domenica 30 ottobre 2016

Il Piton che ci piace

A proposito di Harry Potter ...




Fare il professore, sotto molti aspetti, è uno dei mestieri più belli al mondo.
Lo guardo negli occhi di Piton, lo chiamiamo tutti così, anche se assomiglia davvero poco a Piton. Porta i capelli non proprio corti, ma a differenza di quelli dell'antipatico Piton i suoi sembrano lavati e abbastanza curati. Non si veste nero, anzi, tutt'altro: felpa blu da pescatore e pantaloni marron cacca con sfumature verso il beige sono il must del mese di ottobre. Scarpe alla cazzo, tipica valigetta da professore e si va ad assomigliare ad Alberto Angela, più che altro.
Non ha figli, è sposato da poco e a detta sua ha finito il liceo ben 20 anni fa ed è uno che nella vita ha fatto di tutto e soprattutto, ha studiato di tutto.
Ce lo fa notare lui stesso, le sue lezioni sono come delle lezioni universitarie e penso che nessuno nella nostra classe riesce a non essere coinvolto dalle sue spiegazioni. La storia e la filosofia non sono mai state così interessanti come lo sono adesso e soprattutto nella storia non c'è mai stato tutto il ragionamento che c'è con lui.
Gli piace insegnare, glielo si legge negli occhi: può entrare in classe con l'aria di quello a cui girano le palle, può chiamarci col cognome a mo' di rimprovero (e quando ci chiama col cognome è panico), ma poi si quieta nel momento in cui dice:''Datemi un manuale di storia, vecchia e nuova edizione''.
Quell'uomo è in terapia quando lavora.
Quell'uomo, qualunque sia il suo stato d'animo, è in estasi quando si tratta di insegnare.
Sembra che ci voglia bene perché vuole bene al suo ''mestiere'', vuole bene alle materie che insegna, vuole bene alla nostra ignoranza e si preoccupa di far capire tutto a tutti, si preoccupa di sentirci parlare quando alziamo la mano ed è un dibattito.
Una specie di congresso. ''Io penso ... '', ''Secondo me invece ...'', ''Sono parzialmente d'accordo con ...''.
Insomma, è uno di quei professori capaci di insegnare a 360 gradi.
Non è storia, non è filosofia. E' storia, filosofia, economia, attualità, giurisprudenza e letteratura.
E' un contestualizzare a 360 gradi, imprimere tramite immediati collegamenti qualunque cosa - sia passata che futura, sia causa che effetto -.
Gli appunti di storia e filosofia sono enciclopedie, giuro.
Eppure, c'è un solo difetto da chiarire. Purtroppo sono solo 3 ore di filosofia e 3 ore di storia, purtroppo. 

giovedì 27 ottobre 2016

Cliché


Giorno 1.
Grigio, tutto grigio.
Il Monte Somma non è che grigio.
Volano le gazze intontite dal né luce e né scuro.
Piove o non piove? Non c'è rumore e non c'è pace. Non è colore, non è vento, ma è freddo.
Piove acqua grigia. Di un grigio che sa di terapia intensiva, di un grigio che sa di malinconia.
Alle sette è ancora buio, alle cinque è già notte. Malinconia.
Nostalgia, quanto mi mancano le giornate che non passano mai?
Ogni ora che non passa si aggiunge un condannato agli stormi, non si muovono d'un passo i pini piantati nel cortile di scuola né quelli del cimitero a due passi da qui. E' tutto così tetro, triste, pesante.
Ogni ora che non passa leggiamo un frammento di Eschilo in più, ogni minuto che cala su questo giorno senza luce mi avvicina a domani. Domani, domani e domani.
Passato e presente, presente e futuro. Memoria e consapevolezza, consapevolezza e aspettativa.
Hinc et hunc, qui ed ora. Adesso, proprio adesso.
L'Orestea mi è piaciuta, molto più de I Persiani. Che giornata, che pioggia, che silenzio, che tristezza, che fame.
E' pesante, è triste, è un omicidio ... Quando passa 'sta giornata?
Voglio almeno i lampi, i tuoni, il vento che tira forte e gli ombrelli che si spezzano sotto la pesantezza della pioggia. E' pesante, strano, inquietante.

mercoledì 26 ottobre 2016

Avere a che fare con me

La differenza tra me e le altre persone, o forse più realisticamente l'unica cosa che mi avvicina a loro, è il bisogno di far traboccare invece di traboccare.
Ignorare la propria situazione complicando quella altrui, accusare invece di ascoltare.
E' un qualcosa che ho vissuto ad occhi sbarrati, un qualcosa che i miei occhi non hanno mai realizzato.
E' un qualcosa di irreversibile che non focalizzo mai, mai, mai. Ma basta poco per finire sotto un treno: te la scampi una, due, tre volte, poi bastano tre parole messe in fila a farti rabbrividire e strabuzzare gli occhi:''Ma tu che c'entri?''.
Già, ma io che c'entro?

venerdì 21 ottobre 2016

Abbastanza

Adeguarsi. 
Ti adegui a dei ritmi, al cibo della dieta, ai voti dei tuoi professori, al poco lavoro che il tuo paese offre, ti adegui ai tuoi sentimenti e a quelli degli altri, ti adegui a ciò che pensano di te, ti adegui a quello che non vuoi pensare su te stesso. Ti adegui alle sigarette di 2,30 perché le marlboro costano troppo, ti adegui alla sveglia delle sei e mezza, ti adegui ai giorni di caldo e ai giorni di freddo, ti adegui a ciò che gli altri vogliono fare della tua vita, ti adegui al coprifuoco che ti dà papà. Ti adegui a ciò che rientra nei parametri di ciò che puoi dire, ti adegui a rientrare nei limiti d’età secondo cui dovresti laurearti. Ti adegui a ciò che il tuo partner vuole che tu faccia, ti adegui a quello che di sabato gli altri vogliono fare. Discoteca? La odi ma ok. Pizza? Va bene comunque, niente? pure meglio.
Adeguarsi.
Ti adegui all’immagine che hai di te, ti adegui a un’idea che ti sei fatto negli anni, ti adegui alle solite canzoni che hai sul cellulare perché ti scocci di scaricarle da internet. Ti adegui ai ritmi estenuanti di una vita che non ti permette di esagerare. O sei proprio tu che vuoi adeguarti? O sei tu che rinneghi l’esagerazione per non esaltarti in alcun modo?

événement


Sono sensazioni senza nome.
Le riconosci perché sono le stesse di un solo momento, di un unico istante.
Sono circoscritte ad un unico attimo della giornata e ne parli come se non potessi dire altro che, ad esempio:''Ecco, la sensazione del venerdì mattina alle nove, quando so che ho un intero programma di fisica da recuperare''.
Oppure:''Ecco, la sensazione di quando lui mi accusa e non voglio controbattere, non perché non voglio discutere ma perché sono rassegnata, senza parole da dire, senza nulla che mi interessi''.
Sono sensazioni che non possono essere spiegate.
''Ecco, la sensazione di quando mi dicono che sono fredda e non riesco a non pensare di esserlo con tutti quanti, compresa me stessa.''
Sono sensazioni che non possono essere solo capite, a sesto senso.
Ecco, la sensazione del venerdì pomeriggio e del sabato pomeriggio quando faccio lo shampoo due giorni di seguito e passo ore ed ore sotto al calore dell'acqua, che mi bagna e mi rilassa.

lunedì 17 ottobre 2016

Tutto molto semplice

Frizione, acceleratore. Tutto molto semplice.
Metti la prima, in basso la seconda, piano piano.
Nella rotonda tocca leggermente il pedale.
Smettila di ridere e fai la seria.
Come cazzo si frena, che devo fare, non urlare, concentrati.
Non fare la stupida.
Attenta al palo, rimani dritta, non accelerare porca troia, porca puttana non ridere.
Non ti montare, sto andando benissimo, com'è che si frena, come si mette la freccia.
E così procede la mia prima guida.

giovedì 13 ottobre 2016

Una nostalgia che mi sbrana

Non contano i chilometri
o le città che ti portano lontano
mi basta sapere di non sapere dove sei
o a che ora torni a casa.
La tua barba si è fatta bianca
e il mio corpo non è più quello di una bimba.
Come potresti non saperlo,
parti e sono già cresciuta, torni ed ho diciotto anni.
Vorrei che le candeline le spegnessi insieme a me.

mercoledì 12 ottobre 2016

Le cose migliori si fanno da soli?

C'entra poco, ma sono fortemente colpita. 

Essere soli è una condizione che pesa solo quando non si è in pace con se stessi.
Aggrapparsi a qualcuno o qualcosa, significa cercare in silenzio un pretesto che ci distragga da quella cosa che ci assilla e non vuole essere ignorata.
Chi sa stare con se stesso, sa piegare le ginocchia quando serve e soprattutto, sa essere la forza motrice di chi ignora questo qualcosa che blocca il marchingegno che è la nostra ''coscienza''.
Quando parlo di queste cose non so se riferirmi a una cosa chiamata ''anima'', una cosa chiamata ''cuore'' o intercalanti del genere. Mi sembra assurdo ricorrere anche alla parola marchingegno, mo' che ci penso.
La filosofia è piena di queste considerazioni, l'anima è cuore o cervello? L'anima è fusione o coscienza o sintesi della morale? In un tema in prima superiore scrissi che l'anima, probabilmente, è un qualcosa che esiste e non può essere spiegato, un qualcosa che è noi (non in noi) ed è quindi banale cercar di capire dov'è che risiede, in riferimento a un testo che leggemmo in classe. La professoressa C. mi mise sotto pressione.
- Espò, è un qualcosa? L'anima è un qualcosa? Devi correggerlo.
Non l'ho mai corretto. Mi ci applicai, mi ci fissai, ma non riuscii mai a correggerlo. Probabilmente, in qualche archivio del mio liceo, in qualche cassetto, in qualche cartellina, su qualche spilletta a righe c'è ancora scritto che l'anima è un qualcosa.
L'anima cos'è?
Cos'è che ci fa avvampare e cos'è che ci raggela? Qualche presocratico scrisse che avviene il tutto tramite sensazione. Ciò che è fuori viene attratto da ciò che è dentro e il nostro corpo reagisce. Tutto troppo astratto, tutto troppo ''empirico'' per soddisfare questa mia richiesta pratica.
Qualunque cosa sia, la mia anima non è in pace col mio corpo.
La mia essenza, non è agiata nelle cose che dico o che faccio, per nulla.
Chi ha un conto in sospeso con se stesso è riconoscibile fra mille: o si costringe a stare solo dimenticandosi di stare addirittura con se stesso oppure fa di tutto pur di dimenticarsi che quando tornerà a casa la sera sarà solo con quello che di giorno non è riflesso negli specchi della nostra coscienza.
Chi non ha alcun conto in sospeso, chi gli atti da firmare non li sa ancora leggere, chi non può arrendersi a se stesso perché non sa neppure cosa sia successo è un po' meno riconoscibile: ''ok'', ''sì'', ''uhm uhm'', ''va bene'', ''ok''.


martedì 11 ottobre 2016

La fiaba dell'invidia


C'era una volta una bambina biondissima
che odiava i suoi capelli biondissimi.
Che stupide le treccine, stupida
che stupidi i tuoi capelli, stupida.
C'era una volta una parrucchiera invidiosa
che crespi i capelli, che crespi
che lunghi i capelli, che lunghi
che biondo, che biondo.
Forbici e pennello, e c'era una volta
una bambina castana.
Una bambina stranita.

lunedì 10 ottobre 2016

Le complicanze disegnate a mano dalle distanze

E così, ogni lunedì, dopo tre giorni ogni due settimane, mio padre torna in Lombardia.
Torna col maglione e parte con la maglietta a mezze maniche, torna con la stessa espressione di chi aspettava qualcosa da molto tempo, parte con la stessa espressione di chi ha avuto poco per poco tempo.
Questa questione della crisi di lavoro sta prosciugando mio padre e sta prosciugando la mia famiglia.
Pensate a un mondo senza soldi, senza televisioni, bollette, corrente, solo acqua e un posto in cui dormire. Pensate se si potesse vivere senza alcuna pretesa, senza partire, senza tornare, senza preoccuparsi di non poter portare qualunque cosa avanti.
Questa volta mi è pesata più di qualsiasi altra volta.
Se fosse necessario, me ne andrei all'istante, pur di non dover sopportare di vedere mio padre abbracciare mia madre come se stesse per finire qualcosa, di vedere mia sorella sdraiata sul letto aspettando che papà le faccia un audio in cui la saluta.
Pure in Groenlandia, basta che siamo tutti insieme.

sabato 8 ottobre 2016

Proverebbero a tenerti tutti, sì, ma non me

Non fa per me.
E mi vergogna anche pensarlo.
Credo di poter aspirare a un pochino di più, pur sapendo che l'affetto non si compra con l'esteriorità.
Semplicemente, credo che non faccia per me in ogni senso, se escludiamo per un momento l'aspetto fisico.
Non trovava parcheggio ed era arrabbiato, se l'è presa con un uomo che aveva indubbiamente parcheggiato male e non è stato assai cortese ed educato. Dentro di me, mi son sentita sprofondare. Dall'imbarazzo, dalla mortificazione, dalla vergogna. Queste scene le ho sempre viste dall'altra faccia della medaglia e stare, adesso, su quella stessa faccia che ho tante volte disprezzato mi fa sentire in pena con me stessa.
E' scostumato, per quanto riguarda queste faccende. Ed io lo odio, lo odio immensamente perché così faceva mio padre  e così fanno le persone stupide, senza alcun rispetto, per l'appunto.
E' necessario dire che però mi tratta bene. E' premuroso, s'interessa, è sempre in pensiero. Sa essere assai affettuoso, con me. Ma nonostante questo, continuo a pensare che non faccia per me.
Si attacca troppo, vuole infiltrarsi troppo in certe cose e a volte non sopporto le sue stupide battutine.
O non sopporto questa sorta di intimità che vuole che si crei quando siamo tra la gente.
Farmi toccare il culo al centro commerciale o farmi palpare le tette al cinema, accanto a una mandria di bambini nella sala di ''Alla ricerca di Dory'' non è quello che intendevo quando dicevo di voler essere desiderata da un uomo.
Credere di essere la sua prima volta non è propriamente corretto, eppure si avvicina a quella che è la realtà: la sua famiglia non gli ha permesso di vivere nello stesso posto per più di un anno, si è spostato tanto ed è quel tipo di persona che coltiva sentimenti online. Me lo ha detto lui stesso: ''Ci vediamo lo stesso numero di messaggi che ci inviavamo io e V.''.
Essere la sua prima volta sapete che vorrebbe dire? Vorrebbe dire che se solo azzardassi dopo quasi due settimane a mollare tutto, ne farebbe una tragedia. Ne farebbe una soap opera.
A volte penso:''aspetta ancora un po', magari è presto per poter decidere'', a volte penso invece:''che aspetti? vuoi che ti venga legata ancor di più la palla al piede?''.
Non vuole togliere la mia indipendenza, non vuole che rinunci alla mia vita alle mie passioni e ai miei amici - di cui è gelosissimo -, ma ogni volta che se ne parla storce la bocca.
Devo fidarmi del suo affetto o del mio affetto per il mio essere sola?
Ho tante volte pensato di aver bisogno di qualcuno che mi volesse bene in questo senso, ma non così. Non in questo modo, non con questa persona.
Mi sento a mio agio, mi fa piacere stare con lui e mi fa piacere che qualcuno mi guardi con occhi diversi. E forse è proprio questo il problema: mi fa piacere che qualcuno mi guardi e mi voglia e non che mi guardi e mi voglia lui.

martedì 4 ottobre 2016

Non si può fare un edificio con il compensato

Sto evitando l'argomento.
Non perché non ne voglia parlare, non perché senta il bisogno di parlarne e non ci riesco. Semplicemente, non ne ho parlato ancora perché ho fatto l'abitudine, per fortuna.
C'è stato un periodo in cui ho tartassato di ''cambiamenti'' chiunque leggesse e quel periodo è ritornato qui da me. Forse per una seconda alleanza, forse per una nuova lega anti-me, non l'ho ancora capito.
Son dimagrita 4,300 Kg in ventidue giorni. Buon risultato, se prendiamo in considerazione anche le mille altre complicazioni. Son soddisfatta, spero di continuare così come sto facendo.
Ma ho tolto peso e triplicato il bagaglio sulle mie spalle. E a volte questo peso si fa sentire. Non perché mi dia fastidio, non perché sia troppo pesante. Pesa perché sono fondamentalmente quel tipo di persona a cui pesa ogni cosa.
E se mi pesassero gli altri, se mi pesasse un qualcosa che posso risolvere da me, sarei più propositiva. Ma soprattutto, sarei più positiva.
So che i miei difetti pesano a chi mi sta intorno. E so che pesano ogni secondo, ogni millisecondo, anche a me.
Apatica, fredda, insicura.
Sono questo.
E sentirselo dire ha convinto addirittura me stessa, la me stessa che ragiona sempre e comunque di testa sua, che si mette in qualsiasi casino pur di fare come pensa sia meglio.
Più cerco di non farlo pesare a chi mi vuole bene, più pesa. Più ignoro quei tre aggettivi del cazzo e più me li nominano a mo di polisindeto: ''Sei apatica, fredda, stronza, insicura, glaciale''.
E' una cadenza che mi si scrive addosso di sera e di mattina, mentre scrivo e mentre leggo, è una cadenza che strappa ogni pretesa.
E mi dico:''Ancorati, rimettiti in fila'', ma i miei piedi camminano da soli. 

Quando anche il greco e il latino diventano interessanti

Ammassate quindici ragazze in una classe di venti persone.
Sostituite una professoressa dalle calze giallo banana e la gonna verde pistacchio con un professore non molto alto, non troppo vecchio, con gli occhi azzurri e un tono di voce molto molto suadente ed immaginate che ne viene fuori.
Ne viene fuori un gruppo su whatsapp chiamato '' M. D. R. ti scoperei tutta la vita''.

sabato 1 ottobre 2016

Ottobre



Erano aranciate le mie labbra la prima volta
e aranciata è la rosa che hai lasciato sul cruscotto della macchina.
Profuma come dicevi profumavano le mie mani.
Il primo freddo
il primo vento
la prima volta.
E' invettiva contro il mio buonsenso.