domenica 11 giugno 2017

Immergiti

Dare alla luce ciò che vive nella nostra mente.
E' questa la cosa più bella del potere di creare.
Dare la vita ad un modo di essere, ad un modo di vivere, ad un modo di sembrare che cova nella nostra mente e dargli un nome, un'entità, una nazione, un ideale, che non è solo immaginazione.
Non solo irreale, ma surreale.
A volte mi piace pensarli come persone nate da me ma completamente estranee al mio mondo.
Parlo di Yulian e Gioia, a Roma, che odiano se stessi, la loro città, la loro famiglia. O di Jonathan che rivive l'esperienza del carcere giorno per giorno, pur se oramai è passato, pur se oramai è lontano dalle palazzine che lo hanno condannato. O di Angelica e Gianluca, che si sono conosciuti e riconosciuti ma che oramai ''è andata così''. O di Lena che non c'è più, o di Miss Jane, cameriera di colore nel primo dopoguerra. O di Davide Mezzanotte o di Elsa e suo fratello, rintanato in un vizio che lo rosica giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino ad estinguerlo completamente.
Mia madre le chiama storie, ''stai scrivendo una storia?''. No.
Sto scrivendo delle persone. Delle persone che sento vive, attorno a me. Persone che faccio rivivere appena metto dita sulla testiera del pc.
E quante di queste persone ne ho perse, quante ne ho dimenticate e quante mi piace non ricordare affatto. Come, ad esempio, Emily. O Angelique, o Lavinia, o il signor Antonio e Lady Nikky.
Nella mia mente ci sono posti, persone, vite vissute, vite mancate, vite distrutte, vite morte. Ed è come se le avessi vissute tutte allo stesso modo, con la stessa intensità con la quale vivo la mia realtà.
E' questa la cosa più bella dell'essere in grado di scrivere e dare sfogo ad una fantasia che impregna la nostra percezione di vero.

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