacanza con gli amici? Andiamo. Trecento, quattrocento, cinquecento euro? Che cambia? Tanto ce li ho e me li mangio alla faccia vostra. Una macchina mia? E che fa. La finanziaria, l'assicurazione? Tanto sono ricca di spagna.
L'unico motivo per cui conservo, conservo e conservo, è per garantirmi nel futuro quell'arroganza dell'avere e del poter spendere, investire, sperperare.
Spesso, quando passa il mio ex fidanzato, a bordo della sua celeberrima bmw, regalata da papino, tutti i miei amici si voltano e mi dicono:''Il ricco di Spagna del tuo cuore!''.
Quell'arroganza, presunzione, ostentata ''ricchezza'' mi incattivisce. Mi incattivisce, nel senso non proprio del termine. Sbatti i tuoi duecento euro nel portafoglio ogni sabato sera a me che ne ho dieci/venti? Stupendo.
Tra dieci anni c'avrò i milioni. Nel quartiere più bello di Milano. La Michael Kors (non quella di dieci euro) e le Louboutin che adesso si equiparano a due stipendi di papà. E tu rosichi.
Perché hai sempre avuto tutto e ti manca la cazzimma. Ti manca la determinazione, l'orgoglio, la rabbia di chi ha visto gli altri pieni e punta in alto.
Succhiate, ricchi di spagna figli di papà.

giovedì 15 giugno 2017

Adesso sono qui

Adesso sono qui
Adesso sono qui da qualche anno
qui, lontano da dove mi hai lasciato
vicino a ciò che mi è rimasto
e tra le mie braccia stringo il sogno di ciò che non sono diventato.

mercoledì 14 giugno 2017

Dentro è come fuori

''Waited on you for so long, too many days since January
I'm still sitting here alone
we should have did this already.''
Il calore.
La furia.
Il sudore.
L'irrequietezza.
Non riesco a stare ferma.
Non riesco a muovermi più di così.
Rimbombano nella mia mente momenti vecchi di anni, indelebili, incancellabili, che vomito fuori dalla mia mente a fatica.
Ti odio, ti odio, ti odio.

domenica 11 giugno 2017

Immergiti

Dare alla luce ciò che vive nella nostra mente.
E' questa la cosa più bella del potere di creare.
Dare la vita ad un modo di essere, ad un modo di vivere, ad un modo di sembrare che cova nella nostra mente e dargli un nome, un'entità, una nazione, un ideale, che non è solo immaginazione.
Non solo irreale, ma surreale.
A volte mi piace pensarli come persone nate da me ma completamente estranee al mio mondo.
Parlo di Yulian e Gioia, a Roma, che odiano se stessi, la loro città, la loro famiglia. O di Jonathan che rivive l'esperienza del carcere giorno per giorno, pur se oramai è passato, pur se oramai è lontano dalle palazzine che lo hanno condannato. O di Angelica e Gianluca, che si sono conosciuti e riconosciuti ma che oramai ''è andata così''. O di Lena che non c'è più, o di Miss Jane, cameriera di colore nel primo dopoguerra. O di Davide Mezzanotte o di Elsa e suo fratello, rintanato in un vizio che lo rosica giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino ad estinguerlo completamente.
Mia madre le chiama storie, ''stai scrivendo una storia?''. No.
Sto scrivendo delle persone. Delle persone che sento vive, attorno a me. Persone che faccio rivivere appena metto dita sulla testiera del pc.
E quante di queste persone ne ho perse, quante ne ho dimenticate e quante mi piace non ricordare affatto. Come, ad esempio, Emily. O Angelique, o Lavinia, o il signor Antonio e Lady Nikky.
Nella mia mente ci sono posti, persone, vite vissute, vite mancate, vite distrutte, vite morte. Ed è come se le avessi vissute tutte allo stesso modo, con la stessa intensità con la quale vivo la mia realtà.
E' questa la cosa più bella dell'essere in grado di scrivere e dare sfogo ad una fantasia che impregna la nostra percezione di vero.

venerdì 2 giugno 2017

hospital for souls

Qualunque sia il tuo problema, fai prima a risolverlo da sola, o a non risolverlo affatto.
Perché se aspetti un segno, una mano, una piccola parolina o un piccolo sacrificio, nel frattempo che arrivino ti è caduto il tempo addosso e sei in stato di decomposizione da qualche settimana.
Non dipendo da nessuno, qualunque cosa io voglia fare, la faccio da me, senza l'intromissione di alcuno. Eppure, mi irritano. Mi irrita.
Mi irrita dover sempre essere per gli altri quello che gli altri non sono mai per me.
Lo stesso discorso che pongo lo potrebbero fare altre mille mie ''vittime'', ma l'unica cosa che mi viene da dire adesso è: ma porcogiuda.
Costa a voi tanto quanto costa a me, e perché non lo fate costare? Perché devo fare sempre tutto da me?
Voglio allontanarmi da questo mio senso di solitudine e di abbandono e la gente più mi ci butta dentro. Più emergo e più mi fanno affogare.
Non voglio essere sola. Non voglio neanche pensare di poter esserlo, ma ciononostante, io, mi sento sola.
E poi sussurrano:''Tu non sei sola''. E allora perché sono sola in tutte le cose che mi tocca fare? Non sono sola? Eppure così mi sembra.
Ma non fa nulla, ho diciotto anni, la pelle dura e una testa di merda che sopporta, sopporta, sopporta, e quando non sopporta più, fa finta di sopportare.
Continuo con me, con la mia strada. Continuo a leggere e ad indispettire la mia mente.
Sono persa.
Ma piuttosto che trovarvi, preferisco perdermi quanto più ci si possa perdere in se stessi.

Un lato di me che neppure io comprendo

- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai, con me non ci parli.
- Ma non è colpa mia.
- Tu con me non ci parli mai.
- Ma è più forte di me.
- Tu con me non ci parli mai.
- E cosa posso mai dire?
- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai.
- Ma non lo faccio di proposito.
- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai, con me non ci parli.
- Io con te non ci parlo mai. Io non parlo mai con nessuno.

Ci pensi mai?

Tratteggio sul mio corpo i punti in cui amavi toccarmi
vorrei non scordarmi mai delle tue mani su di me.
Ricalco le mie labbra con le dita
chiedendomi come sarebbe adesso
dopo tanto tempo, stare qui con te.
Mi chiedo dove sei, che fine hai fatto
se sei ancora come eri o se sei cambiato.
Se sei diventato adulto o se hai ancora
le mani di chi ha solo diciott'anni, se sei un uomo adesso
o giochi ancora con il cuore delle bambine che ti piace avere intorno.
Vorrei riconoscerti adesso, vorrei poter sapere se proprio adesso mi ameresti
adulta come sono
disillusa come sono diventata.