lunedì 20 febbraio 2017

Patetica confessione di un giorno come tanti


Se adesso tu te ne vai ...
suonano nelle mie orecchie queste parole.
Non ritornare mai, -ai, -ai
mai, -ai, -ai.
Te lo scrivo in corsivo su un foglio bianco latte
come fosse una dedica su un biglietto d'auguri
da mettere nella cassetta della posta di casa tua
nel quartiere in cui più non vivi.
Adesso che tu te ne vai
lasciandomi coi miei guai, non mi cercare mai
mai, mai
metti un punto sul mio cuore e posa l'ago e il filo.
Lasciami qui a cantare
e ad intonare le parole che non vuoi sentire.

domenica 19 febbraio 2017

End up here

Sono inquieta, ma di un'inquietudine oramai rassegnata. Come se già sapessi ciò che viene dopo, ciò che viene dopo che qualcuno, soprattutto se questo qualcuno sei tu, scopre il mio punto debole.
Il mio punto debole è lei. La gelosia che mi arriccia i capelli quando ti guarda, quando ti guarda come se volesse scoparti; la gelosia che mi fa saltare l'anima di venti metri più in alto, anche se cosciente di dover cadere, o a furia d'aspettare o a furia del tuo tenermi accesa al buio senza né chiedermi di spegnermi e né chiedermi di rimanere accesa.
Sono inquieta perché più ti guardo e più mi convinco del fatto che a te non interessi un bel nulla, perché di fatti, a te non t'interessa di me. Ti interesserebbe se, solo se e soltanto se, tu fossi in completo abbandono. Solo se e soltanto se, non ci fosse nessuno se non me.
Sento questo. Sento di venire dopo lei, che tu ammetta o non ammetta ti attrae e non puoi fare a meno di rispondere al suo richiamo di zoccola in calore, e dopo l'altra lei, che tu voglia dirmelo o no, ti parla come se voi stesse ancora insieme, come se non fosse cambiato nulla dall'estate, come se non fosse cambiato nulla tra me e te.
Che poi, cos'è cambiato tra me e te? E' cambiata una tua consapevolezza, sai di avere un altro stupido cagnolino che ti scodinzola dietro. E cos'è cambiato in me? E' cambiato il mio stato d'animo: vi osservo, la sento io stessa, quella forza che vi attrae l'un l'altro; vi osservo, mi struggo, ti vorrei uccidere. E vorrei uccidere me, che non mi tengo fuori da niente, che non mi interessa di niente pur di guardarti accanto a me, a un centimetro da me.
Slegami. Slegami e vai via da me.

venerdì 10 febbraio 2017

Poco più di niente

Avete mai l'incontenibile voglia di urlare perché? Ed avete mai l'irrefrenabile pulsazione di prendere le persone e giocarci come se fossero delle palle da basket?
Pensate mai che qualunque cosa voi scriviate, sia una cazzata?
Non ho facoltà di dire, di fare, di scrivere o di far ordine nei miei pensieri. Come i morti che solo prima di morire confessano il loro esser nati in cattività, cosí io aspetto il momento giusto, che non riconosco e che mi passa davanti agli occhi mentre penso ad altro.
É un processo che parte e finisce nella nostra mente, ma solo se si ha la volontà di farlo.
Non puoi scrivere se non puoi pensare, non puoi pensare se non vuoi capire.
Quando non dialoghi con te stesso hai la necessità di dialogare con chiunque abbia lingua, voce, labbra per parlare. Diventa un pretesto per provocare e sentirti distratto da te stesso.
Porgi la mano alle persone non perché tu voglia aiutare o essere aiutato, ma perché hai bisogno di un calore che ti manca, un calore che sia in grado di dissipare il tuo incessante pensiero di te.
Provochi, fai la stupida, fai la stronza, nel senso più innocente e nel senso opposto (quanto meno innocente possa essere inteso) e vuoi che gli altri ti parlino perché a te non va né di prendere iniziativa e né di rifiutare iniziative.
Diventa tutto un piano della mente che ha per unico obiettivo il nasconderti da te stesso.
Diventano gli altri padroni di te, i tuoi comportamenti diventano gli unici segni impercettibili della tua disfunzione e mi dispiace di aver detto di stare bene con me stessa, di piacere ai miei occhi mentre mi guardo allo specchio.
Era tutto un modo per coprire il fatto che odio me stessa ma mi piace l'idea che gli altri possano amare me, il mio corpo, il mio modo di essere. Era tutto un modo per coprire il fatto che sono l'oggetto della discreta contemplazione ma non la protagonista stessa della vicenda.
Si tratta di me, del mio corpo, della mia immagine ma lo vivo in terza persona.
Ed, ovviamente, questo é un modo come un altro per parlare di me come se fossi una che vedo tutti i giorni mentre porta il cane a fare passeggiate.
Ed, ovviamente, questo come tutti i post di questi due mesi, non segue un filo logico e non vale poco più di niente.

domenica 5 febbraio 2017

Rose rosse per me

La bella sensazione di essere bella.
Sono bastate un paio di calze a pois ed una gonna sopra il ginocchio a farmi riscoprire una femminilità che ho spesso stentato o ostinatamente rinnegato. E' bastata una gonna a stringere sui miei fianchi e ad evidenziarne il tratto più bello per poter sussurrare a me stessa:''Wow''.
La sensazione di piacere ai miei occhi che mi guardano allo specchio prima di uscire mi dà una sicurezza che, sto notando, attira l'attenzione anche dei più irraggiungibili (non prendetemi per presuntuosa). Sì, ho scoperto il mio potenziale e lo esercito su chi mi guarda.
Mi piace la curva dei miei fianchi, quella del mio seno e quella delle mie gambe che mi piace lasciare né troppo coperte e né troppo scoperte. C'è un qualcosa di meraviglioso nel piacersi: indistintamente, si piace anche agli altri che ci stanno attorno.
L'ho sempre vista come una stronzata, eppure devo ricredermi. Stare a proprio agio con sé stessi implica uno stare a proprio agio in situazioni e vicende diverse rispetto la quotidianità. Voler bene al proprio modo di essere significa poter essere autoironici, poter ascoltare battute su di te senza offenderti per nulla, non nascondersi quando si è in mezzo agli altri.
Quando piaci a te stesso c'è qualcosa di indecifrabile ma evidentissimo nel tuo modo di essere e di comportarti, quando ti piaci chi ti sta attorno lo sa, lo sente, se ne accorge.
E fa tutto parte di un piano che da platonico diventa reale: sei bella, ti senti bella, sei in tregua coi tuoi difetti.

venerdì 3 febbraio 2017

all'ultimo respiro

E' quell'attimo cruciale in cui capisci esattamente come sei.
E' come se per anni non vedessi il sole e alla sua vista, finalmente, ti copri gli occhi intimorito.
Intimorito perché prendi coscienza: chi sono? che ho fatto? in che guaio mi sono cacciata?