mercoledì 31 agosto 2016

La Verità (Non Abita Più Qua)


''La gente non vuole sapere da dove vieni o dove vai. 
E' pronta a dirti che sei ingrassato, più che a chiederti come stai.''


Lo scrive uno dei miei artisti preferiti in una delle canzoni più belle di sempre.
E' sempre stata una bella frase, certo, eppure adesso non è solo bella. Le ho dato un senso, l'ho associata a questo mio 2016, a questo periodo della mia vita.
Mi capita di guardarmi allo specchio e dire a me stessa che sono cambiata. Eppure allo stesso tempo ho l'assillante consapevolezza di non essere cambiata per niente: i miei difetti sono sempre lì, sempre della stessa misura. E' tutto uguale come sempre. Tutto normale, tutto nei canoni, tutto nella regola. Tutto di una persistente e pesantissima noia.
A volte dico a me stessa che però qualcosa è cambiato, in questo periodo della mia vita.
E' cambiato il mio modo di parlare di mio padre, è cambiato il mio rapporto con lui ma soprattutto ho capito cose che la bambina la quale sono sempre stata non poteva capire.
Penso che il mondo attorno a me sia mutato, l'unica cosa che non riesco a vedere in modo diverso è me stessa.
Oramai ne ho la consapevolezza e cito questo stesso artista per rendere meglio il concetto:
''E sto pregando dio perché per me la sua presenza è spirituale, il resto è teologia e speculazione clericale''. I concetti cristiani non mi sono mai piaciuti, i dogmi della chiesa che si imparano al catechismo mi fanno credere che si tratti solo di un castello in aria, di un estremo sogno nel cassetto per dormire più tranquilli quando si fa buio. Mi piace pensare che nulla sia dato a caso, mi piace pensare che ogni cosa era stata premeditata e che ogni esperienza altro non è che il tassello di un puzzle infinito che si può capire solo quando riusciamo a mettere i pezzi giusti insieme. E' un  bisogno spirituale, per l'appunto e sono soddisfatta di aver messo un punto - magari è un punto e virgola - a questo mio blocco interiore, a questo mio bisogno di far chiarezza in ciò che credo.
E' cambiata anche la mia considerazione dei ragazzi. O meglio, è nata la consapevolezza ma per il momento è tutta teoria. Non c'è stato un solo ragazzo che non mi abbia voluto che per il sesso. E' scontato dirlo, eppure nessuno ha mai tenuto a me. In alcuni casi, è stata solo ''un'esperienza'', in quel caso (e sottolineo quel) semplicemente non ero all'altezza. Semplicemente, non mi voleva bene quanto gliene volevo io.
Questo discorso mi fa pensare a un canto di Catullo, il famosissimo carme nonsochenumero in cui è contrapposto il concetto di amare e di bene velle e cioè amare e voler bene. Quel canto mi piacque tantissimo, pensavo continuamente che il volersi bene (e quindi il nascere di un sentimento puro, genuino, limpido e incontaminato) non fosse all'altezza dell'amore. Amarsi significa essere gelosi, ossessivi, possessivi, imparanoiati, stupidi. Con l'amore, il bene velle perde il suo valore. O meglio: più ci si ama e meno il volersi bene fa la sua parte. Perché con l'amore e il volersi bene non c'è mai un giusto peso, non sono mai bilanciati.
Mi sono persa in questo discorso sull'amore e il volersi bene, non era qui che volevo arrivare.
Ma questo potrebbe essere uno spunto per far capire ciò che intendo dire.
In me, così come cresce l'amore, cresce a pari passo anche il volersi bene. Ed è qui che nasce il conflitto: quando tutto finisce, quando tutto non va secondo i piani, quando tutto si spegne, a me resta il bene velle. E il bene velle sa squartarti l'anima, son sicura che lo sapete.
Da qui, riprendo dicendo che ho capito che non devo assolutamente scherzare col fuoco. L'ho capito ma è un meccanismo che non riesco a mettere in pratica, poi vi aggiornerò riguardo questa questione.
E' cambiato il mio papà. C'è ancora una certa distanza che pesa tra noi due, ma c'è molto più dialogo, molta conversazione, molte confessioni. E il che mi piace.
Mio padre non mi conosce, non ha mai fatto il padre, è stato anni lontano da me e non sa come sono cresciuta, che mi piace fare, cosa odio fare. Si sta costruendo una specie di rapporto che prima non esisteva e ne sono felice. Non ne ho mai parlato qui sul blog, ma mesi e mesi fa, c'è stata un'esperienza che mi ha fatto temere di perdere il mio papà. Si pensava avesse un tumore e la consapevolezza di perdere una persona che mi stava conoscendo dopo così tanto tempo mi ha fatto piangere intere notti, per intere settimane.
A volte la vita ci manda un segnale - poteva mandarmene uno meno orribile - per farci rendere conto che alcune persone, nonostante gli sbagli e gli errori, sanno volerci bene. E noi ne vogliamo a loro.
Mio padre meriterebbe schiaffi per tutte le volte in cui mi ha fatta piangere, ma so che mi vuole bene. Ed io ne voglio a lui, tantissimo.
Un'altra cosa capita ed accettata di quest'anno riguarda mio fratello.
Finalmente, i miei genitori sanno che è gay. E questo pesantissimo fardello finalmente ha alleggerito la sua vita, ma non la nostra. Mi sento molto protettiva nei suoi confronti, non voglio che la gente parli e lo faccia stare male, non voglio che si senta male con se stesso - anche se, aperta e chiusa parentesi, ne dubito, è un leone di segno e di fatto -. I miei genitori ci hanno messo un po' a capire, a realizzare, ma ci stanno facendo l'abitudine. Perché alla fine di abitudine si tratta: abituarsi all'idea che al proprio figlio piaccia ciò che piace alla propria figlia, tutto qua!
Ho, infine, capito un'altra cosa. Il tempo è denaro, il denaro è importante ed io sono povera, che detto in modo diverso significa ''sto sprecando tempo appresso a persone e cose che tra dieci anni non ricorderò neppure''. Sette mesi fa ho festeggiato il mio ultimo compleanno da minorenne, presto prenderò la patente, finirò il liceo, prenderò il treno tutti i giorni e non solo in estate per andare in giro a cazzeggiare. Incomincerò l'università ed ho le idee chiare, chiarissime, oserei dire. Ho intenzione di studiare alla facoltà di lettere. E sì, sarò precaria a vita, non avrò mai un lavoro, studierò per stare al mcdonald's, sono stupida e devo gettarmi in qualcosa che mi faccia lavorare subito.
Il tempo è denaro, il denaro è importante ed io sono povera. Ovvero: non spreco tempo a sentirli parlare. Questa è la mia passione, è la mia inclinazione, è ciò che voglio fare.
Non lavorerò al mcdonald's. Se proprio devo, lavorerò in libreria. O in qualcosa del genere.
Per ultimo, e finalmente ritornando alla citazione sopra, alla gente non fotte un cazzo di quello che ho da dire. Non fotte un cazzo di quello che sono o di cosa penso.
Tutto ciò che la gente vuole è sapere e strumentalizzare ciò che sanno di te per spettegolare meglio. Nessuno ci tiene a sapere se hai intenzione di ucciderti o se lo hai già fatto, nessuno vuole sapere come stai, nessuno vuole esserti vicino se non per portare a termine tutto un piano di secondi fini.
Ed io, quindi? Che faccio? Li prendo in giro. Dico ciò che vogliono sentirsi dire e continuo per la mia strada, che so quale è.
Non mi faccio convincere, non mi faccio fare fessa anche in queste cose. Continuo per conto mio.

Ricapitolando, allora, vi pongo una domanda: se il mondo attorno a me è cambiato così tanto e se tutte queste cose finalmente le ho capite, è probabile che sia cambiata anche io? E' probabile che lo specchio non sia capace di farmi vedere un cambiamento che in realtà c'è stato?
Non ne ho idea.



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