venerdì 29 dicembre 2017

Rilassarsi

Qualche tempo fa, pensavo


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Buongiorno.
Il cielo sembrerebbe essere nero, eppure sprazzi di luce ogni tanto vengono fuori. Alle sette di stamattina - appena messo piede nelle pantofole - il cielo era totalmente annerito, quasi che sembrava notte e il mio stomaco si è contorto dalla stanchezza.
Ogni tanto penso, stanca ma tranquilla. Stanca ma non scocciata: oppure, scocciata ma non nervosa. Ma nemmeno ... nervosa ma che poi si rilassa.
Sono passati un paio di mesi ma ancora non ne ho parlato come dovrei.
La cosa che più mi ha sorpreso di Lui è stata la sua ''risposta'': io ho aperto il mio libro e Lui mi sta leggendo a poco a poco, memorizzando le mie parole, i miei atteggiamenti, i miei modi di fare, quello che odio sentirmi dire, quello che mi fa arrabbiare, quello che voglio dimostrare nei miei piccoli gesti, che ultimo secondo i miei tempi.
Lui, è stata una scoperta. E se fino adesso dicevo di aver conosciuto l'amore, allora, forse, non era l'amore di cui avevo bisogno. Non era l'amore, punto.
Era forse una necessità, quella di credere di avere conosciuto l'amore. Per consentire alla parte più buia di me di credere che io non sia fatta per amare, per provare ciò che adesso provo spontaneamente senza costrizioni, regole, forzature, bugie, messe in evidenza, correttori sui difetti.
Lui, è stata una scoperta. E con lui, sto scoprendo lati di me che prima credevo non esistessero, o che fossero da bruciare, o che fossero diversamente funzionanti. Sembrerebbe banale, oppure infantile, ma si tratta di un perfetto marchingegno secondo cui Io e Lui, cresciamo, insieme, biunivocamente.
E' venuta fuori una persona che non conoscevo poi chissà quanto, la vera Me.

lunedì 18 dicembre 2017

Quando per me i diamanti sono una leggenda

http://suldivanoconjaneausten.blogspot.it/2017/12/emily-dickinson-poesie-3.html?m=1


Mi espongo in vetrina.
O forse, il mio modo di essere sfila al mio cospetto, e mi guarda, come a convincermi di essere bella, di sapersi tenere in piedi, di riuscire a camminare coi miei occhi addosso. Mi derido, davanti i miei occhi giudici. Vergogna.
E una volta nuda, la mia penna volge lo sguardo altrove, nulla sembra osservarmi, eccetto me.
Il foglio finge di non sapere, i miei sospiri di sollievo s'incontrano coi miei sospiri di condannazione.

Mi compro da regina. Insaziabile di perfezione, mi costringo a non curvare la schiena, stai dritta, mi mi dico, non accorgendomi del peso del diadema che si accascia sulle mie spalle.
Mi compro da farfalla. Insaziabile della libertà di essere nuda nel mio squallore, nella mia miseria, nei miei recinti di ferro filato. Mi assale la parola di me, regina di me, mia padrona, mia schiava, mia dannazione. Mi assale il sorriso di me, farfalla del mio esistere, mia scongiura, mia salvezza, mio paradiso. Che abbia demorso o no, che abbia pianto o no, anche oggi il mio estro mi ha comprato.

mercoledì 13 dicembre 2017

Parole da dedicarmi

Oggi, di parole non ci sono. Quelle che rimangono impresse nella mia gola,
sono solo parole masticate di perdizione.
Prenderò in prestito le parole degli altri.


Non sarà il buio a far dormire la mia anima.
Non sarà un foglio pieno di frasi che racconterà di me, come di te, in fondo di molto poi non cambia.
Lo stesso cielo, stesso mondo con la stessa rabbia.
Eh già, vorremmo che potessero tutti sentire le nostre voci e quello che ognuno vorrebbe dire.
Dobbiamo dare qualcosa in mezzo agli altri, dobbiamo stare uniti, ma distanti.
Anche se spaventati dai giorni che son più brutti preghiamo per i nostri sogni tutte le notti. Tutte le notti nei nostri sogni c'è un po' di realtà, abbiamo negli occhi la luce della libertà.
Al di là delle montagne, dei fiumi, dei mari, restiamo ciò che siamo, semplicemente esseri umani.
Semplicemente qualcosa di stupendo, qualcosa di orrendo, qualcosa che a volte non comprendo.
Forse è inutile dire ciò che si prova, è inutile cercare una parola nuova per descrivere il momento in cui so vivere meglio. Inutile aspettare che ci arrivi un segno utile.
L'impegno cos'è se non cercare di essere degno? Per questa vita è normale voler dare il meglio.
Desideriamo ciò che è inutile dicendo "voglio", non sorridiamo se non l'abbiamo dicendo "muoio".
Leggo un foglio con delle frasi che non ricordo se scritte da me o scritte da te, che importa in fondo.
Sotto lo stesso cielo, stessa rabbia, stesso mondo, lo stesso modo di dimenticare in un secondo. O di guardare sempre indietro ogni singolo giorno finché non è il nostro turno non saremo di ritorno dal viaggio che ci tiene in pugno e che ci rende simili. Tutti con la stessa paura di essere inutili.
Se hai parole da dedicarmi sono qui ora ad ascoltarle, prima di allontanarmi.
Le mie parole avranno il tuo sapore, ogni giorno di più ed ogni giorno avrò più calore.
Per ogni singolo uomo esiste un sole che nasce con te e ti sorride quando muore.
Dobbiamo solo dare il nostro amore a chi lo vuole, stare in pace anche se non si è dove ci piace, capire se è il momento di parlarsi sotto voce.
Fuori c'è luce, poi buio, poi ancora luce. Tutto quanto accade in modo rapido e veloce, tutto quanto accade in modo così naturale. A volte ci fa star bene, a volte ci fa star male e vale la pena di evadere, senza avere regole come le favole, senza la paura di sentirsi inutile.

lunedì 20 novembre 2017

Gli obesi hanno sempre fame, i tristi hanno sempre di che rimurginare

Non ce la faccio più.
Voglio il cielo blu.
O forse vorrei che tutto si spegnesse
Ma non luce per volta, un black-out che mi lasci sola, nella mia oscurità.
Che questo sia vivere o morire,
Che questo sia un dire o un fare
Chiudo tutti i sogni nel cassetto
e butto via la chiave.
Comunque vada, farò la fine di chi
Stordito dalla fame
Si butta nella mischia non sapendo a che pensare.

domenica 29 ottobre 2017

Riflessione da uno sguardo perso nella malinconia

Mio padre non è mai stato un fanatico della spiritualità. Ha la sua fede, i suoi angeli, i suoi santi cui pregare; ma nè lui, nè io, nè la mia famiglia siamo mai stati la classica famiglia cristiana tutte le domeniche a messa.
Ugo Foscolo ne "Dei Sepolcri" sostiene che le tombe sono il mezzo di connessione coi morti per coloro che hanno voluto bene. La tomba è solo memoria, è solo un momento di comunione con chi non c'è più. E mio padre sin dalle prime settimane dalla morte di mia nonna, almeno un giorno alla settimana lo dedicava alla madre. Anche quando lavorava fuori, il suo primo pensiero era quello di andare a trovare mia nonna. 
Che luogo strano il cimitero. Non dico macabro. Dico, strano. 
Una sensazione che è la stessa di soli altri due momenti della tua vita: quando il pensiero della morte è vicino più che mai, quando la morte è arrivata e tu l'hai vista passare.
Mai come in questo periodo, ci penso spesso. 
Chi muore, dov'e che va? Della tua vita, della tua carne, dei tuoi affetti, della tua memoria, cosa resta? 
Oggi sono stata ad un funerale.
Dopo la morte, la nostra anima continua a vivere la sua interiorità? 
Ricorderà il suo primo parto, il pianto del suo primo bambino, il giorno del suo matrimonio, il natale con i figli, la sua giovinezza coi fratelli, le cose che ha vissuto, le cose che ha affrontato, il matrimonio dei suoi figli, il primo giorno della sua destinazione?
Questo è un discorso usuale, eppure, c'è un pensiero più profondo che sto pensando ma che non so esprimere.

giovedì 26 ottobre 2017

A puttane, io

Che io non sia mai stata niente per me stessa si è sempre saputo.
Adesso, ho la consapevolezza di essere il niente sulla faccia della terra.

domenica 22 ottobre 2017

Bellissimo

(questo post non è niente di speciale, semplicemente, dovevo fare ordine nella mia testa; ma il piano è fallito perché è tutto un casino)

La musica è sempre stata il parametro per capire me ed il mio modo di essere.
Come quando in un'equazione biquadratica, usiamo il parametro t per poter risolvere (sì, qualcosa l'ho imparato in questi cinque anni del cazzo). 
Niente è mai stato il mio forte se non l'uso della parola. Neanche il linguaggio del corpo. 
E certe volte, mi chiedo se ciò che scrivo o se ciò che sento viene recepito da me come viene recepito dagli altri. La risposta è no. Ognuno di noi ha una sorta di quadernino interiore in cui è appuntata ogni singola parola ed ogni singola relativa impressione, ciò che è per te, non è mai per tutti. E allora, chi mi capisce è come me? Condivide con me gli stessi binomi lettere-emozioni? O è solo empatia? 
In questi giorni c'è una canzone che mi rilassa i nervi e mi attorciglia i pensieri: Bellissimo.
I primi dodici secondi di questa canzone, scanditi da dita che suonano un pianoforte, fanno da metronomo alle prime ore che mi sveglio e alle ultime ore prima di acquietarmi nelle coperte. 
E la prima strofa, fa da propaganda a quest'anno di merda che non passa più, o che è passato o che ricomincia o che deve finire quando mi consegneranno il diploma e me ne andrò a fare in culo da qualche altra parte. 

''Beh, è andato tutto storto e sono vivo.
Quest’anno scorso in fondo è stato solo positivo
anche se a volte nello specchio non mi riconosco.
La vita è il morso di un molosso come un cane corso.
Ed al mio amico che mi consiglia l’aggregazione
Ho detto “mi frega zero della tua spiegazione”.
Quando si annega, è vero che dall’imbarcazione
c’è chi si aggrappa a un remo e spiega le vele altrove.''

Non è possibile ripercorrere gli eventi catastrofici dell'anno 2016/2017 in qualche riga di una canzone come tante. Che strano l'aggettivo ''catastrofico''. Mi dà l'impressione di un aggettivo che vuole prendere per il culo, o che vuole essere un modo come un altro per sfottere qualcuno di qualcosa, per presentargli davanti, ironicamente, come e perché non c'è nessuna catastrofe, si è solo melodrammatici.
Quanto odio quando mi si viene detto:''Ma quanto sei melodrammatica!''. Ma se fosse un melodramma o se non fosse una catastrofe vera e propria per me, perché te ne starei parlando?
A un certo punto della mia vita, ho solo modo di pensare che nessuno può capirti veramente eccetto te stesso. Anche se, ammettiamolo, ci sono gli stronzi che ti rinfacciano il fatto che tu ti preoccupi di un qualcosa che alla fine non è niente e gli stronzi che, quasi inteneriti, vogliono tranquillizzarti benevolmente. Di queste due categorie, preferisco la seconda, ma dato che odio sentirmi dire:''Ma no, stai tranquilla, sono cose stupide, una cosa come un'altra'', preferisco una terza opzione. E cioè, tenermi tutto per me. 
Il ritornello di questa canzone è zucchero nel caffè, è il momento di rilassamento all'estrema potenza. Come se quietasse, senza infilare dita nelle piaghe.

''Ho accettato che è bellissimo
rilassarsi nel pericolo,
dentro agli attacchi di panico.
La vita chiede rischi maggiori.
Oggi casa mia è un cunicolo,
arredato dopo un incubo.
Denti neri e sguardo livido,
la vita chiede azzardi migliori.''

In questi giorni, poi, mi è successa una cosa strana. Ho quasi voluto sfidare il destino, se mai esistesse. Mi son detta:''Chiama lo studio della psicologa al consultorio, se ti risponde allora è destino, se non ti risponde, allora è destino''. Beh, alla fine? Ho chiamato. ''Buonasera, consultorio della diocesi bla bla bla bla bla bla, per consultorio familiare clicca 1, per biblioteca clicca 2, per consulto medica clicca 3 ...'' inutile dire che non l'ho fatta manco fatta finire la registrazione, ho attaccato. E la prima cosa che ho pensato è stata.
M'hann fatt o' pacc! Che traslitterato dal napoletano, mi hanno fatto il pacco. E cioè, mi hanno chiusa in una situazione che non prospettavo. E' destino o non è destino? Poco importa.
In questi giorni, poi, ho riflettuto sui miei pensieri blasfemi. Come l'uomo o credere al destino, o credere a Dio, o credere al malocchio, o credere alla magia? Perché l'uomo ha un così alto bisogno di confidare in qualcosa o qualcuno? Perché l'uomo si sente così piccolo e debole da dover pensare che ci sia qualcosa al di sopra di noi capace di giostrare ciò che non possiamo giostrare noi? Noi non ne siamo capaci? Forse no, forse è intrinseco dell'uomo. Forse è intrinseco della natura umana. Forse siamo attratti da una spiritualità necessaria, naturale.
Gli atei si sentono superiori dei cattolici che credono alla vergine maria, la trinità, l'eden, la mela e il serpente. Ma l'ateismo esiste? L'uomo è capace di vivere disincarnato dalla spiritualità spontanea di ognuno di noi? L'uomo può credere solo in se stesso e nella sua razionalità? Perché i cattolici sentono di aver capito qualcosa di universalmente stabile e spiritualmente vero per l'umanità intera? Perché i religiosi sono convinti di aver conosciuto grazie al loro dio la destinazione dell'umanità intera dopo la morte della nostra carne?
Lascio il mio cervello vagare ancora un po' in questi interrogativi inutili e che potrei risparmiami per studiare un po'.




venerdì 20 ottobre 2017

Fra i serpenti a sonagli

Certi giorni, ti senti indifeso.
Indifeso, senza armi, armature, né parole per difendere te stesso, o magari il tuo orgoglio, o magari i tuoi sentimenti. 
Odio definirlo incassare. Io non incasso, io mi lascio sbranare. 
Con la pelle già scuoiata, mi faccio uccidere. Ma le persone non ti uccidono mai per bene, ti accoltellano, ti strappano un rene, ti amputano le gambe ma non ti fanno morire.
E alla fine, tu, sanguinante, senza rene e senza gambe, finisci di uccidere il tuo corpo, i tuoi pensieri, tutto quello che rimane della tua carcassa.
E alla fine della tua giornata, dici, hanno fatto bene ad uccidermi. 
Certi giorni, sei su un orlo: a metà tra l'indifeso, a metà tra il già morto.

Giro di Notte

Lontano dai guai.
Vorrei stare, lontana dai guai.
Poi mi guardo piangere e mi viene da strillare, perché capisco che c'è una forza centripeta più forte di me che mi spinge nel caos.
Voi direte, bella scusa.
Ma io non ho scusanti.

sabato 14 ottobre 2017

Vivo mai, morto mai

Non ricordo in quale bella poesia
Petrarca ammirava la notte, il buio, i grilli
io stasera i grilli li fucilerei.
Voglio pace.

mercoledì 4 ottobre 2017

Il Terrore

L'ultima volta che ci andai risale forse all'aprile del mio terzo anno di medie, perché ricordo bene che in una delle ultime sedute parlammo di mia nonna, che era morta proprio gli ultimi di questo mese.
L'ultima vera seduta non la ricordo per niente bene, perché decisi all'improvviso di non andarci più, senza salutarla, senza chiamarla, senza scambiare un'ultima parola. Dissi a mia madre:''Chiamala e dille che non vado più, sto bene ora''. Non me ne presi nessuna ''responsabilità'', non ebbi le palle, come tante altre volte ancora, come tante altre volte prima, come tante altre volte dopo.
Ricordo che facevamo due sedute a settimana. Le prime sedute sono state terribili: io non parlavo, lei parlava per me, ed io per acconsentire piangevo e per dissentire sbuffavo.
In una seduta dei mesi più caldi, credo forse marzo (ricordo benissimo che in quel periodo correva la festa della donna o qualcosa di simile), mi chiese di farle leggere una mia poesia. Io non mi sono mai permessa, mi sono sempre vergognata dell'idea che qualcuno leggesse di me.
In realtà tra me e lei c'era uno spirito di armonia ed uno spirito di caos. Ero completamente a mio agio ed ero completamente a disagio allo stesso tempo.
Per essere coerente con la mia irresponsabilità nell'avere le palle, le dicevo sempre:''La prossima volta ti farò leggere'', oppure:''qualche volta ti faccio leggere la più bella che ho scritto fino adesso''.
In realtà con lei era sempre ''la prossima volta''. Non capivo se fossi a disagio con lei o con me e con quello che dicevo, scrivevo, facevo sul mio corpo.
Era un continuo fingere, da parte mia. Poi scoppiava il Terrore nella mia testa e lei mi diceva:''Se non vuoi parlarmi, posso almeno sentire come stai da quello che scrivi?''.
La mia passione per la scrittura è nata nel periodo più terrificante della mia vita. Da qualche parte avrò ancora conservato tutto ciò che composi, e che non ho avuto più il coraggio di rileggere, perché certe volte ho l'impressione che non c'è niente di terrificante attorno a me, ma terrificante sono io.
Mi chiese di farle leggere una delle mie poesie preferite, perché sapeva che del programma di terza media mi ero appassionata tantissimo a Leopardi. Io scrissi su un foglio a righe ''A se stesso''.

Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perí l’inganno estremo,
ch’eterno io mi credei. Perí. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
l’ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
e l’infinita vanitá del tutto.

Continuammo questo ''gioco''. Questo forse è uno dei ricordi più vividi che conservo: discutevamo di letteratura, storia, psicologia. Ricordo che una volta leggemmo insieme ''La pioggia nel pineto'' riflettendo sulle parti più belle di quella poesia.
Ne ho anche dei ricordi che mi fa vergogna a dirli, e che infatti non ho confessato mai a nessuno, neanche a mia madre.
In questi anni ci ho pensato spesso. Mi sembra tutto un ricordo sfumato, lontano, troppo passato da poter ricordare.
E in questi giorni, in questi mesi, ci ho pensato anche di più. Avrei voluto ritornarci. Per chiedere scusa, per dirle che non è cambiato niente, per chiederle cosa ha detto a mia madre i primi di maggio quando decisi di non andarci più e quando le chiese di venire in studio perché doveva parlarle.
Una parte di me si chiede se lei avesse previsto tutto questo. Una parte di me si chiede curiosamente cosa lei potrebbe dirmi se dicessi:''Sto così'' e mi denuderei, una volta per tutte, per la prima volta in mesi e mesi. Una parte di me si dice che sono stronzate. Una parte di me invece mi sussurra:''Sei stata senza per cinque anni, perché adesso?''.
Mi sono sempre chiesta cosa ho. Fluttuano attorno a me cose, cose e cose. E non mi sento più me, come non mi sono mai sentita veramente. Mi chiedo se attorno a me qualcuno sa cosa penso, se magari ci si accorge, se magari si nota che qualcosa mi complessa la vita di tutti i giorni.
In questi giorni sono senza forze, senza voglia, senza niente. Non è un senso di vuoto, è un senso di <inganno estremo>. E' un senso di essere piccola sotto una trave pesante ma su cui appoggio vasi di fiori, cestini con caramelle, festoni colorati.
La più grande domanda del mio passato adesso è diventata un interrogativo a cui rispondere: lei immaginava questo? Lei sapeva che sarebbe successo questo? Lei che ha capito di me che io non riesco a capire, né mia madre, né nessuno? 

lunedì 2 ottobre 2017

Fa che sia inerzia

Odiami se vuoi.
Odiami e detestami.
Piangi di me e ridi di me
fino a perdere i sensi
fino a farmi perdere i sensi.
Odiami se vuoi.
Alzo gli occhi attorno e vedo solo avvoltoi.
Sarà per questo che non ti guardo mai
sarà per questo che non volgo lo sguardo al tuo specchio nell'animo.
Mi spezzerei, in mille pezzi.
Diverrei non cenere
ma polvere, invisibile, incastrata nel tessuto di ciò che resta di me.

domenica 1 ottobre 2017

Il Sole e la Luna

Il sole chiedeva alla luna
di fargli un po' compagnia
e lei lo ascoltava, mentre volgeva lo sguardo altrove.
Un lupo solo chiedeva alla luna
di fargli un po' compagnia
e lei lo ascoltava mentre abbassava lo sguardo su di lui.
Il sole si offese e la luna rientrò;
la luna rientrò e il sole bussò alla sua porta.
Quando la luna ad occhi chiusi e a bocca asciutta
comparve nell'imbrunire delle sette
il sole la cercò e lei lo ascoltava, muta
pianse, e non parlò più.
Il dramma dei simili,
parlarsi e non capirsi
non parlarsi e non capirsi.

domenica 24 settembre 2017

Niente temporali, io e questo sole, oggi, siamo come fidanzati

Settembre è sempre stato il periodo dei cambiamenti.
''Smetto di fumare'', ''smetto di mangiare'', ''smetto di non studiare per settimane intere'', ''smetto di essere stronza''.
Questo settembre è un settembre diverso, un settembre positivo, senza finti propositi ma più che altro un settembre con la grinta del propormi in cose differenti e la tranquillità nel portarle a termine (senza ansia, senza sopruso, senza essere tiranno di me stessa).
L'ho capito, e mi sembra di aver salito una quindicina di scale per quanto sono stata abituata a costringermi in certe cose.
Non smetto di fumare, perché fumare mi rilassa. Ho prefissato cinque sigarette al giorno o anche meno, e quando mi viene l'ansia di avere poco da fumare e troppa voglia di fumare, dico a me stessa:''stai sciolta''.
Non smetto di mangiare, sono a regime, sempre, comunque, da adesso a quarant'anni. Eppure, mi concedo le mie ''fantasie''. Una settimana a mangiare solo insalata, fette biscottate, acqua e ieri sera: kebab, maionese, patatine, provola, insalata. Oggi: caffellatte e cornetto ripieno di nutella.
Non smetto studiare e non smetto di non studiare, si studia quanto basta. Addio settimane intere di studio, addio settimane a recuperare interi programmi di fisica e greco. Addio!
E non smetto neanche di essere stronza, perché c'è un lato del mio carattere che mi rende pungente, non posso farci nulla, con tutta la mia buona volontà.
Si trova un equilibrio, un equilibrio per ogni cosa. Arrivi ad un certo punto del mese, della settimana, dell'anno, che hai bisogno di stare in equilibrio. Né in eccesso e né in difetto, in equilibrio con te stessa, i tuoi vizi, le tue attitudini.
Per un verso, sono portata a dire con consapevolezza che questo senso di armonia durerà pochi e pochi giorni: quest'anno dovrò diplomarmi e ciò comporta uno studio maggiore per non rinunciare all'ottanta a cui aspiro. Studiare richiederà pazienza, organizzazione, costanza ed io smadonnerò già dalla settimana prossima, perché, tra parentesi, dovrei addirittura patentarmi entro novembre. Saranno mesi di nervoso, di bestemmie, di pianti isterici e di ''io non mi presento'', ''io non mi diplomo'', ''vaffanculo io non ci vado all'università'', ''vaffanculo a me che volevo patentarmi''.
Ne ho la consapevolezza ma non mi interessa. Oggi è domenica, non si va a scuola, mamma non lavora e c'è il ragù. C'è un sole cocente e un leggero venticello quasi poetico.
Vaffanculo al lunedì, a storia dell'arte, alle mille materie orali in cui devo prepararmi per domani: oggi è domenica ed è una bellissima giornata. E niente e nessuno può cambiare il mio buonumore. 

martedì 19 settembre 2017

Ho raccolto Fiori


Ho raccolto Fiori
come se fossi un fioraio.
Li ho tenuti, raccolti nella mia mano, stretti
come le mani di mia sorella racchiuse nelle mie quando camminiamo
per le strade della city.
Sono appassiti, un po' per il tempo senza acqua
un po' per la stretta del mio pugno.
Sono appassiti uno ad uno ed adesso
ho comprato un fiore di plastica.

Non appassisce, ma vuole fiocchi, odori, vasi in cui poggiarsi. 
Mi distraggo pensando ai fiori che potevo non cogliere
ai fiori che non dovevano appassire, al fatto che i mazzi di fiori non fanno proprio per me. 

giovedì 14 settembre 2017

Ultimo primo giorno di scuola

Il sedici settembre dello scorso anno scrissi di Lei.
La belva, Maga Magò versione scheletrica e riccia, l'attaccapanni in ferro battuto con due occhi e un paio di stivali consumati ed invernali, anche a giugno.
Ebbene sì ... dopo quattro anni, la nostra storia alla Catullo (di amore e odio) si porta a conclusione.
E' diventata preside. Ed è andata via. E non c'è più. E adesso italiano lo studiamo con un'altra professoressa che non è lei. E adesso la mia professoressa al top della classifica, non è più la mia professoressa. E' solo un bellissimo pensiero al quale associo il mio amore per lo studio, per la letteratura italiana, per i versi.
Mi ha fatto strano non vederla per i corridoi. Mi fa strano pensare che mentre io penso lei non pensa alla mia classe, a questi quattro anni indimenticabili, a questo liceo che lei ha lasciato con la quarta e io non voglio lasciare per nessun motivo al mondo.
Questo è il mio ultimo anno.
Durante il mio primo anno di liceo non avrei mai pensato di dirlo, e dirlo mi commuove. Mi mancherà il liceo.
Mi mancherà come ad un neonato manca l'odore della mamma.
Il quattordici settembre dell'anno prossimo io non sarò nell'aula 36 al secondo piano, l'ultima classe del corridoio sulla sinistra, vicino le scale d'emergenza.
Mi mancherà tutto questo: le sigarette fumate di fretta e furia nei bagni, nel cortile, sulle scale d'emergenza. Mi mancheranno le strilla della vicepreside e mi mancheranno i panini della salumeria del liceo.
L'erba bagnata che diventa fanghiglia, la cappa di studenti che si accumulano all'entrata per ripararsi dalla pioggia, i fogli volanti con gli appunti, le tapparelle che ti cadono addosso. Il buongiorno del Signor Savio, le chiacchiere coi professori, le chiacchiere nei bagni con gente a caso, le tute mai messe per educazione fisica, il caffè scroccato dal signor Felice.
Mi mancherà tutto questo e mi mancheranno tanti altri piccoli dettagli, tante altre piccolezze, che a dirle, mi sento stupida.
Sarò patetica, sarò melodrammatica, sarò semplicemente giovane, adolescente, incapace di rassegnarmi al dover crescere. Ma io, io, resterei sempre qua. Sempre alle superiori, tutta la vita. Sempre in bilico tra le responsabilità e la libertà, tra la maturità e la leggerezza, tra il senso del dovere e il senso dello svago, tra le stronzate e i discorsi seri, tra persone e persone, che sono esattamente come me: liceali.

- Rimarrete sempre in me.
Rimarrà in me ogni singolo pezzo di questo liceo.
Rimarrà un tratto di tutti i miei professori nella mia intimità
rimarrà un tratto di tutti i miei compagni di classe nelle memorie di questi quasi cinque anni.
Rimarranno in me le occupazioni, i presidi, i progetti, le iniziative
le discussioni, i convegni, gli incontri con autori
tutto quello che il liceo mi ha regalato
per farmi crescere, per farmi capire, per farmi imparare, per farmi scoprire da me stessa e dagli altri.
Vorrei che non finisse mai. -

lunedì 21 agosto 2017

C azzo A iutami O S parisci


Spesso mi piacerebbe allontanarmi dal caos.
Vorrei per un minuto allontanarmi dalla confusione attorno e dentro me.
Vorrei poter scucire quest'ombra di disarmonia che mi si è incollata addosso e non mi lascia ad ogni mio salto, ogni mia corsa, ogni mio fermarmi in un punto e tentare di scrollarmi tutto di dosso.
Ruotano attorno a me nomi, fatti, sensazioni, ricordi, urla, cose di cui mi pento, cose che rimpiango. Mi trascino dietro tutto ciò che è impossibile da trascinare.
Le due metà di me si tirano i capelli. Una attacca l'altra di giorno, e vince. L'altra attacca la prima di notte, mentre meno se lo aspetta, e vince.
Il giorno è per i propositi. Per le riflessioni. Per i piani, per i pianti.
La notte è per i vizi. Per cadere nelle stesse cose con cento persone diverse, per godermi ogni singolo minuto con l'ansia di pentirmene.
E' una mania ellittica che mi rinchiude in me stessa. Che mi fa socchiudere gli occhi, che mi fa pregare il mio dio affinché possa salvarmi da questo, in un modo o nell'altro.

mercoledì 16 agosto 2017

R

R

Una volta mi dedicasti una canzone di Lorenzo Fragola.
Non l'ascoltai nemmeno, tanto che ero esaltata dal fatto che tu mi avessi dedicato una canzone.
Forse era quello l'unico appello di cui non ho colto l'allarme.
E adesso, mi costringo in canzoni di cui odi il genere musicale e che ti dedico con tutta la mia forza del pensiero, sperando che ci sia una qualunque forza diversa dalla mia a suggerirti il mio nome. E a ricordarti di me.

lunedì 14 agosto 2017

Tu t'è scurdat e' me



Ho sempre camminato per strada fissando negli occhi chi passava.
Ed ogni volta, ho sempre camminato per quelle strade ricordandomi di ogni paio di occhi
che ho incontrato.
Ho impresso nella mia mente voci, portamenti, andature
come se la mia mente fotografasse tutto ciò che vivo.
Nella mia mente ti ho disegnato così bene da vederti riflesso ogni volta
avvinghiato alle mie spalle, con una mano che solletica il collo
mentre mi guardo allo specchio. 
Sei così vivo dentro me che a volte mi sembra di vedere i cerchi di fumi
che facevi prima di passarmela. E in silenzio, fingo di non sentirti così vicino.
Vorrei che si spegnesse la fiamma che mi tiene calore in tutto questo fare e in tutto questo dire
perché a volte mi giro di scatto riconoscendo la tua voce
senza mai pensare che tu t'è scurdat 'e me.

domenica 6 agosto 2017

Al buio, cerco, ad occhi chiusi


Ieri notte mi è crollato l'ultimo briciolo di calore addosso
è stato un masso venuto giù per niente.
Ha fatto un grosso tonfo e ha sparso la mia stanza e la mia casa di faccende vecchie
arcaiche, protagoniste della vita dei mostri nei nostri armadi.
Ieri notte mi è crollato l'ultimo briciolo di vivo addosso
è stato ... pesante. Mi ha inciso tagli che pur di non vedere deciderò di scuoiarmi viva la pelle.
Ieri notte mi è crollato l'ultimo appiglio di speranza addosso
mi ha spiaccicato la testa, mi ha sfracellato il cuore. Mi ha fatto così male da farmi piangere l'intera notte
da farmi spezzare in due la vena su cui avrei voluto incidere un augurio per domani.
Si è spaccato in due l'ultimo ologramma, ricordo di chi sono.
Non sono più.
Non esisto più.
Esiste il mio cercare i pezzi di me caduti per sbaglio nel posto vuoto in cui faccio entrare chiunque
pur di non pensare che è vuoto.
Non sono niente.
Non rimane che un taglio, che mi ha fatto venire paura di morire
non rimane che la mia voce, che mi grida puttana
non rimane che la mia voce, che cerca aiuto a bocca chiusa.

venerdì 28 luglio 2017

Non ero l'unica per te

I miei demoni cavalcano i miei pensieri
si anneriscono i miei occhi, si stringono le dita su loro stesse
corrugo la mia fronte, le mie labbra schiuse, ghigno.
L'aria che tira mi fa afferrare una pistola
carica delle stronzate a cui non ho mai replicato.
Siamo io e te, nel parcheggio in cui ti scuoierò la pelle.
In cui ti squarcerò la gola.
Tu non mi meriti.
E le tue spalle che si voltano, spavalde
e la tua faccia che si gira mentre ti fisso aspettando che mi parli
contano più delle tue tante parole.
Vali zero.
Mi hai atterrita
e non ti sei preoccupato di come avrei fatto a rialzarmi.

sabato 22 luglio 2017

Alla fine li ho tagliati



E alla fine? Alla fine li ho tagliati.
Senza dire niente a nessuno, un giorno sono corsa dalla parrucchiera e li ho tagliati. Corti, cortissimi.
E le mie spalle si sono scrollate i dissapori, le tristezze, quelle mani il cui tocco voglio cancellare dalla mia memoria.
Voglio essere una persona diversa. Qualcuno che nessuno potrà riconoscere.
Voglio essere nuova.
Voglio rinascere in un nuovo corpo, in un nuovo modo di essere, in un altro nome.
Voglio cancellare ciò che sono. Perché adesso, proprio adesso, mi sembra di vivere a metà: a metà tra l'essere me e a metà tra il vivere la vita di un'altra persona.

giovedì 20 luglio 2017

Ti ho portato solo rose nere



Ho avuto i polsi bruciati
e nessuno ha chiesto quale fosse l'estintore.
Ma a chi brucia non si chiede come spegnere ciò che divampa
a chi brucia si chiede di bruciare.
Bruciare, scaricare, devastare
ma poi farsi stringere e fare ordine.
Vorrei sentirmelo dire,
facciamo ordine.

mercoledì 19 luglio 2017

check out



Torno coi piedi per terra.
Si prosciuga la mia mente, torno disillusa
sulla strada di casa.
Il viaggio è finito.

Erano belle le nuvole, quand'ero bambina pensavo che fossero grandi cuscini
di zucchero filato, appiccicosi al tatto
e invece, è solo aria. Aria bianca che scompare agitando una mano.
Non è vero che gli stormi si adagiano sulle nuvole e riposano le ali
gli uccelli si perdono e si cercano, cinguettano funesti
ma poi si guardano indietro
e scampato il pericolo, accantonano il ricordo di ciò che è perso.
Disillusi dalle altre mille nuvole che li hanno inghiottiti.

E' così con te.
Sei tu la mia nuvola. 

martedì 18 luglio 2017

Levi's

io che c'ho solo guai dentro le tasche dei miei levi's
vorrei rubare i desideri a fontana di trevi
abbiamo lo stesso sangue, no, non serve che mi spieghi
te dimmi dove sei mi faccio tutta roma a piedi


ma tanto tutto passa
passa questo casino in camera mia
passa l'odore di chiuso, l'odore di morto
passa il mio vizio di fumare e di perdere sempre la cognizione del tempo
ma tanto tutto passa
forse dovrei cambiare aria, prendere il primo volo alitalia
ma poi mi guardo allo specchio
poi guardo le cartacce in giro per la scrivania
le carte delle merendine che mangio e rimangio
la cenere della mia voglia di stare tra la gente
e torno a letto
la stessa canzone messa e rimessa all'infinito
vomiterei tutto l'eccesso che ho accumulato nel pozzo del mio stomaco
tutto quello che ho mangiato, tutti i groppi in gola che ho buttato giù
tutte le parole che mi sono mangiata parlando con chi sputtana la mia logistica
tenetevi la vostra cazzo di poetica

- V di vaffanculo

martedì 4 luglio 2017

routine del cazzo

Queste giornate passano tutte nello stesso modo.
Mi alzo frequentemente per poi tornare a dormire dalle sette alle nove, in modo da controllare se mia sorella dorme oppure no.
Mi alzo, accendo la tv, metto il latte nel pentolino odiando il fatto che poi lo devo lavare, butto giù dei cereali, controllo il cellulare, e faccio su e giù dal divano al balcone. Fumo e bevo caffè, fumo e bevo caffè.
Sistemo la mia stanza, mia sorella si sveglia e faccio lo stesso: metto il latte nel pentolino odiando il fatto che poi lo devo lavare, butta giù dei biscotti, la lavo, l'asciugo e si mette al computer a vedere qualche film disney.
Sistemo la cucina, controllo il cellulare, pianifico cosa fare nel pomeriggio.
Aspetto che mamma torni, quando torna mia madre pranziamo, poi mi faccio una doccia, poi mi asciugo e aspetto che si facciano le cinque e mezza.
Alle cinque e mezza mi aspettano a scuola guida: un'altra guida penosa, un'altra guida andata male, sarà la prossima.
Torno a casa, mi cambio, scendo.
Auricolari, scarpe da ginnastica, faccio due passi, una corsetta, qualunque cosa pur di far qualcosa.
Torno a casa, mi lavo, ceno, mi metto sul letto.
Scrivo qualcosa, faccio finta di scrivere qualcosa, a mezzanotte crollo.
Dormo, beatamente, poi mi alzo dalle sette alle nove per vedere se è sveglia.
Queste giornata passano tutte nello stesso modo e non vedo l'ora che passino tutte.

domenica 2 luglio 2017

armonia e caos

(non ho le palle di rileggere)

Sono giorni, giorni tremendi. Giorni in cui non tollero la mia voce che si muove dentro di me per parlare con gli altri.Giorni in cui non tollero la presenza di nessuno.
Certe volte, improvvisamente, mi estraneo. Mi tiro fuori dalla realtà. Certe volte, improvvisamente cambio.
Mi trasformo in una persona che ho conosciuto tempo fa, quando credevo che non esistere mi avrebbe aiutato a non soffrire più di tanto. Mi trasformo in una persona con cui ho smesso di avere a che fare da un po'. Non ho più dimestichezza con questo lato di me stessa che odio, odio profondamente, eppure è necessario, per come mi sento adesso.
Non sbuffo, sospiro. Non parlo, ma neppure gesticolo, mi esprimo con gli occhi, mi faccio capire.
Non mi va di parlare. Non mi va di ridere. Non mi va di stare con gli altri, perché non c'è un minuto in cui non mi risulti difficile seguire certi discorsi. Perdo il filo, inciampo sui miei pensieri, e ppuff ... non penso più a niente. Un minuto prima nella mia mente il putiferio, un minuto dopo non c'è nulla che sappia dire. Me le hanno dette di tutti i colori.
Non sai mai che dire, è sempre tutto a posto, non ci dobbiamo mai preoccupare, non c'è nulla che non va. Mi dicono che so dire questo. E io lo odio perché non sono scuse, è solo quello che c'è nella mia mente quando gli altri mi parlano: niente. Vado in crisi. Non so che dire, ma non lo recepisco come un problema, non lo avverto come un qualcosa di ''pericoloso''. Diventa un problema per me quando gli altri mi pongono la questione come un problema, ma non tanto per la cosa in sé, ma perché è un problema che gli altri pensino che io sia un problema. Perciò non si devono preoccupare, perché se si preoccupano per me è solo più difficile, è solo più impegnativo sopportarlo. Non c'è nulla che non va, sì, questa è una bugia.
E' una bugia perché non è vero che non c'è nulla che non va. Mi sento strana, ho l'assillante preoccupazione che questo senso di strano permanga per me molto tempo ancora.
Rido, esco, socializzo, faccio la simpatica, trucco, tacchi, orecchini super giganti, ego pompato e sicurezza che tramuta in sicurezza nei gesti, nei movimenti, negli atteggiamenti. Rimorchio, mi faccio corteggiare, esco, rido, ballo, bevo, sembra che tutto vada come deve andare. Mi svago e sto bene. Poi dopo pochi giorni, dopo poche ore, dopo poche settimane, qualcosa torna a turbarmi.
Senza motivo. Senza causa. Senza accidente che venga a interrompere il mio buonumore. Senza un lampo o tuono che annunci il temporale.
Così, all'improvviso, mi chiudo in casa, ascolto le stesse canzoni, scrivo, disinstallo whatsapp, disattivo la sim, nessuno può parlarmi, nessuno può cercarmi, nessuno può venire a togliermi da questo profondo stato di distacco dalla realtà, dalla comitiva, dalla famiglia, da me.
Tutto il giorno sul letto, esco per una corsa, butto giù qualcosa, e se mi chiedete cosa penso io non lo so. Io non lo so.
Non lo so.

Il mio disturbo

Diciotto candeline su una torta di compleanno,
mi hanno chiesto il desiderio
ed io, zitta, chinata, pronta a spegnerle una ad una.
Misi il vestito, uscii a ballare
brindai, tutti i calici a mezz'aria, auguri a me.
Diciotto candeline 
diciotto fitte allo stomaco, diciotto fiori in un bouquet,
li ho odorati tutti.
Diciotto candeline spente
gli occhi chiusi, la bocca socchiusa in un soffio di leggera attesa.
Mi hanno chiesto il desiderio
non ricordo a che pensai.
Adesso penso a un cappio stretto bene
e il mio umore che penzola dal soffitto
coi piedi che svolazzano nel vuoto e la bocca socchiusa come quel soffio.
In leggera attesa, pietrificata nell'assenza di un'anima
compio il mio suicidio lirico. 

venerdì 30 giugno 2017

Empatia che non esiste


Fottitene. Corri e vai, che tanto a questa gente importa niente se tu non ci stai.
Fottitene. Corri e vai, che tanto non importa quanto lotterai.

Corro. Corro e dentro grido.
Dentro di me c'è una voce che reprimo a fatica. Mi strapperei i capelli, mi strapperei la pelle di dosso, mi prenderei a morsi le dita.
Perché, perché, perché, la gente vuole sapere questo. Maschera i perché con una finta empatia che mi fa stendere gli aculei e mi fa avanzare nella mia tana, chiudendomici dentro, di nuovo, per un altro lungo gelido inverno.
Perché, perché, perché, non avete altro a cui pensare. Vi celate dietro un finto interesse per godere della mia debolezza.

domenica 25 giugno 2017

fermarsi a pensare



Ovunque io porti lo sguardo, ovunque io tenda orecchio, la mia mente sintetizza una sola unica parola, un solo ed unico messaggio che fa da input alle mie riflessioni: leggerezza.
Borbottano:''Nella vita ci vuole leggerezza'', consigliano:''Nella vita non devi essere pesante''.
Ma che ne sapete voi della vita? Che ne sapete, voi, della mia vita?
Ovunque, sul mio corpo, la mente scrive a penna nera: esigo leggerezza, esigo leggerezza, hai bisogno di leggerezza. Come se anche la mia mente avesse firmato una coalizione anti-me.
Ma come si fa ad essere leggeri? Come fate a mettere da parte i vostri mille pensieri, le vostre mille paure, il vostro vissuto, le vostre paranoie, i vostri dubbi, i vostri pregiudizi, le vostre impressioni, il vostro sesto senso, la vostra intuizione, il vostro spirito di dissociazione? Come fate ad essere leggeri?
Lo capisco adesso, scrivendo ciò che state leggendo, voi riuscite ad essere leggeri quando dovete fare i conti solo con voi stessi., quando non avete terze persone, nessuna spiegazione da dare, nessuno che vi metta in crisi. Non so se potete capirmi, non so se mi faccio capire.
Dicono, siamo leggeri quando prendiamo le cose così come vengono, senza l'ansia di dire di fare di chiarire di programmare. E invece, no, quella per me non è leggerezza. Quello è vivere per vivere, accontentarsi di come viene e se non viene come speravamo, continuare ad accontentarsi finché non si gira la frittata.
Nella vita ci vuole leggerezza. Ed io, leggera non lo sarò mai.

giovedì 22 giugno 2017

<< Non sente nessuno >>

Ma se la folla dice buttati
e tu sei su un precipizio
non puoi non buttarti
perché la debolezza è una mano
che fruga nel tuo stomaco e assottiglia i sensi
tanto da rendere flebile la cognizione della realtà.
Se la folle poi dice non buttarti
tu calati in te stesso a costo di non vivere il reale
che non esiste, se non solo nella tua testa
questo concetto sdradicato dalla tua sensibilità.
Ma se la folla ti dice buttati
non fingere di non esistere, sei tangibile come la tua voce 
i tuoi passi, le tue partite, le tue pillole
e se la folla ti dice buttati
tu buttati, in qualunque cosa possa distrarti dall'incoscienza del tuo vivere
la maria, le poesie di Pasolini, quelle di Pavese
qualunque vizio si possa rimediare
al limite, alla fine, di questa tua vita.
E se questo non bastasse a farti vivere per conto tuo
tu sai che fare. 
Tu sai che farne. 


martedì 20 giugno 2017

Forse, non m'importa

Vi siete mai sentiti come se la soddisfazione di tutto ciò in cui riuscite dipenda da altre mille cose, e mai da voi? Come se la soddisfazione fosse vostra, ma non lo è mai veramente.
Come se foste totalmente estranei a voi stessi e solo con mille e mille gratificazioni voi vi destaste da quel senso di stordimento.
Non avete piacere di voi stessi, avete piacere solo delle moine che gli altri fanno parlando di voi.
Vi siete mai sentiti insoddisfatti, ma non perché potevate dare di più, ma perché qualunque cosa voi facciate non è mai per voi ma per un briciolo di elogio?
Arriva quel momento della tua vita in cui nessuno più ti elogia, devi elogiarti da solo. Arriva quel momento della vita in cui bisogna crederci, e io, lo dico con franchezza, non riesco più a crederci.

domenica 18 giugno 2017

La rivincita dei non ricchi di spagna

Questo post è stato scritto in un momento di importante crisi di portafoglio.
Per cui, si sconsiglia di prendermi seriamente. O forse no.


Mia madre dice sempre che chi non ha mai avuto i soldi nella vita, fa di tutto per averli e alla fine ci riesce. Ci riesce e ne conserva quanti più ne può, perché è ossessionato dall'idea di accumulare e averne sempre nei momenti più particolari.
Mio padre invece dice sempre che chi non ha mai avuto i soldi nella vita, fa di tutto per averli e una volta che ci riesce li sperpera tutti quanti, indistintamente. E finisce per diventare come i classici ''ricchi di spagna'': soldi, soldi, soldi, sfizi, sfizi, sfizi, soldi, soldi, soldi. Per mio padre è una cosa che si trasmette con cadenza irregolare, una generazione sì e una generazione no.
Ed io credo che sia fermamente così. Perché chi ha troppo e non dà niente fa crescere i propri figli con la voglia di avere sempre di più e di sprecare sempre di più, alla faccia di chi aveva e non ha dato niente. E chi cresce con genitori che non hanno regole, danno, danno, danno, senza pensarci più di una volta, o si impuntano e decidono di guadagnarsi ciò che vogliono o si lasciano andare alla mania dei genitori stessi.
Ma qualunque sia la genesi di questa teoria, qualunque sia la genesi dell'argomento ''chi non ha mai avuto i soldi nella vita'', debbo dire che se fossi io, se avessi così tanti soldi alla zio Paperone, col cazzo che starei con la taccagna di quelli che hanno e conservano.
In momenti come questi, desidererei avere tanti soldi da non preoccuparmi di niente: vacanza con gli amici? Andiamo. Trecento, quattrocento, cinquecento euro? Che cambia? Tanto ce li ho e me li mangio alla faccia vostra. Una macchina mia? E che fa. La finanziaria, l'assicurazione? Tanto sono ricca di spagna.
L'unico motivo per cui conservo, conservo e conservo, è per garantirmi nel futuro quell'arroganza dell'avere e del poter spendere, investire, sperperare.
Spesso, quando passa il mio ex fidanzato, a bordo della sua celeberrima bmw, regalata da papino, tutti i miei amici si voltano e mi dicono:''Il ricco di Spagna del tuo cuore!''.
Quell'arroganza, presunzione, ostentata ''ricchezza'' mi incattivisce. Mi incattivisce, nel senso non proprio del termine. Sbatti i tuoi duecento euro nel portafoglio ogni sabato sera a me che ne ho dieci/venti? Stupendo.
Tra dieci anni c'avrò i milioni. Nel quartiere più bello di Milano. La Michael Kors (non quella di dieci euro) e le Louboutin che adesso si equiparano a due stipendi di papà. E tu rosichi.
Perché hai sempre avuto tutto e ti manca la cazzimma. Ti manca la determinazione, l'orgoglio, la rabbia di chi ha visto gli altri pieni e punta in alto.
Succhiate, ricchi di spagna figli di papà.

giovedì 15 giugno 2017

Adesso sono qui

Adesso sono qui
Adesso sono qui da qualche anno
qui, lontano da dove mi hai lasciato
vicino a ciò che mi è rimasto
e tra le mie braccia stringo il sogno di ciò che non sono diventato.

mercoledì 14 giugno 2017

Dentro è come fuori

''Waited on you for so long, too many days since January
I'm still sitting here alone
we should have did this already.''
Il calore.
La furia.
Il sudore.
L'irrequietezza.
Non riesco a stare ferma.
Non riesco a muovermi più di così.
Rimbombano nella mia mente momenti vecchi di anni, indelebili, incancellabili, che vomito fuori dalla mia mente a fatica.
Ti odio, ti odio, ti odio.

domenica 11 giugno 2017

Immergiti

Dare alla luce ciò che vive nella nostra mente.
E' questa la cosa più bella del potere di creare.
Dare la vita ad un modo di essere, ad un modo di vivere, ad un modo di sembrare che cova nella nostra mente e dargli un nome, un'entità, una nazione, un ideale, che non è solo immaginazione.
Non solo irreale, ma surreale.
A volte mi piace pensarli come persone nate da me ma completamente estranee al mio mondo.
Parlo di Yulian e Gioia, a Roma, che odiano se stessi, la loro città, la loro famiglia. O di Jonathan che rivive l'esperienza del carcere giorno per giorno, pur se oramai è passato, pur se oramai è lontano dalle palazzine che lo hanno condannato. O di Angelica e Gianluca, che si sono conosciuti e riconosciuti ma che oramai ''è andata così''. O di Lena che non c'è più, o di Miss Jane, cameriera di colore nel primo dopoguerra. O di Davide Mezzanotte o di Elsa e suo fratello, rintanato in un vizio che lo rosica giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino ad estinguerlo completamente.
Mia madre le chiama storie, ''stai scrivendo una storia?''. No.
Sto scrivendo delle persone. Delle persone che sento vive, attorno a me. Persone che faccio rivivere appena metto dita sulla testiera del pc.
E quante di queste persone ne ho perse, quante ne ho dimenticate e quante mi piace non ricordare affatto. Come, ad esempio, Emily. O Angelique, o Lavinia, o il signor Antonio e Lady Nikky.
Nella mia mente ci sono posti, persone, vite vissute, vite mancate, vite distrutte, vite morte. Ed è come se le avessi vissute tutte allo stesso modo, con la stessa intensità con la quale vivo la mia realtà.
E' questa la cosa più bella dell'essere in grado di scrivere e dare sfogo ad una fantasia che impregna la nostra percezione di vero.

venerdì 2 giugno 2017

hospital for souls

Qualunque sia il tuo problema, fai prima a risolverlo da sola, o a non risolverlo affatto.
Perché se aspetti un segno, una mano, una piccola parolina o un piccolo sacrificio, nel frattempo che arrivino ti è caduto il tempo addosso e sei in stato di decomposizione da qualche settimana.
Non dipendo da nessuno, qualunque cosa io voglia fare, la faccio da me, senza l'intromissione di alcuno. Eppure, mi irritano. Mi irrita.
Mi irrita dover sempre essere per gli altri quello che gli altri non sono mai per me.
Lo stesso discorso che pongo lo potrebbero fare altre mille mie ''vittime'', ma l'unica cosa che mi viene da dire adesso è: ma porcogiuda.
Costa a voi tanto quanto costa a me, e perché non lo fate costare? Perché devo fare sempre tutto da me?
Voglio allontanarmi da questo mio senso di solitudine e di abbandono e la gente più mi ci butta dentro. Più emergo e più mi fanno affogare.
Non voglio essere sola. Non voglio neanche pensare di poter esserlo, ma ciononostante, io, mi sento sola.
E poi sussurrano:''Tu non sei sola''. E allora perché sono sola in tutte le cose che mi tocca fare? Non sono sola? Eppure così mi sembra.
Ma non fa nulla, ho diciotto anni, la pelle dura e una testa di merda che sopporta, sopporta, sopporta, e quando non sopporta più, fa finta di sopportare.
Continuo con me, con la mia strada. Continuo a leggere e ad indispettire la mia mente.
Sono persa.
Ma piuttosto che trovarvi, preferisco perdermi quanto più ci si possa perdere in se stessi.

Un lato di me che neppure io comprendo

- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai, con me non ci parli.
- Ma non è colpa mia.
- Tu con me non ci parli mai.
- Ma è più forte di me.
- Tu con me non ci parli mai.
- E cosa posso mai dire?
- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai.
- Ma non lo faccio di proposito.
- Tu con me non ci parli mai. Tu con me non ci parli mai, con me non ci parli.
- Io con te non ci parlo mai. Io non parlo mai con nessuno.

Ci pensi mai?

Tratteggio sul mio corpo i punti in cui amavi toccarmi
vorrei non scordarmi mai delle tue mani su di me.
Ricalco le mie labbra con le dita
chiedendomi come sarebbe adesso
dopo tanto tempo, stare qui con te.
Mi chiedo dove sei, che fine hai fatto
se sei ancora come eri o se sei cambiato.
Se sei diventato adulto o se hai ancora
le mani di chi ha solo diciott'anni, se sei un uomo adesso
o giochi ancora con il cuore delle bambine che ti piace avere intorno.
Vorrei riconoscerti adesso, vorrei poter sapere se proprio adesso mi ameresti
adulta come sono
disillusa come sono diventata.

lunedì 29 maggio 2017

Fermati

Non me ne ricordo.
E' stato il periodo più brutto della mia vita e non me lo ricordo.
Non so dire quando è iniziato, perché è iniziato, quando è finito, se è mai finito.
Non me lo ricordo.
Ma so di avere avuto il periodo più brutto di tutti solo in momenti come questi, in cui piccoli flashback mi fanno sussultare dalla paura.
Chiudo gli occhi e vedo il sangue, chiudo gli occhi e mi vedo piangere con le mani sporche.
Non so dire cosa successe. So, ma non so dirlo.
Piccole immagini che mi bloccano il respiro. Ero io? Quando è successo? Ero io?
Il più grande mistero per me e per gli altri, sarà sempre il mio passato.

Tu, con me non ci parli mai

Il malessere è il mio circolo vizioso.
S’infrange sui miei occhi e chiede, solo e saccente
credevi fosse finita tra me e te?
La psichiatria fa tabula rasa
innocente e sveglia, sussurra
credevi di essere un caso clinico, per me?
E la mia voglia di parlare ripiega su se stessa
e raggrinzisce le mie mani, che si nascondono, sfuggono al tocco degli altri
e, facendo un passo indietro, inciampo sul cosa dire e sul come fare.
Resto ferma.
Arrivo, voi andate. E invece m’impianto qui, adesso, con me
a fare finta di non sentirmi sola 
a pensare a cosa dire per sembrare meno sola.


sabato 27 maggio 2017

Lettera ai miei fratelli


Lettera ai miei fratelli

Abbiate sempre il coraggio di essere voi stessi. Non abbiate mai paura di dire, d'imporvi, di difendervi.
Difendetevi sempre, sempre e comunque. Sappiate riconoscere il momento giusto per difendervi e sappiate sempre quali armi usare, nel bene e nel male.
Non abbiate mai timore di voi stessi, conoscetevi, riflettete sul vostro essere e fate vincere le vostre qualità. Non importa cosa dicono gli estranei, i conoscenti, le persone che vanno e vengono nelle vostre vite, siate in grado di essere pienamente voi stessi in tutte le sfaccettature della bellezza che conservate nella vostra anima.
Crescete. Sbagliate. Mentite. Chiedetevi il perché, chiedetevi il perché non. Credete sempre nei vostri valori e non lasciate che qualcosa possa distrarvi dalle cose che vi fanno dormire sicuri la notte.
Crescete e non dimenticatevi della famiglia. Crescete e non abbiate paura di vedervi cresciuti. Non lasciatevi impressionare da niente, piuttosto fate sì che questa impressione vi renda più sicuri, più pronti, più vigili. Sappiate difendervi l'un con l'altro, perché il valore della famiglia è l'unico valore che perdura nel tempo. Magari partiremo, ognuno avrà la sua vita, andremo lontano, non saremo più incastrati nelle stesse pareti della stessa città, litigheremo e la nostra famiglia diventerà la vostra famiglia - vostra moglie, i vostri mariti, i vostri figli -  eppure, un pezzo del nostro cuore avrà sempre i nostri nomi.
Sperimentate, capite voi stessi, maturate, lottate per ciò che volete nella vostra vita e nella vita di chi vi vuole bene.
Vivete la vostra vita pienamente e non rimpiangete mai niente: non lasciatevi niente alle spalle e non ostacolate il vostro stesso cammino. Che i ricordi, le emozioni, le foto nell'album di famiglia, possano passarvi davanti agli occhi ogni volta che vi sentite soli. E se vi sentite soli, lasciate che la solitudine vi abitui alla solitudine della vita.
Non lasciate che gli altri vi trascurino, né lasciate che il vostro magone vi faccia trascurare la vostra intelligenza, il vostro corpo, la vostra anima.
Imparate a guardare il bicchiere mezzo pieno e imparate tutti i mille sotterfugi per essere felici. Il primo di questi, è voler bene a se stessi.
Non abbiate paura di chi vi punta il dito, di chi vi giudica , di chi vi offende o di chi vi umilia.
Sì, non avete torto: questo mondo fa proprio pena. Ma se mai accadesse, crediate ancor di più in voi stessi e siate ancor più determinati nella vostra ragione d'essere. Non avete nulla che non va, non avete nulla di umiliante, nulla che valga la pena non avere. Esistete, avete vita, respirate e ridete.
Non lasciate che vi tolgano il sorriso.
Non correte dietro a nessuno, non siate schiavi di nessuno. Né schiavi di qualcosa. Non abbiate vizi e ossessioni, siate contenti nella vostra quotidianità.
Sappiate sempre accontentarvi di avere voi stessi, fate sì di essere sempre in pace col vostro modo d'essere e coi vostri rancori e coi vostri difetti e con le vostre mancanze.
Rispettatevi, e fatevi rispettare.
Non cadete in basso e fate sempre prevalere i valori che ci sono stati insegnati: la cortesia, la gentilezza, la bontà. Sarete rivendicati, se vi faranno del male.
Non limitatevi mai a niente, non legatevi a quel che non vi rispecchia, non sprecate la vostra intelligenza né il vostro essere perle in mezzo al mare. Non legatevi mai. Nemmeno a me, nemmeno a mamma, nemmeno a papà. Siate liberi, siate liberi nell'immensità di questa terra e fate sempre di testa vostra. Non siate burattini di nessuno, né in bene e né in male. Siate chi volete essere, non accontentate gli altri, accontentate i vostri sogni, i vostri obiettivi, le vostre aspirazioni, ciò che vi chiama a sé.
Vogliate sempre bene a voi stessi, contate sempre sulla vostra famiglia. Perché nonostante i mille problemi, i mille scheletri nell'armadio, le mille strade frastagliate che stiamo tutti riedificando a poco a poco, solo noi, solo noi, la vostra famiglia, vi vogliamo bene anche più di quanto possiate volere bene a voi stessi.
E anche se incattiviti, sapremmo sempre volerci bene.

lunedì 22 maggio 2017

Me per tre

Mi vedi fiorita dall'altro lato della strada
osservi me.
Osservi e pensi, che forse non ero solo erbaccia.

mercoledì 17 maggio 2017

Con la bocca sull'orecchio, non chiamare il mio nome

Ondulano i miei capelli sul tuo viso
e le tue mani lasciano scie di freddo sulla mia schiena
nuda, spoglia, inconsapevole dei tuoi pugnali.
Pensavo mi spingessi contro di te
contro la tua bocca, contro i tuoi baci;
pensavo mi volessi
ed era solo un modo per accoltellare in pieno,
nel punto giusto, qui. A metà schiena
a metà del mio esistere, a metà dell'istinto di difendermi.
E mentre piangevano le mie dita sul tuo viso e la mia bocca sulla tua
intanto scorreva, scorreva giù per il mio corpo, sangue rosso nero
e a me mancava la paura, mancava l'allarme
mancava il dissenso, il mio assenso
la mia coscienza.
Un punto all'amplesso, e mi mordo la guancia.
Se non ti senti amato il sesso non conta niente.

sabato 13 maggio 2017

E' una cascata di parole


E’ una cascata di parole.

Scorrono nella tua mente e sta a te afferrarle e bagnartene le mani.
E’ un flebile suono che ti accarezza delicatamente le orecchie mentre, ad occhi chiusi, lasci le mani in balia dell’acqua che purifica, si trascina via l’asprezza della forma delle tue vene che pulsano ancora sotto i polsi.
Le parole s’infrangono sul tuo corpo e penetrano a poco a poco, centimetro in centimetro, e dentro te? Quiete.

venerdì 12 maggio 2017

Mi scuso con me stesso perché questo rende grandi



Maggio.
L'afa, le improvvise vampate di calore, l'improvviso rabbuiarsi delle nuvole che mai son state così irrequiete il mese di maggio.
La festa della mamma, le rose sbocciate che tempestano i balconi degli stretti quartieri che vedono passare bambini coi supersantos, anziani a braccetto con le loro nipoti, mamme che tengono per mano i bambini con la voglia di correre, urlare, giocare.
E' così diverso dall'inverno. A febbraio c'ero solo io, qui, sulla panchina. E questo affollarsi di rumore, di colore, di vita, mi costringe a risvegliarmi, a destarmi, dal margine di malinconia in cui precipito quando mi sento sola.
A volte mi sembra un pugno nell'occhio, questa mia tristezza patologica. E' quasi come se fosse un livido che si espande ogni giorno di più, in ogni centimetro in più. E quando meno me ne accorgo, spunta fuori, e mi si dice:''Ma cosa c'è? Che hai?'', e mi costringo scoprirmi e non dovrei, perché i lividi destano la curiosità di chi non li conosce, o di chi non li ha avuti scuri come i tuoi.
- Ma ti fa male? Come te lo sei fatta?
E toccano, premono le dita sulla macchiolina viola, sanno qual è il punto debole, lo scoprono, sapranno dove toccare, dove farti male.
E' uno sconforto dalle dimensioni oceaniche, è tutto un concatenarsi di canzoni, parole, poesie, di penna sul foglio e vorticosi graffi inutili su una tabula bianca, rasa, che soffre la franchezza di un vuoto di parole. Come se dicesse:''Fa come vuoi, fa ciò che vuoi, cuoricini, rombi, cubi, linee e disegnini, ma non scriverai. Non ci riuscirai''.
Ma qualcosa è cambiato, perché i miei occhi non mi ripetono:''Sei banale'', ma mi dicono e sussurrano:''C'è qualcosa in te che va scoperto, che va mostrato, anche se non sai di cosa si tratti. E finché non ci riuscirai, sarai banale''.


''Mi scuso con me stesso
perché questo rende grandi.
Non certo la barba, né arrivare a diciott'anni.
Tra drammi e gioie, sulla pelle ho alcuni danni
ma nel cuore porto tagli che non vogliono cicatrizzarsi.''

sabato 29 aprile 2017

Dislocazione

666, il numero di satana
l'ossessione del mese di aprile,
sei, sei, sei, sei sufficiente,
l'assassinio dei miei sensi
la gloria della mia intelligenza,
il simbolismo del mio ingegno
l'esulto del mio impegno, il momento del felice 6.

mercoledì 26 aprile 2017

Veloce, veloce

La fugacità del tempo.
Presto, presto, presto. Devo fare presto.
E’ tardi, è tardi, è tardi. Non posso fare più niente.
La nostra vita è in totale funzione del tempo che passa, della sabbia che scorre nella clessidra e a volte crediamo di poterlo sopraffare. Crediamo di essere più veloci di lui e intanto il tempo passa e il treno parte, il tempo passa e ho perso il treno. Crediamo di poter prendere in giro il tempo e intanto lui gode. Gode!
‘’E’ tardi, è tardi, è tardi’’ e ride beffardo, maligno, perché sa di essere l’unica mano a giostrare la nostra vita. E più ci disperiamo di lui, più si gonfia il suo ego; più tentiamo indifferenza, più s’impunta e ci castiga. Non si può restare invisibili; il tempo passa e spazza via tutto quello che abbiamo: emozioni, possessi, tempo di, tempo per.

venerdì 21 aprile 2017

Brutto sogno

''E daije mille compless
comme sì già nun ne teness
ce stanno minut ca’ nun pens
e parlà sul che tennent’s.''
D'impulso.
Una strofa di getto, vorrei scrivere. Come le canzoni che ascolto, veloci, concise, cantate con la rabbia di chi ha qualcosa da dire e te lo dice senza sosta, con impeto, con trasporto, con l'aria di chi ti dice tutto, subito, senza ''censura'', senza gentilezze, in tre/quattro minuti.
Vorrei scrivere così, vorrei cantare anch'io così, senza fermarmi e chiudermi nel mio silenzio che seppure non sia fastidioso, non mi si addice.
In questo periodo mi manca trasporto. Non scrivo con trasporto, non studio con trasporto, non parlo con trasporto, ho i sensi appiattiti. L'unica cosa che mi trasporta con un minimo di interesse sei tu.
Sto commettendo un errore, ne son consapevole, ed ogni volta che apro gli occhi, chiudo il rubinetto dell'acqua, smetto di fantasticare, mi dico ''fermati, arrestati finché sei in tempo''.
Vorrei davvero che la realtà in cui ritaglio il mio ruolo di figlia, studentessa, amica, ragazza per i corridoi, sconosciuta per il centro commerciale, possa colmare questa necessità che ho di attenzioni.
Io non ho più niente da dire. Si è appiattita la mia vena critica, si è appiattito il mio credere in positivo o in negativo (semplicemente, non credo, vado a tentoni senza pormi problemi), si è appiattito il mio appagare me stessa nella presenza degli altri, si è appiattito il mio contare su chi mi sta attorno. Non patisco assenze.
Non ho più niente da dire. Impossibile? Magari sì. Sicuramente sì. Ma ciò che ho da dire non voglio dirlo, mi è inutile, mi è difficile e non mi gratifica.
A gratificarmi è l'idea di ascoltare, e non di essere ascoltata.
Sei così complicato, un passo avanti e cento indietro, un sotterfugio per colpirmi e due per ritirarti.
So che non succederà niente tra di noi, mi godo il momento, ''usufruisco'' di questo momento per non annegare nella totale noia di questo periodo.
Questo è ciò che mi dico, per difendermi dall'altro lato di me.
Aprile è sempre il mese più brutto dell'anno. E' sempre il mese in cui sono più apatica, arrabbiata, odiosa, silenziosa, avvelenata e sfortunata.
Bello vero? Cento righe di niente.
''Non ho niente da dire'', ma quando? Ma come? Perché mi prendo in giro?
Non so più scrivere.

domenica 16 aprile 2017

Vaffanculo

Sola.
Mi sento sola come se fossi l'unico essere vivente sulla faccia della terra.
Mi sento tradita, mi sento tradita come se fossi stata io a tradirmi. Ma il peggio è che non posso punirmi per una cosa inflittami da altri.
Il peggio del sentirsi traditi è il non poter dare la colpa a se stessi. Perché se la colpe fosse mia, mi taglierei le vene, mi strapperei gli occhi, mi prenderei a morsi la testa. Quando è un'altra mano a farti male devi stare fermo: fermo perché è intrinseco quel minimo di rispetto per se stessi. Trabocchi, piangi, ti viene da urlare e trattieni non il fare male a te stesso ma il fare male a chi ti ha fatto male.
Mi sento tradita. Infamata. Incompresa. Derisa.
Come se fossi io l'unica persona capace di comprendere il mio punto di vista. E mi farei in mille pezzi, perché voglio solo scomparire. Scomparire e non sentire né chi parla, né chi risponde, né chi sussurra.
Abbandono le imprese disperate, abbandono i casi disperati, abbandono chi non sa sacrificarsi una sola volta per me. Chi non c'è mai quando alzo dito, chi mi scarica addosso tutto quello in cui mi tengo fuori a forza.
In ogni caso, tu vai avanti ed io sono fiero di me. E certe cose tu prova solo a ripeterle.
Le tue promesse camuffate da minacce, se sei un amico vero ora vieni a dirmele in faccia.

E' finito il tempo delle belle poesie

In realtà
non ho più parole per dire quanto male mi fate.
Perché mi sembra così piccola la mia calligrafia
così piccole le parole che uso
così piccolo il mio modo di esprimermi
da non essere in grado neppure di dimostrare un quarto del male che sento
quando mi parlate
quando ridete
quando fate cose e fingete cose.
Non c'è parola che riassuma, né due, né tre,
che possano darmi il senso di pienezza nel dire
''sì, l'ho detto''.
A passo a passo tutto cade
sono pronta.
Sono pronta per contare solo su me stessa
sono pronta per contare anche sulle scontate cose che mi ritrovo a scrivere.
Non conterò su di voi, né su chiunque.
E così come nella storia
le rivoluzioni diventano oppressioni
i vinti saranno vincitori
e gli eventi sono ciclici concatenati tra loro
con la facoltà di tornare sempre ad un unico elemento innescante
così io mi sento nel sentirmi sempre allo stesso modo.
Come due mesi fa, come quattro anni fa.
Io non cambio mai.
E neppure voi.

giovedì 6 aprile 2017

Artrite

Dai una caramella a un bambino
o dai dell'acqua a un pesce
o dai dei sogni a un ragazzo
o dai una penna a un poeta
ti sorrideranno come se quell'attimo fosse l'ultimo
come se fosse l'ultimo scalino prima del salto.
Dai una margherita a una mamma
o dai il braccio a una donna anziana
e ti baceranno come se fosse l'unico modo di dire grazie.
Dammi un unico motivo per non perdere il senno
o dammi un'unica ragione per non lasciarmi andare
o dimmi solo il motivo per cui non dovrei lasciare tutto
cadere ai miei piedi.
Presterei ascolto.

mercoledì 5 aprile 2017

Ninna Nanna



Tu, tu, tu
se tu fossi una chitarra ...
Ti porrei adagio sulle mie cosce per accarezzare le corde del tuo cuore
e farne melodia.
Se tu fossi un neonato
ti dondolerei tra le mie braccia, carezzandoti gli occhi tirati dal pianto.
Tu, tu, tu
Se tu non fossi tu, se io non fossi io
saresti col mento sulla mia spalla, le labbra sulla mia anima
circondati nella vastità di noi.

lunedì 3 aprile 2017

Pesce d'aprile (?)

Nella mia mente è tutto idillio.
E questo mio tendere all'idealizzazione di qualunque cosa fa sì che i miei ricordi siano plasmati di fittizia realtà.
E' stato idillio la mia prima volta, è idillio il rapporto tra me e mio padre, è idilliaca anche la mia sessualità, è idilliaca la mia infanzia e le cose che sono successe quando sono stata solo una bambina.
A volte mi sembra di avere un remoto ricordo di qual è stato il mio vero passato. E sulla mia mente a volte soffiano dei flashback che mi fanno sussultare, proprio così, sussulto. Chiudo istintivamente gli occhi e scrollo di dosso il brivido della consapevolezza.
- ''Che c'è?''
- ''Un brivido di freddo''.
Mi passano davanti agli occhi delle immagini, come se fosse un film, ma come se non fosse il mio. E' mera immagine: non sono io, non mi è nulla familiare, non c'è nulla che mi faccia dire ''Io me lo ricordo''. E' quel brivido a farmi pensare che sia successo a me, che l'abbia fatto io.
In questi momenti mi sento come se avessi la mente vuota, come se la mia mente fosse solo un grosso scatolo vuoto che sembra pesante solo perché poggio tante piccole e finte considerazioni sul coperchio.
Tutti i miei ricordi sono stati manomessi, è tutto artificiale, nulla come è realmente. Ma tutto passa alla dogana. Al mio modo di vivere, va bene così.
I miei sogni, i miei sussulti, i miei disturbi, sanno cosa non ho mai rivelato a nessuno; ma io scrivo, cancello, brucio, è artificiale anche questo che sto scrivendo.

venerdì 24 marzo 2017

Tu che ne sai

Che manca?
Manca la prova, la dimostrazione, la sicurezza che faccia dire ''adesso capisco''. Il periodo che completa il senso dell'azione, il verbo della principale introvabile nelle versioni di Cicerone.
Manca l'atto finale, un nome a questa cosa, un nome a come mi sento io.

domenica 19 marzo 2017

Corre, pcché ten che ffà



Ho fatto docce lunghe ore, ho consumato quintali di trucco per rivendere un corpo che non ti piaceva, per coprire i segni del tuo molestare il mio modo d'essere, ho cancellato i tuoi segni dal mio corpo ed ho cancellato la tua voce, la mia voce, dalla mia testa ed ho fatto di testa mia. Ho sempre fatto di testa mia.
Ed ogni volta che tornavo a casa, mi svestivo di ciò che mi svestiva dall'essere viva e mi lavavo il viso, tu mi ripetevi sempre:''te l'avevo detto, io te lo avevo detto''.
Me lo avevi detto. Ma quando? Come? Il tuo modo di parlare è verbale, segnaletico, simbolico, sensitivo o semplicemente finto? Me lo avevi detto? Ed è possibile che io non riesca a sentire te, che sei parte di me, che sei in me, che sei me, in tutto questo diabolico silenzio? E' possibile che io riesca a perdere il mio istinto ogni volta?
Cerco scuse al mio vendermi come carne al macello, a chi mi parla non rispondo, perché non so che dire, perché è patetico parlare, e tu ti fai all'improvviso vivo e sai solo dirmi ''te l'avevo detto''.
Te l'avevo detto. Te l'avevo detto.

martedì 14 marzo 2017

Il filo di Arianna



La luna accarezza la testa mia che sospirando si volta
verso te che mi chiami; è un grido che stringe allo stomaco.
Ci sarai tu al posto mio, con la luna a fissarti il capo
e a girarti quando la voce di altri ti griderà di restare.
E lì capirai, e lì capirai che non ho urlato di rimando alla tua voce
perché quando il pendio è traversato, quando il corpo ha sudato
quando la voce diventa flebile ed è solo sussurrio in cima al cammino
non si ha il coraggio di urlare. Solo di andare.

martedì 7 marzo 2017

ogni viaggio inizia sempre con un passo

E' passato.
E' solo un attimo.
Un attimo in cui divampi.
E dici:''Io vorrei solo non essere mai esistita, tutto qua. Mi metterei sulla sedia elettrica perché non ce la faccio più''.
Un attimo che passa come passano le nuvole a marzo, un attimo che passa come passa la pioggia, un attimo che passa come passano i giorni, le settimane, i mesi in cui fai finta di non essere te e alla fine quel lato di te, scoppia, e ti fa stare male il doppio.
Ecco, a che è servito questo mese? Ad illudermi di poter brillare? Brillare come? Non è servito a niente.
E' servito a distrarre la mia mente ed annerirmi quando ho abbassato le difese, quando ho riposato e mi sono appisolata. Quando meno lo credevo.
Ma è un attimo, giuro, è un attimo. Un attimo che ti sembra di dover cambiare, che ti sembra di star facendo tutto male, un attimo in cui mandi a 'fanculo tutto quello che segni sull'agenda, poi tutto diventa normale. Normale come sempre, normale come al solito.
E che cambia? Che è cambiato? Niente, non cambia mai niente.
E come posso cambiare, io?
E' stato un attimo, l'attimo in cui sbarri gli occhi e stringi i pugni, poi l'attimo passa.
E quando è passato, mi hai scritto:''Ti odio quando dici così''.
Sì, mi odio anche io.
Forse dovreste smettere di leggermi. Forse dovreste scordarvi di me.
Non mi leggere più.

domenica 5 marzo 2017

Sto coi piedi a terra e il cuore sulle nuvole

La superstizione arriva a tal punto da non farmi parlare per paura del malocchio.
Lo dice anche Hemingway, le cose belle a dirle non succedono mai.
E quindi, non mi permetto neppure di scriverle, perché scriverle significherebbe dirle per farsi ascoltare.
Lo dirò quando la cosa bella ce l'ho tra le mani e non è solo frutto della mia speranza.

lunedì 20 febbraio 2017

Patetica confessione di un giorno come tanti


Se adesso tu te ne vai ...
suonano nelle mie orecchie queste parole.
Non ritornare mai, -ai, -ai
mai, -ai, -ai.
Te lo scrivo in corsivo su un foglio bianco latte
come fosse una dedica su un biglietto d'auguri
da mettere nella cassetta della posta di casa tua
nel quartiere in cui più non vivi.
Adesso che tu te ne vai
lasciandomi coi miei guai, non mi cercare mai
mai, mai
metti un punto sul mio cuore e posa l'ago e il filo.
Lasciami qui a cantare
e ad intonare le parole che non vuoi sentire.