martedì 10 gennaio 2017

... Then I would ...

Venerdì abbiamo fatto l'amore.
Le tue braccia erano la miglior trapunta su cui abbia mai dormito e mentre fuori fioccava e la gente correva per cercare il caldo nei camini delle loro case, io ero nuda, senza calzini, senza vestiti nel tuo letto. E le tue mani mi riscaldavano la schiena e le spalle, mi accarezzavi come se volessi proteggermi, come se fossi porcellana, come se dovessi tenermi a riparo da qualcosa, a riparo da qualcuno.
Mai mi sono sentita così amata, così fusa nel tuo corpo, nella tua mente, in tutto te stesso. E' uno di quei ricordi che si incorniciano e diventano l'idea di un concetto più grande, l'immagine di un universale: l'amore, il tuo nome, le tue mani, il freddo, le coperte. Diventa l'immagine della nostra complicità e mi torna in mente come le insegne pubblicitarie sulle strade trafficate lunghe dieci, venti, trenta metri.
Ti amo. Ti amo come si ama per la prima volta: innocentemente, senza oscura alchimia. Con gli occhi spalancati dallo stupore, lo spavento, la gioia, il senso di colpa.
Come se tutto pesasse, ogni virgola, ogni parola, ogni dito puntato. La paura della spensieratezza, il tuo appagarti in me ed il mio rassicurarmi in te, la soggezione di dire, di fare, di non perdere l'equilibrio.
Sì, la soggezione di non perdere l'equilibrio: addossati l'uno all'altro, con le mani tremanti e le gambe che prima o poi cederanno, su una corda di speranze, aspettative, imprevisti, dissidi. Come due giocolieri al circo.
Ti amo come si ama a tredici e a sessant'anni. Aspettando una chiamata, una vecchia canzone da dedicarti, un bacio, un sorriso. E' calcolare, ritagliare dalla scena e mettere a fuoco tutto quello che fai. Sei un libro aperto, per me. Recepisco ogni cosa.
La tua barba rasata poco spesso, le tue felpe degli stessi soliti colori, gli occhi in cui sprofondo ogni volta che mi dici: ''Quanto sei una stronza''. Ti conosco, ti ho studiato.
Conosci i miei capelli rosso fuoco, i miei capelli rosso rame, le  mille tinte che ho fatto e tutte le frangette che ho tenuto per pochi giorni. Tutti i paia d'occhiali che ho cambiato dalla prima superiore fino adesso, tutti i tratti di me, di ciò che sono, di ciò che mostro agli altri.
Sopravvivo alle tue tempeste di parole, sopravvivi alle mie bufere di neve. Sopravviviamo e allo strenuo di questo inverno insieme, mi sussurri sicuro e deciso:''L'inverno passerà''.

Sì, passerà.

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