giovedì 12 novembre 2015

Maledetta fermata

E’ da un po’ di tempo che mi tengo occupata stalkerando un ragazzo che vedo ogni giorno alla fermata dell'autobus.
Credo che abbia attirato la mia attenzione perché ho la convincente impressione che i suoi comportamenti siano simili ai miei: è gentile, lo sento spesso dare il buongiorno a chiunque proprio come faccio io. Cammina con le mani nelle tasche della felpa e nella tasca del pantalone tiene sempre il cellulare al quale sono sempre collegati gli auricolari. E’ altissimo, troppo magro e porta sempre tute larghe necessariamente grige. Gli ho visto ai piedi le adidas superstar bianche e nere, come le ho io. Cammina con gli occhi fissi a terra e in un primo momento mi ha dato l'impressione di una persona triste. Qualche settimana fa ho visto la somiglianza più sconvolgente di tutte: quando cammina per il vicolo della fermata, abbastanza lontano dagli altri ragazzi che prendono il pullman per andare a scuola, sbuffa. Sbuffa, ha l'aria scocciata e imbronciata e spesso si stropiccia gli occhi e mi sembra tristissimo. Una tristezza che non ho mai visto negli occhi di nessuno. Superiamo il vicolo, si avvicina ai suoi amici e fa semplicemente ciò che faccio io coi miei amici: ostenta disinvoltura. Ecco cosa sottolinea la somiglianza tra di noi: entrambi facciamo finta che non ci sia niente di cui parlare e semplicemente ne parliamo con noi stessi. Credo che non si voglia molto bene e che, quasi sicuramente, cerchi il metodo giusto per non pensare a ciò che lo tormenta continuamente. C'era anche lui al corteo di martedì e l'ho visto rollare un bel razzo che aveva finito di fumare in nemmeno cinque minuti.
Mi ricorda tanto me.
Divoriamo ciò che ci fa male in modo da convincerci di potere tutto. Farmi le canne, così come per me e così come per lui, credo sia l'unica cosa che mi dà il potere di decidere per me: è un quarto d'ora, se ti va bene, di incoscienza e spensieratezza che ti libera da qualsiasi preoccupazione e da qualsiasi malessere psicologico. Rientri in te, diventi padrone dei tuoi cazzo di pensieri e sai giostrarli come cazzo vuoi.
Mi ricorda troppo me.
E’ come se vedessi me stessa in una versione maschile, molto più alta e molto più magra. E’ quasi assurdo.
Oggi però la sorte non si è accontentata di vederci a due metri distanti.
Oggi si può dire che ci siamo tecnicamente presentati, ecco.
Stamattina non ero in ritardo ma lui sì. Ero sul marciapiede destro e d'improvviso me lo trovo davanti. Salto dalla paura esclamando col fiato corto:“Madonna!”.
Mi sono casualmente “difesa” mettendogli una mano all'altezza degli occhi e lui mi ha abbassato la mano non simulando alcuna espressione. Gli ho poi chiesto scusa ma non sono riuscita a sentire nessuna replica, dato che tra l'altro avevo gli auricolari con la musica ad alto volume e non capivo un cazzo.
Quel contatto mi ha quasi imbarazzata, di fatti subito dopo il piccolo incidente ho continuato a camminare dritta e rigida più che mai.
Non mi sono voltata per vedere se magari anche lui si voltasse. Non ho più tolto gli auricolari per tutto il cammino perché non c'era più nulla che meritasse la mia attenzione.
Lui mi ha preso per il polso, ha probabilmente sentito l'odore del mio profumo e sa, adesso, di che colore sono i miei occhi (anche se, riflettendoci, chi mi dice che sia così interessante sapere queste cose così ridicole su una persona di cui non si conosce neppure il nome?).
Io, invece, so meno di niente.
Non so se avesse o meno gli auricolari, non so se magari aveva detto qualcosa, non so che pensa adesso, non so se le pippe mentali se le fa pure lui così come me le faccio io.
So solo che mi incuriosisce fin troppo e che pagherei in contanti per sapere anche solo come si chiama.
Può un incontro del genere condizionarti così tanto?!

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