venerdì 24 marzo 2017

Tu che ne sai

Che manca?
Manca la prova, la dimostrazione, la sicurezza che faccia dire ''adesso capisco''. Il periodo che completa il senso dell'azione, il verbo della principale introvabile nelle versioni di Cicerone.
Manca l'atto finale, un nome a questa cosa, un nome a come mi sento io.

domenica 19 marzo 2017

Corre, pcché ten che ffà



Ho fatto docce lunghe ore, ho consumato quintali di trucco per rivendere un corpo che non ti piaceva, per coprire i segni del tuo molestare il mio modo d'essere, ho cancellato i tuoi segni dal mio corpo ed ho cancellato la tua voce, la mia voce, dalla mia testa ed ho fatto di testa mia. Ho sempre fatto di testa mia.
Ed ogni volta che tornavo a casa, mi svestivo di ciò che mi svestiva dall'essere viva e mi lavavo il viso, tu mi ripetevi sempre:''te l'avevo detto, io te lo avevo detto''.
Me lo avevi detto. Ma quando? Come? Il tuo modo di parlare è verbale, segnaletico, simbolico, sensitivo o semplicemente finto? Me lo avevi detto? Ed è possibile che io non riesca a sentire te, che sei parte di me, che sei in me, che sei me, in tutto questo diabolico silenzio? E' possibile che io riesca a perdere il mio istinto ogni volta?
Cerco scuse al mio vendermi come carne al macello, a chi mi parla non rispondo, perché non so che dire, perché è patetico parlare, e tu ti fai all'improvviso vivo e sai solo dirmi ''te l'avevo detto''.
Te l'avevo detto. Te l'avevo detto.

martedì 14 marzo 2017

Il filo di Arianna



La luna accarezza la testa mia che sospirando si volta
verso te che mi chiami; è un grido che stringe allo stomaco.
Ci sarai tu al posto mio, con la luna a fissarti il capo
e a girarti quando la voce di altri ti griderà di restare.
E lì capirai, e lì capirai che non ho urlato di rimando alla tua voce
perché quando il pendio è traversato, quando il corpo ha sudato
quando la voce diventa flebile ed è solo sussurrio in cima al cammino
non si ha il coraggio di urlare. Solo di andare.

martedì 7 marzo 2017

ogni viaggio inizia sempre con un passo

E' passato.
E' solo un attimo.
Un attimo in cui divampi.
E dici:''Io vorrei solo non essere mai esistita, tutto qua. Mi metterei sulla sedia elettrica perché non ce la faccio più''.
Un attimo che passa come passano le nuvole a marzo, un attimo che passa come passa la pioggia, un attimo che passa come passano i giorni, le settimane, i mesi in cui fai finta di non essere te e alla fine quel lato di te, scoppia, e ti fa stare male il doppio.
Ecco, a che è servito questo mese? Ad illudermi di poter brillare? Brillare come? Non è servito a niente.
E' servito a distrarre la mia mente ed annerirmi quando ho abbassato le difese, quando ho riposato e mi sono appisolata. Quando meno lo credevo.
Ma è un attimo, giuro, è un attimo. Un attimo che ti sembra di dover cambiare, che ti sembra di star facendo tutto male, un attimo in cui mandi a 'fanculo tutto quello che segni sull'agenda, poi tutto diventa normale. Normale come sempre, normale come al solito.
E che cambia? Che è cambiato? Niente, non cambia mai niente.
E come posso cambiare, io?
E' stato un attimo, l'attimo in cui sbarri gli occhi e stringi i pugni, poi l'attimo passa.
E quando è passato, mi hai scritto:''Ti odio quando dici così''.
Sì, mi odio anche io.
Forse dovreste smettere di leggermi. Forse dovreste scordarvi di me.
Non mi leggere più.

domenica 5 marzo 2017

Sto coi piedi a terra e il cuore sulle nuvole

La superstizione arriva a tal punto da non farmi parlare per paura del malocchio.
Lo dice anche Hemingway, le cose belle a dirle non succedono mai.
E quindi, non mi permetto neppure di scriverle, perché scriverle significherebbe dirle per farsi ascoltare.
Lo dirò quando la cosa bella ce l'ho tra le mani e non è solo frutto della mia speranza.