sabato 21 luglio 2018

Arriverà il piumone e sarà bellissimo

E' forse per questo che odio l'estate.
L'estate è completa stasi: tutto si muove così lentamente che il tempo sembra essere infinito e le giornate tutte uguali e le serate tutte uguali e la tua vita tutta uguale.
Odio l'estate.
Odio questo calore infernale, le zanzare, la noia martellante, il letto troppo caldo, il ventilatore che non dà fresco, le ringhiere dei balconi roventi, su cui potresti sciogliere anche l'oro.
Mi sembra che anche i miei pensieri siano uguali, anche se a volte non mi sembra proprio d'avere pensieri.
Che libro leggere, dove iscriversi ad ottobre, quale mitica dieta fare per dimagrire più in fretta. Questi sono i miei peculiari pensieri: ma non scordiamo tutti gli interrogativi annessi.
Perché mi scoccia leggere questo libro? Devo cambiarlo, finirlo, non leggerlo per un po' e riprovare?
Ma se faccio lettere ed è troppo facile? Ma se faccio storia ed è troppo difficile?
Ma il limone fa dimagrire o aumenta la stitichezza? Perché dimagrisco e poi ingrasso, ingrasso e poi dimagrisco? Devo comprarmi un costume sexy, che però non mi metta il culo fuori, la pancia fuori, i fianchi fuori, la faccia fuori.
La verità è che mi sono rotta il cazzo dell'estate. Era meglio sbattersi con la testa al muro per trovare lo sprono a studiare piuttosto che non fare un cazzo tutti i cazzo di giorni e tutto il cazzo di giorno.
E mia madre: ''Lava casa così non ti scocci!'', '' Vai a lavorare così non ti scocci!''.
Nessuno che mi dica:''Ecco, questi sono 1200 euro, così non ti scocci!''.

giovedì 12 luglio 2018

Imparadisiarsi



La terra scivola sotto i miei piedi
o è il calore a farmi scivolare giù
nella mia fantasia.
Oltre il mio balcone c'è un'enorme distesa di rosso
milioni, miliardi, di papaveri rossi.
Schiocco le dita e diventano margherite
batto le mani e diventano orchidee
soffio sulle dita e diventano primule.
I piedi non calpestano, accarezzano i loro petali e i loro steli
e se chiudi gli occhi e abbandoni l'offensiva
la melodia più bella mai suonata rapisce gli istinti di protezione.
Corro su prati senza mai inciampare o pungermi di spine
sotto il sole che non cuoce la pelle come una volta
con un vento artico a portarmi i capelli in alto
fino alle nuvole, fino a branchi di angeli in volo.
Oltre il mio balcone è dove tutto può succedere
dove caldo e freddo coesistono
sole e luna si guardano faccia a faccia
aspettando che l'una lasci il posto all'altra.
Oltre il mio balcone, oltre i prati, le nuvole e gli angeli
c'è la fine dei miei pensieri scritti ovunque
la fine delle parole d'altri a ricomparire nella mia memoria
la fine dei disegni colorati a pastello sulle mura di diari segreti.
Oltre il mio balcone, oltre i prati
e i papaveri, le margherite, le orchidee e le primule
i colori pastello diventano penne in argento
i diari segreti, se ci passi un dito sopra, sembrano cambiare la loro pelle;
come i serpenti. Diventano agende, numeri, dati, liste, promemoria.
Da qui, vedo tutto questo
e il mio esercito di fantasia mi urla
ritirata, ritirata, ritirata!
E senza che accenni a spostarmi d'un solo passo
i fiori diventano carcasse e il vento mi volta la faccia.
Piove.
Ritirata, ritirata, ritirata!
Mi siedo nel bel mezzo di un temporale tra carcasse di uomini
non aprono neppure bocca eppure li sento perdersi poco a poco
come chi ha la gola strozzata ma tenta di liberarne l'ingorgo.
Riprendo la melodia da dove era finita, chiudo gli occhi e poggio le mani in alto verso sole
e luna e nuvole.
S'irradia la mia luce.
Schiocco le dita e sento margherite crescere sotto i miei piedi
batto le mani e sento orchidee allungarsi sulle mie braccia
soffio sulle mie dita e mi sento come ricoperta di primule e foglioline.
Oltre il mio balcone, oltre i prati, le nuvole e gli angeli
non c'è null'altro se non mille, milioni di prati rossi.

martedì 10 luglio 2018

Impossibilità di certezze assolute

Sono partita da qui e sono arrivata fin qui.
(Questa è l'introduzione al tema della mia tesina che ho presentato in commissione)



Impossibilità di certezze assolute


Un Viandante cammina lungo un sentiero. Con gli occhi volti al cielo ad ammirare stormi di rondini in cammino. Coi piedi a calpestare foglie che l'autunno lascia libere di volare. Le mani congiunte dietro la schiena, il passo d'un Uomo che non saprebbe cos'altro scegliere se non il camminare lentamente ed osservare quel sentiero come se non fosse solo un sentiero.
Il Viandante giunge ad un bivio: non sa dov'è che porti il sentiero alla sua destra, né sa dov'è che porti il sentiero alla sua sinistra.
- ''E adesso dove vado?'' -, il Viandante si chiede. E nella sua mente delle voci sussurrano domande, chiedono risposte; altre le ammoniscono; altre lo interrogano su dove abbia intenzione di andare.
- ''Calma'' -, dice a se stesso.
- ''Osserva''- s'impone.
Il Viandante osserva i due sentieri e gli sembrano uguali. La stessa luce, oscurata da nuvole presagio di una nuova pioggia, illuminano i due percorsi.
S'incammina verso destra. Non c'è orma, non c'è rumore; c'è silenzio.
Il Viandante decide di tornare al bivio e s'incammina verso sinistra. Non c'è orma ma uno strano sussurrio lo invita a procedere.
Il Viandante s'irrigidisce; si chiede di chi sia quella voce, si chiede se ci sia qualcuno al di là del bivio.
- ''E se ci fosse qualcuno con un'ascia pronto ad uccidermi e a derubarmi? E se questo sentiero fosse stregato? E se qualcuno mi maledicesse e questa sarebbe la via della mia perdizione? E se magari qualcuno vorrebbe che passassi di qui? Per farmi del male? O perché è questa la mia strada?'' - il Viandante si siede su un masso a pensare. E quei pensieri lo intimidiscono, lo angosciano, lo esasperano a tal punto da passare giorni seduto a pensare senza mai sapere quale fosse la sua strada.
In un giorno di intensa pioggia, il Viandante tenta di incamminarsi sul sentiero alla sua sinistra, chiedendosi se quella voce non fosse solo un'illusione, un mero scherzo delle voci nella sua testa.
La pioggia lo aveva stancato.
- ''Non ho certezza che questa sia la mia strada. Ma non ho certezza che neppure l'altra sia la strada su cui camminare. Cosa fare, allora? Restare qui a tormentare i miei pensieri? Piuttosto, seguirò il cammino su cui i miei piedi decideranno di camminare''.
Il Viandante prosegue verso sinistra. Cammina tra foglie secche e fanghiglia. I giorni passavano e il Viandante, tanto perso nei suoi pensieri, non s'era neppure accorto del sole che era tornato ad illuminare il suo sentiero.
- ''E' questo il mio sentiero? E' qui che dovrei camminare? E se avessi sbagliato al principio del mio cammino? E se non dovessi trovarmi qui, adesso; e se avessi perso solo tempo? Già, il mio tempo. Magari ho solamente sprecato tempo. Magari se avessi scelto il sentiero sulla destra, non avrei camminato invano''.
Intanto, primule fiorivano sull'erbetta ai piedi degli alberi in fiore; gli animali si svegliavano dal loro letargo. E se il Viandante avesse chiuso per un momento gli occhi e se avesse tacitato quei pensieri che affollavano la sua mente, avrebbe potuto sentire lo scroscio dell'acqua di un fiume poco lontano, il cinguettio dei passeri che zampettavano qua e là.
Beatitudine, se solo avesse ascoltato: sarebbe bastato un minuto di quiete e la natura del sentiero avrebbe acquietato il suo animo in un vorticoso dubitare.
Il sentiero sta per finire: il Viandante s'accorge di stare per arrivare ad un nuovo bivio.
Un uomo gli dà le spalle e il Viandante non sa chi sia, né perché si trovi lì, né perché abbia incontrato proprio quell'uomo.
- ''Perché è qui? E' un viandante in cammino? E se volesse uccidermi proprio adesso che è finito il mio sentiero?'' - il Viandante s'interroga. S'avvicina all'uomo, che si volta e sorride.
L'uomo guarda le sue scarpe logore e gli dice: - ''Beh, lei ha camminato tanto. Ma ne è valsa la pena: questo è uno dei sentieri più belli che io abbia mai traversato.''
Il Viandante non sa di cosa l'uomo parli, poiché, preso dall'ossessiva volontà di avere la certezza di star camminando sul sentiero giusto, non si è accorto della bellezza del suo viaggio.
Il Viandante guarda l'uomo tirando la bocca agli estremi, simulando un sorriso, si siede su un masso e incomincia a pensare verso quale nuovo sentiero deve incamminarsi.

We watched the sunset over the castle on the hill




Sono passate settimane dal ventotto giugno, il giorno in cui ho sostenuto l'esame orale. E in tutto questo tempo, tra un libro e l'altro e tra una sigaretta e l'altra, non ho mai avuto la convinzione di dover scrivere. Mai fino ad ora: mi ci sono preoccupata tanto e adesso, con una certa lucidità, posso dire che l'esame di maturità è stata una bella esperienza.
Sconvolgente della prima prova è stato il brano di narrativa nell'analisi del testo poetico; della seconda prova è stato eccitante dover tradurre Aristotele; della terza prova mi hanno agitato i calcoli di matematica e soprattutto i miei vuoti di memoria. L'esame orale poi ... il commissario di greco latino mi ha vivisezionato al punto che il mio amatissimo professore di storia e filosofia ha esclamato ai miei amici in aula:''A momenti Giovanna la picchierà''.
Il mio esame orale non è stato una passeggiata, la commissaria di scienze mi ha fatto fare degli esercizi di chimica che a dirlo adesso non so neppure cosa siano! Tutto sommato, me la sono cavata. E proprio conversare con la commissaria di scienze non è stato come essere in esame, ma è stato come fare lezione in classe. Io scrivevo gli esercizi e mi ha messo nella condizione di correggere i miei stessi errori.
E' stata una bella esperienza, durata un'ora e mezza, ma pur sempre bella ed istruttiva.
Appena concluso il mio orale son corsa fuori. Ho fumato tre sigarette di fila e credevo di essermi giocata tutto: pensavo agli esercizi di chimica o al fatto che la prof contestasse qualunque cosa riguardo il mio punto di vista e mi dicevo che i miei punti allo scritto sarebbero valsi a poco. Fin quando la mia professoressa di italiano mi ha sussurrato:''Brava, hai fatto un bell'esame. Hai mostrato la tua maturità e la commissione ti ha premiato''.
E che bel premio. 90/100.
Immaginate la mia faccia alla vista di quel voto.
Mi sono sentita appagata, soddisfatta, in pace, orgogliosa di me. Ho studiato tanto, notte e giorno si direbbe, cercando di non trascurare nulla. E' stato un voto inaspettato ed ovviamente sempre desiderato.
E spero che questo sia solo uno dei miei tanti successi, solo il primo step di una strada sempre in salata e sempre piena di vincite.
Mi mancherà tanto il liceo, perché il liceo è stata la mia seconda casa, il mio punto di riferimento. Mi mancheranno tantissimo le lezioni di storia e filosofia e di italiano. Ecco: sono ad un punto della mia vita in cui non so se rivivere il tutto e tornare indietro o se portare tutto con me ed andare avanti.
Avanti a me c'è un'incognita a cui spero di rispondere nel modo giusto. Però cazzo ... mi mancherà il liceo. Il mio liceo, la mia scuola, la mia classe, i miei compagni, i miei professori, la mezzaluna dove prima di entrare c'è la sigaretta fissa delle 8:00, l'angolo del progetto bookcrossing, i convegni in auditorium ... il preside e la presidenza. Le scale di emergenza. Le pizze della pizzeria a cinque passi da scuola. La sala professori, i bagni con le porte rotte, la professoressa C. le cui urla si sentirebbero a chilometri, la professoressa S. sempre alla caccia di chi fuma negli angoli della scuola, gli spalti in palestra.
Tutto questo mi mancherà e resterà sempre con me. Lo porterò nella mia memoria, nel mio vissuto, negli angoli più belli della mia anima. Ho amato gli anni del liceo. Io e il liceo abbiamo un legame speciale che non si spezzerà mai.
Io sarò per sempre Esposito Giovanna al primo banco terza fila sulla sinistra della cattedra. Un giorno, sarà tutto uguale ma mai così diverso: io dietro la cattedra del liceo di cui sono stata studente.