sabato 23 aprile 2016

Si dice addio solo a chi non è mai valso un cazzo nella nostra vita

Questa è una di quelle lettere che non leggerai mai perché non c'è motivo per cui tu debba saperlo.
Non c'è motivo per cui io ti scriva, riflettendoci. Non c'è motivo e non c'era né ieri, né un mese fa, né quando la ferita era troppo fresca e dovevo farla asciugare in qualche modo.
E' inutile fingere di parlarti o di dirti qualcosa quando la consapevolezza c'è e mi ha decapitata fin dal primo istante: è come se parlassi da sola o in questo caso, come se parlassi con un foglio bianco.
La parte ironica di me al momento aggiungerebbe un aneddoto che adesso trovo fuori luogo: potrei comunque fingere che la bambolina voodoo che ho davanti agli occhi sia tu, no?
Beh, la parte ironica di me al momento deve solo stare zitta, perché parlando chiaramente non c'è un cazzo per cui essere ironici. Mi hai lasciato la mano e sì, sto parlando da sola. Parlo da sola e non mi scoccio nemmeno di stare a sentire tutte le stronzate che penso.
Mi hai lasciato la mano o forse non me l'hai mai tenuta e per molti mesi ti ho odiato perché non mi hai dato modo di abituarmi alla mia mano sola, alla mia mano nel freddo dell'inverno che poi è inverno anche quando è estate.
La parte irrazionale di me al momento chiarirebbe che non correggerò niente di questa lettera, né i verbi o i congiuntivi, né le virgole, né un cazzo di niente. Perché si consuma il bianchetto e la penna per scarabocchiare solo per ciò che deve sembrare esteticamente scritto bene, esteticamente regolare. E non c'è niente di regolare in quello che ti sto scrivendo o meglio in quello che vorrei scriverti.
E' assurdo, spregevole e crudele. E' lo sfregio più grosso che l'inconscio possa farmi: ricordare il tuo numero di cellulare e salvarti in rubrica come ''R'' e rivedere la tua foto perché a volte mi chiedo se magari sei cambiato o se sei sempre lo stesso di un anno fa. E' un qualcosa che ho fatto ad occhi chiusi, quasi, ed ho realizzato ciò che avevo fatto solo il giorno dopo quando mi ritrovo il tuo contatto tra la rubrica di whatsapp.
Assurdo, un colpo bassissimo. Avrei preferito qualsiasi cosa piuttosto che cadere nella trappola di quello che penso e che non ho il coraggio di dire neppure ad alta voce a me stessa.
E se c'è una sola cosa che odio di questo periodo è che non riesco a comunicare. Nemmeno con la scrittura, perché non c'è una sola metafora o non c'è una qualsiasi figura retorica che possa descrivere come mi sento in questo periodo. A quelli che mi chiedono come sto dico che sto bene e ai miei amici dico che non lo so. Ma non si tratta di un ''non lo so'' con gli occhi tristi, è un non lo so che è proprio non lo so.
Sono immersa in una marea di cose mie che mi sembra di stare sempre fatta, sempre uscita da un coma.
Oggi camminavo per strada ed ho avuto l'impressione di rifare le stesse cose sia all'andata che al ritorno: al semaforo ho calpestato la stessa merda di stamattina e sono caduta per le stesse scale del negozio di stamattina. E' tutto un ripetersi delle stesse cose, quale panta réi, e io non capisco mai niente.
Ci sto ma non seguo e se seguo non capisco e se non capisco ricomincia lo stesso ciclo di tutti i giorni.
A volte è come se il mio cervello non ricevesse più i segnali: tipo come quando il digitale terrestre va una merda e ci sono solo quei pallini neri sullo schermo. Proprio così. Buio totale, silenzio assoluto e poi mi chiedono a che penso e io ho sempre l'impressione di non pensare niente.
Spesso penso che è per le troppe canne che mi faccio e do la colpa al fumo che squaglio se mi sembra di non capire mai niente, ma poi mi dico che se la colpa fosse delle canne non sfornerei discorsi leggermente filosofici, a un tratto introspettivi o del tutto disagiati (che poi fanno cagare a metà del mio pubblico è un dettaglio, il miglior modo per prendersi in giro non è mica farsi delle offese).
Fuori fa quasi paura, ci sono più nuvole che persone, e per fortuna, e spero che piova così almeno mi sale un po' d'ispirazione. Poi alla fine mi sale solo il nervoso perché le cose non piovono dal cielo e per quanto semplice ancora non lo concepisco, a volte.
Mi sento così ridicola. Così lamentosa, pallosa, come se volessi fare la parte della donna vissuta. Come se la mia vita fosse già finita, come se non ci fosse una seconda opportunità, come se si fosse tutto concluso quando mi hai lasciata. Che ridicola.
Sono quasi penosa in questo momento. E sai cos'è che odio di più? Non sopporto il fatto di essere penosa a causa mia.
Sono io che scelgo di essere così, nessuno mi impone di farlo. Devo continuamente cercare il modo più bello per essere ridicola e per questo scrivo. Che merda, che merda, che merda. Mi sento totalmente stupida e mi prenderei a pugni, cazzotti, calci sulle gengive.
Volevo scrivere un qualcosa di poetico ma dubito delle mie capacità. Quale scrittrice, quale aspirante scrittrice, io sono solo una perdente che si lamenta nelle cose che scrive perché nessuno sopporta i suoi inutili lamenti: eccola la verità. L'aspirina è caduta nell'acqua della mia mente e adesso si mischia con la mia unica certezza, che è lo scrivere.
Forse è meglio continuare a scrivere per me, non condividendo nemmeno una lettera con nessuno, così da potermi criticare da sola. 'Fanculo i concorsi, 'fanculo il blog, 'fanculo ogni cosa. Il mio non è un talento, è un qualcosa di completamente inutile che adesso preferirei non aver mai scoperto, così da non potermi dannare su un foglio a quadretti con me stessa sperando invece di dannare la vita a te.
Non chiedermi perché abbia indirizzato tutta questa roba a te, a te che adesso chissà dove stai, che fai o se sei vivo, non chiedermi perché proprio tu. Forse avevo solo bisogno di parlare, forse avevo solo la necessità di sentirmi meno sola in una giornata che fa schifo e in una marea di compiti da fare ma che non farò perché non ne ho voglia.
Mamma dice sempre che sono una cagasotto: ho paura di espormi, ho paura di essere criticata per un qualcosa che non saprò mai se è un talento o una finzione se non mi butto in qualcosa che mi possa spolverare l'identità. A quanti concorsi ho detto di partecipare? Quanti moduli ho strappato? E quante poesie ho riletto e riletto credendo di poter rendere tutto più perfetto non sapendo che sono le cose spontanee ad essere belle? Ce la farò mai a non buttarmi tendenzialmente nel cesso della mia vita?
Posso farcela da sola, posso farcela con quello in cui credo ... e perché continuo sempre e solo a tirare lo sciacquone e a farmi da parte? Perché metto sempre da parte i miei sogni, le mie aspettative per il futuro?
Ma che cazzo ho fatto di male io per essere così?

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