venerdì 23 marzo 2018

La confessione

Non ricordo quanti anni avessi; ma ricordo quella stanza, quelle tapparelle chiuse e la porta chiusa a chiave.
Non so quanti anni siano passati, ma ricordo chi, quando, dove, come. Il perché l'ho ignorato per tutto questo tempo e solo adesso ho trovato la risposta al mio perché.
Non so dire se quel momento l'ho ricordato per tutta la vita o l'ho dimenticato per tutta la vita.
Comunque sia, quel momento è celato dentro di me e in certi istanti, fa male da morire. Fa un male che mi sale da dentro e mi arriva alla gola, mi appesantisce il petto, mi incatena, mi fa impazzire.
E' un male che non ho mai saputo gestire e non saperlo gestire, adesso, lo rende un male abnorme dentro me. E' come una marea di fumo che quando arriva mi soffoca e mi annebbia la mente di niente se non di furiosa insofferenza, di cospicuo mal di vivere, di malinconia.
Sono lontana dai pensieri cattivi, adesso, ma l'affacciarsi di nuvole grigie mi pone in uno stato di ansia e agitazione, che mi fa temere per me e per quello che sto costruendo passo a passo, con la pazienza che non ho mai avuto e con l'amore che non mi è mai stato dato.
Io ne ho fatte di cazzate nella mia vita. Un po' come tutti, un po' come nessuno.
E sono pentita di tutto e sono contenta di niente. Cancellerei la mia vita dal punto zero alla mia morte e sono sicura che se rinascessi, qualcosa l'avrei capito prima. Avrei evitato di gettarmi in attimi di cui adesso sono pentita a denti stretti. Avrei evitato, avrei evitato, avrei evitato, perché adesso cancellarli dalla mia mente non è come cancellarli dalla mia coscienza.
Io sono i miei pesi e i miei contrappesi. E potrei dire che nella mia vita ho fatto di tutto per funzionare come si deve. Il mio cuore è un marchingegno in sicurezza con password, allarmi, linee di limite, confini da ciò che sono stata e ciò che voglio essere.
Io sto bene. Davvero, sono felice. Ho imparato a ragionare con me stessa. Ma quando ripenso alle cazzate che ho fatto mi viene da nascondermi, difendermi, nascondere ogni prova per dimostrare che passato è passato, quella ero io e questa sono io. Ma quando ripenso alle cazzate che penso mi viene da piangere, basta una goccia a far traboccare il vaso e piango dal nervoso, dalla pressione, dalla paura che tutto mi cada addosso all'improvviso. Ma quando ripenso a me, alla mia coscienza, alla mia intima intimità, mi viene voglia di sputarmi in faccia. Perché io non dovrei essere qui a rimuginare, non dovevo fare le miriadi di cazzate che ho fatto, stupida, stupida, stupida. Stupida, cretina, imbecille, stronza.
Ne avessi fatta una buona.
Perché quando ripenso a quello che succedeva in quella stanza chiusa a chiave, quando nessuno c'era, apriva, bussava, a me viene voglia di correre nel tempo ed arrivare lì, a quel primo momento, e distruggere quella stanza, distruggere quella porta, lasciarmi libera come non l'ho fatto prima: come non l'ho fatto quando la prima volta ho trascorso minuti senza dire una parola, con gli occhi chiusi, la bocca serrata e la mente da un'altra parte.
Perché io voglio essere migliore. Voglio essere migliore come lo sto diventando adesso. Voglio essere di un migliore sentito, di un migliore mio, di un migliore che si genera dal buono che stava spegnendosi prima di arrivare fin qui.
Io sono arrivata fin qui, con tutto quello che potevo fare, con tutto quello che potevo dire, con tutto quello che mi ha fatto stringere i denti ed aprire gli occhi, con tutto quello che ho sopportato ad occhi chiusi e con la mente altrove, pensando solo ad una cosa: a vivere, a vivere con la serenità che sapevo avrei trovato, a vivere per una cosa che stavo cercando e dopo tempo ho trovato. La tranquillità.
Perché sarà migliore - pensavo - ed io sarò migliore, come un bel film che lascia tutti senza parole.


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